ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Euphoria.
Partiamo da un’importante premessa: con i suoi ultimi due episodi, la seconda stagione di Euphoria ha dato prova di cosa sia veramente capace. Dopo essersi persa in una narrazione caotica e spesso inorganica, la serie di Sam Levinson è tornata alla formula che ne aveva sancito il successo: non un susseguirsi di eventi disconnessi fra loro (e cliché narrativi fin troppo scontati), ma un’immersione nella psiche dei protagonisti, in lotta fra il desiderio di rivalsa e le loro abitudini, fra ciò che è giusto e ciò che desiderano veramente. Uno storytelling crudo e senza filtri, che si distacca dall’onere di interpretare lo spirito dei nostri tempi per concentrarsi invece sul percorso personale e collettivo dei personaggi. Così come sulle conseguenze emotive e fisiche delle scelte intraprese.
Il quarto e il quinto episodio riescono perfettamente in questo intento: con “You Who Cannot See, Think of Those Who Can” molte verità nascoste vengono finalmente a galla, dando una degna chiusura alla storyline di Cal Jacobs e spianando la strada per i drammatici eventi di “Stand Still Like the Hummingbird” (qui la nostra recensione). Un episodio angosciante che, focalizzandosi sulla spirale di rabbia, dolore e distruzione di Rue, ha saputo mettere il luce l’incredibile potenziale dello show. La 2×05 non ha infatti avuto bisogno di sfumature teen o camp per catture l’attenzione del pubblico, ma solo di emozioni e drammi umani. Grezzi e incredibilmente reali.
Ma nonostante questa notevole ripresa, la seconda stagione di Euphoria non ha sempre centrato il segno.
Nei primi tre episodi ci sono state diverse cose che non hanno funzionato, soprattutto dopo un brillante capitolo d’esordio che ci aveva esposto il disagio della Generazione Z con originalità e realismo. Con un’autenticità spesso disturbante che ci ha travolto fino a portarci all’avvincente, rapsodico e purtroppo prevedibile finale di Rue.
Pur non risolvendo i drammi della stagione precedente, i due speciali rilasciati a cavallo fra il 2020 e 2021 hanno analizzato le conseguenze psicologiche di questo evento. Ed è così che, attraverso una messa in scena semplice e un approccio puramente introspettivo, Rue e Jules hanno aperto mente e cuore agli spettatori, mostrandoci il caotico turbinio delle loro emozioni. Essenziali ma efficaci, i due speciali non solo hanno riconfermato il talento di Zendaya e Hunter Schafer (qui 7 curiosità sull’attrice), ma ci hanno anche fatto sperare in uno storytelling solido e convincente per i nuovi episodi.
Purtroppo, le aspettative del pubblico non sono state pienamente soddisfatte, o perlomeno non sin da subito.
La seconda stagione ha voluto ricorrere a espedienti narrativi piuttosto prevedibili, soprattutto per uno show che aveva dichiarato più volte di non voler essere solo un prodotto d’intrattenimento, ma uno specchio stilizzato – ma comunque realistico – della Generazione Z. Fortunatamente, mentre la direzione data ad alcuni personaggi si è rivelata banale, non si può dire lo stesso delle motivazioni dietro le loro azioni: amore, approvazione, ricerca della propria identità. Traguardi che i personaggi cercheranno di raggiungere attraverso scelte che, nonostante le loro convinzioni, non porteranno mai al tanto agognato sollievo. Basti pensare a Cassie che, pur di sentirsi amata, tradisce la fiducia di Maddy cedendo alla passione con Nate. Oppure a Rue che, pur dichiarando i suoi sentimenti a Jules, le nasconderà la ricaduta nelle droghe.
Dunque, i primi episodi sono stati cruciali per introdurci al nuovo capitolo della vita dei protagonisti, che vediamo oscillare fra desiderio e sensi di colpa, fra amore incondizionato e profonda solitudine. Una realtà che lo show ha portato sullo schermo attraverso una formula corale che non si è sempre rivelata efficace. Difatti, mentre “Trying to Get to Heaven Before They Close the Door” ha saputo mostrarci le nuove dinamiche in gioco, “Out of Touch” ha messo molta carne al fuoco, il che di per sé non sarebbe un male, se non fosse che non c’è stato un approfondimento equo di tutto ciò che abbiamo visto.
