La quinta stagione di Fargo è stata tante cose. È stata una storia tristemente vera nel suo focus sulla violenza di genere e, allo stesso tempo, una narrazione fittizia e carica di simbolismo religioso. Soprattutto attraverso la rappresentazione dell’antico rituale dei Mangia Peccati. Fargo 5 ha camminato lungo i confini dell’astratto e del concreto, del comico e del drammatico, del grottesco e del surreale. Non ha mai riguardato noi, almeno non del tutto, oppure lo ha fatto, ma non sempre.
La differenza tra Fargo e qualsiasi altra serie noir/poliziesca è tutta qui. Nell’aver reso i suoi personaggi così terrificanti da apparire divertenti, così assurdi da farci sentire estranei e persino distanti da quel male. Salvo poi condurci alla consapevolezza di non essere realmente al sicuro. Poiché, quel mondo sapientemente distorto della vicenda, è a tutti gli effetti (anche) il nostro. Fargo 5 è stata soprattutto una stagione incentrata sui debiti e, attraverso il suo straordinario epilogo, è riuscita a estinguerli tutti. Anche quelli verso se stessa.
Fargo 5 è l’assoluzione dai peccati, è la sconfitta del male, è il trionfo di una delle migliori serie televisive dell’ultimo decennio.
Il nono episodio si apre con Ole Munch intento a punire Gator, il figlio di Tillman che negli episodi precedenti aveva rubato i suoi soldi. “Occhio per occhio” è il principio a cui il sicario ha sempre fatto riferimento nel corso della stagione. Ecco perché decide di vendicare la morte dell’anziana donna che l’ha ospitato durante la sua fuga cavando gli occhi al ragazzo. La perdita della vista rafforza il concetto di incertezza e disorientamento che da questo momento dominerà la narrazione: l’ambientazione stessa diventa grigia e sul Ranch Tillman cala una fitta coltre di nebbia.
Anche Roy Tillman non appare lucido come al solito, preoccupato per l’imminente arrivo della polizia e dei federali. Questa disattenzione gli costa la fuga di Dorothy, a sua volta esitante e spaventata dalla possibilità di non riuscire a sopravvivere. Munch conduce intanto Gator da Tillman; il ragazzo appare visibilmente spaventato e sconvolto, ma neppure in questa occasione riceve la compassione del padre. Munch, fedele alla legge del contrappasso, priva inoltre Gator dell’uso della mano. Lo fa perché è con quell’arto che il ragazzo si è macchiato del peccato del furto. La “mano inutile” è proprio il titolo dell’episodio, e simboleggia il fatto che – non Gator, ma Roy – ha definitivamente perso il suo “braccio destro”. Il suo aiutante, suo figlio.
Gator apre (simbolicamente) gli occhi proprio quando perde la vista. Infatti è in quell’istante che capisce di essere solo e di avere per anni inseguito l’approvazione di un uomo interessato unicamente a se stesso. Mentre Roy ripudia suo figlio, Lorraine accoglie Dorothy nella sua famiglia per la prima volta da quando ha avuto inizio la vicenda. Lo fa rincuorando la protagonista e riferendosi a lei come sua figlia. Dorothy cerca di mettersi in salvo come può, ma viene ben presto scoperta dagli uomini di Tillman. A tendere la mano alla donna – letteralmente e metaforicamente – c’è Ole Munch. Quest’ultimo, da nemico diventa suo alleato. Poiché “una lotta contro una tigre in gabbia non è una vera lotta”.
La tigre è finalmente libera, per ora. Ma ha un debito da ripagare.
