Disponibile a partire dal 22 novembre su Sky Atlantic e in streaming su NOW, Fargo è tornata con il suo quinto capitolo ambientando per la prima volta la vicenda ai giorni nostri, sottolineando l’urgenza narrativa del suo creatore Noah Hawley di toccare temi attuali estendendo la critica sociale più di quanto abbia fatto finora con le precedenti stagioni. Lo stile, tuttavia, è rimasto invariato e riconoscibilissimo, riciclando e reinventando come di consueto gli elementi classici del più ampio universo di Fargo. Sono bastati appena due episodi per mettere in chiaro fin da subito che Fargo 5 non farà rimpiangere in alcun modo lo splendore delle prime due, rispetto alle quali il telespettatore percepisce una consapevolezza diversa e ben più agghiacciante del solito: quella che vedremo, stavolta, potrebbe essere davvero una storia vera.
Minnesota nice: atteggiamento esageratamente gradevole, spesso forzato, per cui una persona rimane allegra e schiva nonostante la gravità delle situazioni. Ad aprire il primo episodio della quinta stagione è l’intertitolo con la definizione dello stereotipo culturale associato alla cortesia che contraddistingue da sempre la popolazione del Minnesota, in totale antitesi alla scena immediatamente successiva in cui viene mostrata una rissa durante la riunione di pianificazione del Festival d’autunno di una scuola media. Ciò che sembrano dimostrare i primi 2 minuti dell’episodio pilota è che nel 2019 persino in Minnesota non è più possibile essere gentili: il crollo dei valori della civiltà a cui si assiste sembra essere quello che da sempre caratterizza il periodo antecedente alle elezioni presidenziali (in questo caso quelle del 2020), contraddistinte da un clima teso e di generale sfiducia verso un governo che perpetua abusi di potere in nome della libertà, ossimoro totalmente personificato da tutti i protagonisti della vicenda. L’immagine che risalta durante gli incomprensibili disordini nel teatro dell’edificio scolastico è infatti quella di una donna dal viso angelico e dall’aria stralunata che colpisce un agente con il suo taser senza farsi troppi scrupoli, venendo arrestata (e poi rilasciata) per l’accaduto. Si tratta della casalinga Dorothy “Dot” Lyon (Juno Temple) che a dispetto delle apparenze dimostra nel corso dell’episodio di essere incredibilmente forte e determinata e, soprattutto, di nascondere segreti di cui non è a conoscenza nemmeno suo marito Wayne (David Rysdahl), un ingenuo e gentile venditore di auto proveniente da una ricchissima famiglia ancorata ai valori repubblicani (esasperati dalla satira grottesca di Fargo 5 attraverso la scena della foto di famiglia in cui ogni componente imbraccia un fucile) guidati dalla matriarca Lorraine (Jennifer Jason Leigh) CEO della più grande agenzia di recupero crediti del paese.
La donna non ha mai nascosto la sua disapprovazione per la nuora e i suoi sospetti che Dot sia interessata al patrimonio della famiglia più di quanto lo sia al marito.
Tuttavia non è di Lorraine che Dorothy deve aver paura (per ora); non passa molto prima che a casa della protagonista si presentino due losche figure intenzionate a rapirla per motivi ancora non dichiarati. Ha quindi inizio una lotta ai limiti dell’assurdo (in perfetto e paradossale stile Fargo) tra l’innocente e sbadata casalinga e i due criminali, che vivacizza il ritmo della narrazione con violenza e spargimento di sangue tipici dell’universo della serie FX, a cui segue la fuga di Dot e la sua totale (e psicopatica) indifferenza rispetto a quanto appena accaduto. Mentre la donna prepara i pancakes con i piedi ancora sporchi di sangue, ci viene presentato lo sceriffo Roy Tillman (Jon Hamm), “un uomo duro per i tempi duri” che non si limita solo a far rispettare la legge nella sua contea poiché, come dichiara egli stesso mentre è nudo in ammollo nella sua vasca da bagno all’aperto: “la legge sono io”.
Roy è il protagonista del secondo episodio “Prove e tribolazioni”, e ci rivela immediatamente il suo legame con Dorothy: la donna era stata sua moglie ma non ha rispettato il sacro vincolo del matrimonio, motivo per cui lo sceriffo sta cercando di rapirla. La misoginia dello sceriffo e la sua devozione ai vecchi valori viene resa palese dal suo incontro in una tavola calda con un uomo violento nei confronti della moglie; se da un lato lo sceriffo sembra voler difendere la donna condannando la violenza del suo partner, le sue azioni e le parole che le riserva lasciano intendere ben altro. Aiutato e accompagnato nelle sue gesta da suo figlio Gator (Joe Keery), Roy sembra incarnare perfettamente lo stereotipo dell’uomo che abusa del proprio potere attraverso la violenza giustificata in difesa dell’amore e della sacralità del matrimonio, rendendo i contrasti messi in scena da Fargo 5 più attuali che mai.
Ad affiancare le figure di Dorothy e Roy (“l’inetto e il risolutore” caratteristici della filmografia dei fratelli Coen a cui la serie si ispira) sono inoltre, come in ogni stagione di Fargo che si rispetti, i poliziotti rappresentanti della legge che il più delle volte faticano a mettere insieme i pezzi del puzzle. In questo caso a collegare il tentato rapimento di Dot con lo sceriffo Roy dovranno essere l’agente Indira Olmstead (Richa Moorjani), colei che si è occupata dell’arresto della protagonista in seguito alla rissa, e Witt Farr (Lamorne Morris) a cui invece la donna ha salvato la vita durante lo scontro con i suoi rapitori.
A complicare l’intricato intreccio sono le figure dei sicari che intercedono tra i protagonisti, completando il quadro dell’umanità mostrata in tutta la sua inettitudine dall’universo di Fargo attraverso i suoi bizzarri personaggi.
In attesa di scoprire l’evolversi della vicenda e i ruolo che ogni personaggio ricoprirà in essa, ciò che sembra già evidente fin dai primissimi (e mai più attuali di così) episodi della quinta stagione è che la satira di Fargo non si è mai spinta tanto oltre, ponendo le premesse di una stagione la cui scrittura si prefigura particolarmente brillante. Dagli scontri ideologici all’eterna guerra tra i sessi, la carne al fuoco sembra essere già tanta e molto succosa; come ci insegna da sempre Fargo attraverso i suoi continui paradossi non bisogna però mai lasciarsi ingannare dall’apparenza: il peggio, infatti, deve ancora venire.