Nonostante l’estetica accattivante, il secondo episodio propone fin troppe sotto-trame disconnesse fra loro.
Il sogno delirante di Nate, che si scopre improvvisamente innamorato di Cassie. I sensi di colpa di quest’ultima, che però non può fare a meno di quell’amore tossico. La presa di coscienza di Lexi, che finalmente decide di agire e diventare la protagonista della sua storia. I problemi di autostima di Kat, alla ricerca di un’identità che sembra non trovare nella “perfetta” relazione con Ethan. La discesa nelle tenebre di Rue, convinta di poter essere se stessa solo con l’ausilio delle droghe. E le indagini di Cal sull’aggressione di Nate, pestato a sangue da Fez durante la festa di Capodanno.
Il secondo episodio è decisamente caotico. Un susseguirsi di drammi che, nonostante il potenziale, non rimangono mai abbastanza a lungo sullo schermo per poter essere apprezzati. Non c’è dunque da stupirsi se l’impressione iniziale sia stata quella di una stagione ancora incerta su quale storia raccontare. Difatti, mentre nella prima ogni episodio era ancorato a uno dei protagonisti, nella seconda Levinson sembra non voler mai lasciarci completamente da soli con loro. Dopo il meraviglioso focus dedicato al passato di Fez, la storia ha finito per arrotolarsi su se stessa, e nel tentativo di districarsi non è riuscita a focalizzarsi sul percorso e le emozioni dei singoli personaggi. Fortunatamente, con la terza puntata la narrazione è tornata a essere più lineare e omogenea (oltre che più camp), preparando così il terreno fertile su cui sono sbocciati il quarto e quinto episodio.
Ma per quanto nelle ultime settimane ci abbia stupito, Euphoria ha comunque intrapreso una strada che non è stata apprezzata da molti.
Nonostante l’abbondanza di sotto-trame, molti personaggi sono stati rilegati ai margini della storia. Basti pensare a Kat, un personaggio che in passato aveva avuto uno dei percorsi più interessanti, e che ora invece sembra essere stato ridotto a semplice figura di contorno (e qui vi abbiamo parlato del possibile motivo). Anche Maddy non ha ancora avuto la possibilità di brillare completamente, tant’è che al momento l’unica storyline che la vede coinvolta è il triangolo amoroso con Nate e Cassie. E che dire di Lexi e Fezco? Dopo la 2×01, molti si aspettavano di vedere come si sarebbe sviluppata la loro relazione, una speranza che purtroppo deve essere ancora soddisfatta.
Per dare maggior spazio ai protagonisti delle due storyline principali, molte delle personalità di Euphoria sono state penalizzate, con l’eccezione di Cal Jacobs: personaggio secondario nella prima stagione, nella seconda ci viene mostrato sotto una nuova luce che, pur non redimendo le sue azioni, ci ha fatto comprendere meglio le sue motivazioni. Ma per quanto il suo passato e il percorso verso la libertà nel presente siano stati avvincenti, è altrettanto vero che lo screen-time che gli è stato riservato poteva essere sfruttato per osservare l’evoluzione (o involuzione) di altri personaggi, molto più amati e con un potenziale ancora a oggi sprecato.
Mentre da una parte Euphoria ha mancato un’ottima occasione, dall’altra è cascata in uno dei trope narrativi più comuni nelle serie tv.
Come vi abbiamo già accennato, lo show ha infatti deciso di ricorrere al triangolo amoroso, non per una ma ben due volte. Una soluzione narrativa che, per quanto possa funzionare, si è vista fin troppo in televisione per poter essere apprezzata a pieno. Inoltre, mentre la dinamica fra Rue, Jules ed Elliot è stata cruciale per portarci agli eventi della quinta puntata (così come una temporanea boccata d’aria fresca nello show), quella fra Cassie, Nate e Maddy è fondamentalmente fine a se stessa. Non possiamo di certo negare il talento di Sydney Sweeney, che è eccezionale nel mostrarci il profondo disagio del personaggio. Però è anche vero che il percorso intrapreso in questa stagione ha fatto fare un passo indietro alla ragazza, gettando ombra su quella che era stata la sua evoluzione nella stagione precedente. E scartando possibile narrative che avrebbero potuto sfruttare meglio il suo potenziale, così come quello di Nate e Maddy.
