Quello dei teen drama è un genere tanto apprezzato quanto colmo di pregiudizi tra i più disparati. Spesso additato come un contesto produttivo esagerato, poco rappresentativo, semplicistico e/o eccessivamente idealizzato, quello dei racconti adolescenziali si compone, in realtà, di alcune gloriose eccezioni capaci di elevare il modello stesso. Nonostante in passato il mondo delle narrazioni teen si sia effettivamente caratterizzato per storie di adolescenti poco realistici e irraggiungibili, con vite perfette e drammi da veri adulti, a partire dagli anni Duemila lo scenario si è distinto per l’ingresso nel gioco di prodotti nuovi che ne hanno ridefinito la struttura. Sulla scia della strada avviata da oscuri e più controversi teen show come Skins e 13 Reasons Why, si colloca il più recentemente avviato Euphoria. Caratterizzato da un’atmosfera più prettamente drammatica e da un racconto inclusivo e dalle tematiche più cupe sia per essenza che per cifra stilistica con cui vengono rappresentate, lo show statunitense di HBO è decisamente uno dei prodotti più trasversali degli ultimi anni.
Liberamente basato sull’omonima miniserie israeliana, il prodotto creato da Sam Levinson si compone di una cricca di personaggi amaramente distanti e vicini guidati dall’ormai iconico volto di Zendaya nei panni della tormentata Rue Bennett. La diciassettenne ha una vita poco semplice sin dalla nascita: diagnosticata con OCD (Obsessive-Compulsive Disorder), ADD (Atention Deficit Disorder), disturbo d’ansia e un possibile disturbo bipolare, la protagonista perde il padre all’età di tredici anni e già da molto giovane sviluppa una forte tossicodipendenza. Venuta al mondo tre giorni dopo la caduta delle Torri Gemelle, la storia televisiva di Rue parte dalla sua dimissione dalla riabilitazione. Ciò nonostante, l’adolescente ribelle e apparentemente apatica non ha alcuna intenzione di restare sobria: in un vortice di confusione e autocommiserazione, il suo tentativo di trovare una collocazione in un mondo dai toni grigi viene sconvolto dall’arrivo nel liceo dell’elettrica Jules Vaughn (Hunter Schafer). La travagliata storia della giovane lead character è fatta di lancinanti attacchi d’ansia, episodi di depressione e maniacali. In un turbinio di emozioni e sofferenza che ne soffoca i flussi di coscienza, Rue trova un’unica via di fuga e consolazione da ogni dolore nelle sostanze procurate dall’amico Fezco.
Quella di Euphoria è una storia oscura, tra i più amari e controversi ritratti del mondo degli adolescenti. Spregiudicato ed esplicito nel modo eccentrico e crudo di raccontare le sue vicende, lo show offre una narrazione non rivolta esclusivamente a un pubblico di giovani e/o di appassionati al genere dei teen drama. E’ una serie tv corale che individua in Zendaya la sua figura collante che funge da punto di incontro e snodo per tutte le vicende dei personaggi disorientati e sopraffatti che in essa si muovono. Infatti, sarebbe addirittura da chiedersi se l’Emmy Award per la miglior attrice in una serie drammatica a essa andato lo scorso anno sia il riconoscimento più indicato per una tale cattedrale narrativa. In balia di una realtà effettivamente differente, lo show è il primo vero e ruvido ritratto di una nuova generazione. Una generazione diversa da quella catturata dall’altrettanto crudo Skins. Le società mutano velocemente, ed ecco che emerge la necessità di raccontare una generazione inedita per il panorama narrativo, caratterizzata per nuovi tipi di eccessi, di vulnerabilità e consapevolezze, grazie a un rinnovato accesso ai vari media e a un consumo in generale sempre più abbondante. Così come Skins è stato un porta bandiera generazionale fruibile da chiunque grazie all’universalità del suo linguaggio, anche Euphoria pur collocandosi nella categoria teen si eleva a storia viscerale, diretta, che colpisce duro con giovani personaggi che riflettono situazione e problematiche non soltanto tipicamente adolescenziali. E, per questo, trasversale per pubblico di riferimento, nonostante sia una serie che si rivolge soprattutto a un target di adulti tramite uno stile narrativo nettamente delineato e esplicitamente comunicativo.