L’episodio finale, come era stato prefigurato fin dall’inizio della vicenda, vedrà quindi lo scontro definitivo tra lo sceriffo Roy Tillman e l’ex moglie Nadine/Dorothy. Fargo 5 però riesce a stupirci ancora una volta, ribaltando completamente le carte in tavola. Sorprende impedendo al telespettatore ogni possibilità di previsione: il faccia a faccia tra i due protagonisti avviene infatti entro i primi 10 minuti dell’episodio. Dorothy, a cui Munch aveva dato un fucile poco prima, spara infatti allo sceriffo non appena questi riesce a raggiungerla. Roy Tillman, tuttavia, sopravvive allo sparo e riesce a fuggire, inseguito nella sua fuga dal poliziotto Witt Farr. Tra i due è proprio quest’ultimo ad avere la peggio, perdendo la vita a un passo dalla vittoria. Circondato dai federali e tradito da suo figlio, lo sceriffo finisce inevitabilmente in manette, sancendo così la definitiva libertà di Dorothy.
Da questo momento il simbolismo legato ai debiti torna predominante nella narrazione. I debiti (o peccati) di Roy Tillman verranno estinti in prigione grazie a Lorraine, decisa come non mai ad assicurarsi che lo sceriffo venga ripagato con la sua stessa moneta per le atroci sofferenze a cui ha sottoposto le donne per tutta la sua vita. Anche Ole Munch è pronto a riscattare il suo premio; dopo aver risparmiato la vita a Dorothy, ritiene che la donna sia necessariamente in debito con lui. “Occhio per occhio, vita per vita, la mia o la tua” aveva detto nel corso del quarto episodio, sottolineando nuovamente il concetto tornando sulla figura del Mangia Peccati.
Venuto dall’altro lato del mare, Ole Munch si è cibato per tutta la vita dei peccati dei ricchi, condannando la sua esistenza all’oscurità in cambio del vile denaro. Questa maledizione l’ha privato della fame, della possibilità di sognare e persino del diritto di morire; Munch non può abbandonare quell’esistenza terrena poiché intrappolato in un limbo che definiremmo dantesco, quello occupato cioè dai virtuosi non battezzati.
La simbologia religiosa di Fargo 5 diventa protagonista della sequenza finale dell’episodio, attraverso la più surreale scena a cui sia possibile assistere sul piccolo schermo.
Dorothy invita Munch alla sua mensa (ovvero a cena), ordinandogli di lavarsi prima le mani. L’inquadratura indugia quindi sulle mani del sicario mentre lava via lo sporco, i peccati: quel gesto simboleggia il battesimo di Ole Munch, e il suo passo verso la redenzione. Dorothy sostiene che non tutti i debiti vadano necessariamente pagati, soprattutto in casi eccezionali come il suo. Per liberare Munch dalla maledizione, però, l’uomo deve svincolarsi dal suo ruolo di Mangia Peccati, ingerendo per la prima volta del cibo offerto e preparato con amore e gioia. Il sicario avvicina quindi un biscotto alle labbra e assapora finalmente la libertà, rompendo quella maledizione in cui è rimasto intrappolato per anni. Il sorriso di Ole Munch racchiude tutto il simbolismo di Fargo 5, l’estinzione dei debiti terreni e dei debiti celesti, la possibilità di andare avanti e di spezzare le catene della violenza e del male.
Nonostante la brutalità che ha da sempre caratterizzato l’universo narrativo di Fargo, l’attuale tematica della violenza sulle donne, la promessa di un bagno di sangue stipulata tra i protagonisti fin dall’inizio della vicenda, Fargo 5 stupisce tutti attraverso un inaspettato lieto fine. Il rassicurante finale è prova del fatto che Fargo riesce ancora a sorprendere come poche altre produzioni antologiche, e ci offre inoltre la totale riconciliazione con (o l’assoluzione di) questa serie tv che negli anni ha subito diverse battute d’arresto. Il lieto fine, inoltre, è il punto di collegamento tra la serie tv e il film Fargo del 1996; Juno Temple con la sua Dorothy ha mostrato qualcosa che non si vedeva dai tempi di Frances McDormand nei panni di Marge Gunderson: una forza del bene potente, superiore e senza tempo.
Fargo è finalmente tornata.