“Questa è una storia vera” ci ha sempre avvertiti Fargo in apertura di ogni singolo episodio di ognuna delle sue cinque stagioni. Quelle di Fargo, infatti, sono sempre state storie vere in un microcosmo finto, riflesso distorto della realtà in cui l’inettitudine umana trova la sua massima espressione e in cui il reale cede il posto al surreale. La realtà di Fargo è sempre stata dunque delimitata entro i limiti di quel folle, fittizio universo narrativo, così vicino al nostro mondo eppure allo stesso tempo così distante da apparire ai nostri occhi assurdo; la realtà di Fargo è sempre stata finzione, finché non ha smesso di esserlo. Gli eventi mostrati nel corso degli ultimi due episodi di Fargo 5 hanno infatti avuto vita su un piano distante persino dalla realtà di Fargo stessa, raggiungendo la dimensione onirica nel settimo episodio e quella allusiva nell’ottavo. La brutale violenza subita dalla protagonista Dorothy (Juno Temple) non è mai stata esplicita né visibile direttamente agli occhi del telespettatore: la violenza subita da Dot e da qualsiasi altra donna della vicenda non appartiene più al surreale mondo di Fargo, ma sconfina per la prima volta nella nostra realtà.
Il settimo episodio ci mostra il viaggio di Dot partita alla fine della puntata precedente alla ricerca di Linda, la prima moglie di Tillman. “Vai verso casa o scappi da casa?” le chiede la cameriera di una tavola calda in cui la protagonista sosta lungo la strada; per una donna, infatti, le vie percorribili da sola non possono che essere verso la famiglia o in fuga da essa. Nonostante il lungo viaggio e la visibile stanchezza, Dot non ha intenzione di fermarsi, finché non si imbatte nel Camp Utopia, un rifugio per donne sopravvissute agli abusi. A ogni ospite del rifugio viene assegnato il nome “Linda”, e ciascuna di esse è chiamata a raccontare la propria storia mediante l’uso di un burattino. Qui Dorothy incontra (la vera) Linda e le chiede di andare via con lei per fermare Tillman; Linda però non è intenzionata a lasciare quel posto neppure per suo figlio Gator, fornendoci quindi la prima importante rivelazione sul suo grado di parentela con il giovane protagonista della vicenda. Dorothy a quel punto si arrende alle regole del rifugio e comincia a raccontare la sua storia utilizzando un burattino costruito a sua immagine e somiglianza; il racconto dell’esperienza traumatica mediante una bambola o un disegno è infatti una nota strategia di esposizione che gli psicologi utilizzano spesso con i bambini vittime di abusi.
Da questo momento assistiamo all’agghiacciante sequenza di abusi e violenze perpetrati da Roy Tillman sull’allora quindicenne Nadine/Dorothy, mostrati da Fargo 5 attraverso l’animazione in stop-motion dei burattini. Questa particolare scelta stilistica rende ancora più evidente ciò di cui verremo a conoscenza dopo pochi minuti: tutto ciò a cui abbiamo assistito fino a quel momento è stato solo un sogno di Dorothy addormentatasi al volante.
In quel sogno, proiezione del subconscio della protagonista, si cela tutta la realtà che Fargo 5 non ha mai avuto il coraggio di mostrare. Quel sogno è solo la rappresentazione falsa di una storia vera.
Sebbene siano stati molti gli indizi disseminati nel corso dell’episodio a indicarci che quello a cui stavamo assistendo fosse un sogno, a partire dalla canzone che Dot ascolta alla radio “I’m your puppet” (“sono il tuo burattino”) di James e Bobby Purify, alla cartolina firmata Camp Utopia affissa alla parete della tavola calda, è nella natura simbolica di questi dettagli che si cela il messaggio centrale veicolato da Fargo 5. Il nome del rifugio, ad esempio, sembra voler indicare la natura utopistica di quel non-luogo in cui ogni donna è al sicuro. Le marionette rappresentano invece la manipolazione attuata dagli uomini nei confronti delle donne-oggetto e, ancor di più, il controllo esercitato dallo sceriffo Roy Tillman su Dorothy anche a distanza di anni dalla sua fuga.
In seguito all’incidente d’auto causato da quell’improvviso colpo di sonno, Dot si risveglia direttamente in ospedale con Tillman pronto a rapirla di nuovo. Questo spaventoso cliffhanger mette fine al settimo episodio e alla speranza di Dot di sopravvivere a quell’incontro. Nel corso dello stesso episodio, inoltre, Gator fallisce il suo tentativo di porre definitivamente fine al problema rappresentato da Ole Munch, aprendo la strada a quello che sarà lo scontro finale tra i due.
L’ottavo, straordinario episodio di Fargo 5 è quindi totalmente incentrato sulla cattura di Dot e sullo scontro della protagonista con Roy Tillman. Nonostante un primo disperato tentativo della donna di chiedere aiuto al receptionist dell’ospedale, lo sceriffo continua ad avere la meglio su di lei grazie alla sua influenza politica. L’unica speranza per Dot rimane l’agente di polizia Witt Farr, anch’egli presente in ospedale in quello stesso momento. La campagna elettorale di Tillman subisce intanto una grave battuta d’arresto a causa delle azioni vendicative di Lorraine; a pagarne il prezzo più alto è però l’avvocato Graves, vittima della rabbia cieca dello spietato sceriffo. La scena esplicita dell’uomo disteso in una pozza di sangue non colpisce però il telespettatore quanto la brutalità dell’invisibile ferocia che Tillman riserva a Dorothy.
La violenza che ha da sempre caratterizzato la crudezza dell’universo di Fargo, avviene per la prima volta off camera quando raggiunge Dorothy; è questa omissione ad accrescere il peso drammatico della vicenda.
Ancor più della violenza fisica e verbale, il dolore visibile negli occhi della protagonista è scaturito dalla perdita della speranza di sopravvivere. Dopo essere riuscita a sfuggire a qualsiasi tentativo di attacco per otto episodi, a un destino che sembrava segnato già dalla sua adolescenza e a innumerevoli abusi fisici e psicologici, la tigre Dorothy è stata messa in gabbia metaforicamente e letteralmente. Venuta inoltre a conoscenza della morte di Linda e costretta ad assistere inerme all’occultamento del cadavere di Graves, Dorothy appare per la prima volta totalmente disarmata. Questo sentimento affligge tanto la straordinaria protagonista quanto il telespettatore: per la prima volta si insinua in quest’ultimo il dubbio che, persino quella storia falsa, potrebbe avere l’epilogo di una storia vera.
Nella drammatica sequenza finale, la protagonista sembra non avere più vie di fuga; il suo destino è totalmente legato a un filo mosso dall’alto da Tillman, in modo non dissimile dalla marionetta della sua visione onirica. Fargo 5 supera i limiti del suo mondo surreale attraverso i suoi due migliori episodi, arrivando come un pugno allo stomaco dritta alla nostra realtà. La speranza, però, è sempre e nonostante tutto l’ultima a morire, e Dorothy ha ancora Lorraine, Indira e Witt dalla sua parte. A soli due episodi dall’epilogo della vicenda, la storia è quindi ancora totalmente aperta. Qualunque si rivelerà essere il destino dei suoi protagonisti, l’unica assoluta certezza è che, tra il fittizio universo narrativo di Fargo e la nostra realtà, non esiste più alcun confine.