Euphoria è uno show che propone una realtà ruvida, abbandonando totalmente l’idealizzazione di qualsivoglia tipo di dinamica normalmente parte dello stile dei teen drama. Con un tono spesso anche al limite, la drammaticità della serie passa in primo piano e i protagonisti sono talmente tormentati da sembrare adulti, o da poter avere comunque qualsiasi età. Le vicende che Rue, Jules e i loro compagni affrontano sono scomode ed esagerate, rese magneticamente affascinanti nella propria tossicità da una eleganza tecnica vicina a quella cinematografica. Pur ritraendo lo stato d’animo generale di un’intera fascia di spettatori e utenti, infatti, Euphoria si caratterizza anche e soprattutto per circostanze talmente eccentriche e borderline da non esser necessariamente rappresentativa. Proprio in quanto show corale, le travagliate figure che si in esso muovono sono molte e diverse tra loro, figure alle prese con una realtà contemporanea complessa e pericolosa, spesso al limite del surreale proprio a fronte della cruda messa in scena avanzata. La serie HBO impiega un linguaggio universale, scomodo e complicato da assimilare che ne rende per questo la storia intrigante seppur meno accessibile. Giocando da essere serio e paradossalmente esagerato, Euphoria è un teen drama che si colloca controcorrente nel flusso di prodotti confortanti e volutamente disimpegnati che ne costellano il genere.
Euphoria è intenzionalmente disturbante e scandaloso, per questo ricorre a scene schiettamente brutali di violenza, fragilità e sofferenza.
Attraverso l’uso frequente di nudo e contenuti sessuali espliciti, persegue il proprio scopo di proporre un racconto multistrato su dipendenza, sesso, traumi, amore e identità, spesso celati da insicurezze e dolore, spesso più francamente dichiarati. La storia è quella di un gruppo di liceali, ma gli intrecci narrativi danno origine a un arco rigoglioso e singolare che si colloca nel novero dei teen drama pur allontanandosi dagli elementi che più comunemente ne alimentano la stucchevolezza. Pur proponendo elementi tipici dei prodotti per adolescenti (relazioni tossiche, rapporti familiari travagliati, tradimenti e segreti) il modo che Euphoria ha di raccontare il contesto di riferimento lo rendono un titolo fruibile anche da chi del genere non ne è un estimatore. Si pone infatti a metà strada tra show qualitativamente eccelsi e impegnati e trame più ironicamente provocatore. In un ventunesimo secolo strabordante di contenuti audiovisivi, per fortuna, la scelta è ampia ed eterogenea. Ciò posto, persino a chi i teen drama stanno indigesti o per chi ormai ne è nauseato è capace di trovare il racconto giovanile giusto ed Euphoria ne è uno dei più lampanti esempi, grazie a una storia spregiudicata e al passo con una società che cambia in continuazione. Nonostante il rapido e costante mutamento, la prima stagione è stata rilasciata nell’estate del 2019, di cose ne sono successe parecchie, eppure questa rimane comunque attualissima e un ritratto spietatamente sincero di una generazione. Titoli quali Skins ed Euphoria sono stati dei veri punti di riferimento nelle decadi in cui si sono inseriti, parlando di due generazioni differenti ma accomunate da una rappresentazione rivoluzionaria che ha cambiato inesorabilmente le regole del gioco, dando nuova vita a personaggi e contesti stereotipati e già visti. In questo caso, Euphoria va oltre quello che già conoscevamo rivolgendosi a un pubblico non necessariamente ancora al liceo.
Sarebbe quasi riduttivo etichettarlo a teen drama, con tutto il rispetto per il genere, Euphoria è una serie tv drammatica e provocatoria con protagonisti giovani, anzi, probabilmente nemmeno rivolta necessariamente soltanto a un target di adolescenti.