L’abbondanza di stile dei primi episodi sembra dunque coprire una mancanza di sostanza, che fortunatamente è arrivata a metà stagione. Ma prima di allora, la reunion fra Jules e Rue è risultata un po’ affrettata, quasi come se Levinson si fosse dimenticato della complessità e complicazioni del loro rapporto. La relazione fra Nate e Cassie si è dimostrata una soluzione forzata, nata forse dall’inabilità di portare avanti la storia di Nate, nonostante la ricchezza psicologica del personaggio. E anche i problemi fra Kat ed Ethan sembrano essere stati inseriti nella narrazione senza sapere veramente dove andare a parare. Dunque, è come se Levinson avesse invitato il conflitto nella storia per il semplice amore del conflitto, e non per portare avanti una narrativa solida, autentica e lineare.
I momenti scioccanti che abbiamo visto nella prima parte della stagione ne sono un perfetto esempio.
Dobbiamo ammetterlo, il creatore di Euphoria sa come sconvolgere il suo pubblico, che sia con eventi inaspettati o una lenta danza nell’oscurità. Nella prima stagione, il fattore shock era stato essenziale per la narrazione e la comprensione dei personaggi: il montaggio dei rapporti sessuali di Cal ci aveva fatto comprendere meglio il complicato rapporto fra Nate e suo padre, ponendo inoltre le basi per la successiva relazione con Jules. Allo stesso modo, la fan-fiction animata sui One Direction immaginata da Kat ci aveva esposto le fantasie della ragazza, mostrandoci così la sua essenza.
Anche la seconda stagione continua a proporre eventi sconcertanti: l’aggressione ai danni di Nate, la fantasia di Kat in cui Ethan viene ucciso da un guerriero Dothraki, il sogno delirante di Nate. Ma pur prendendo alla sprovvista gli spettatori, questi momenti non hanno avuto un vero impatto sulla storia. Il pestaggio di Jacobs si risolve infatti nel giro di un paio di episodi, senza avere reali conseguenze. E pur riuscendo a enfatizzare i problemi di coppia di una e la mente buia e malata dell’altro, i sogni di Kat e Nate sono, a oggi, ancora fini a se stessi.
Ma nonostante questi errori e sviste, Euphoria è riuscita comunque a riscattarsi.
Con gli ultimi episodi lo show è infatti tornato alla gloria del passato, facendoci vivere un’esperienza sì iper-stilizzata e scioccante, ma anche ben più focalizzata sull’interiorità dei personaggi, descritti e mostrati con onestà e vulnerabilità. Dopo aver aver dato prova di poter essere corale mantenendo comunque una certa linearità, con “Stand Still Like the Hummingbird” la serie ha raggiunto quello che per ora si può considerare il suo apice. Opprimente e dolorosa, la fuga di Rue ci ha permesso di trascorrere finalmente un’intera ora con il personaggio, scoprendone il dolore, le debolezze, la rabbia e lo sconforto.
Zendaya si dimostra ancora una volta un’attrice fenomenale, tanto che non ci stupiremmo se venisse premiata con un secondo Emmy. Ma dovremo aspettare ancora un po’ per il momento dei riconoscimenti. Nel frattempo, ci aspettiamo che Euphoria continui su questa strada, mettendo da parte i cliché narrativi e dando maggiore linearità a una storia che si è rivelata spesso inorganica. Ci auguriamo inoltre che, dopo questo meraviglioso focus su Rue, lo show dia finalmente spazio ai personaggi secondari che non hanno ancora potuto farsi notare, diventando i protagonisti di uno spettacolo che può ancora darci tanto.