Lo show ha avuto il coraggio di andare oltre il semplice dramma adolescenziale. Dopo un’epoca fatta di prodotti stereotipati con ritratti tradizionali, semplicistici e idealizzati del periodo adolescenziale, Euphoria propone un racconto d’impatto visivo ed emotivo in cui immergersi a pieno nel dolore fisico e psicologico dei personaggi grazie a una costruzione discordante e non convenzionale. Proprio a fronte della sua grande realizzazione tecnica, lo show colpisce dritto e affondo. Soprattutto attraverso la spiazzante rappresentazione del rapporto con la violenza e le droghe, Euphoria non fa la predica e non si piange addosso, ma propone una storia sopra le righe, violenta e eccentricamente ironica che trasmette vividamente malinconia e mancanza tramite la relazione magnetica e terribile che Rue ha coi stupefacenti. Proprio perché diverso dai convenzionali teen drama, questo non offre l’ennesima storia romanticizzata di una ragazza perduta e alla ricerca di un proprio posto nel mondo. Piuttosto, per molti dei suoi personaggi non sembra esserci affatto una via di fuga o di redenzione. Euphoria è crudele con i suoi protagonisti, proponendo una realtà fatta di luci e ombre in cui non sembra spesso esserci una lucida speranza, e nemmeno una netta distinzione tra buoni e cattivi. Rue cede per l’ennesima volta alla tentazione e a quella sensazione che tanto la fa sentire completa, al sicuro e anestetizzata dal dolore che perisce quotidianamente. Così come il resto dei suoi coetanei, infelici al punto da immergersi in drammi mortali e pericolosi per scuotere una quotidianità avvilente e animare un’esistenza narcotizzata da una vita in cui si è già visto e fatto giù di tutto. Oppure, di contro costretti a un’esistenza che non hanno scelto ma che hanno ereditato a fronte di scelte che altri hanno compiuto per loro.
La riabilitazione fatta in estate non sembra aver prodotto i suoi giusti frutti, catapultando la protagonista all’interno dell’ennesimo vortice di cui è in balia. Un vortice in cui regna il conforto effimero delle sostanze da cui non riesce a liberarsi e in cui si rifugia per allontanare i traumi da cui altrettanto non riesce ad allontanarsi.
Euphoria è quindi lontana da molti dei tradizionali teen drama: ne abbraccia le convenzionali dinamiche per riproporne una rielaborazione sconvolgente e cruda. Scordatevi gli happy ending e i racconti confortanti, la serie HBO ha intenzione di impegnare in una visione riflessiva e visivamente spregiudicata. Proprio per questo, è trasgressiva, ma volutamente provocatoria nel raccontarci cosa possa voler dire essere un adolescente al giorno d’oggi con tutte le possibili pieghe che tale condizione possa assumere. In una realtà svilente ed esasperante i protagonisti cercano di scoprirsi e ritrovarsi in un mondo spietato e in continuo cambiamento, scandito da una colonna sonora incredibilmente studiata e calibrata per rendere il racconto ancora più scioccante, identificabile e riconoscibile. Euphoria è in primis e soprattutto un lavoro virtuoso che alle volte prende il sopravvento a discapito di una trama fitta di intrecci e drammi adolescenziali resi ancora più amplificati da una esagerazione più tipicamente britannica. Euphoria è contraddizione e raffinatezza tecnica: seppur imperfetto è uno show che guarda ai teen drama per proporre una propria interpretazione della realtà attuale, che si sia adolescenti o meno. Lo show cattura uno stato d’animo e un malessere generali che permeano una realtà non soltanto fatta di glitter e luci al neon. La sua storia densa e trasgressiva puntano verso una direzione specifica: quella che mira a provocare una qualsiasi reazione nello spettatore. Meglio smuovere con un racconto scioccante che continuare a proporre gli anestetizzanti titoli teen che l’hanno preceduta.