Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Fargo
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La prima stagione di Fargo, la serie tv tratta dal film omonimo dei fratelli Coen, esce nel 2014 e promette di essere fine a se stessa. Tutte le altre che verranno dopo di lei, infatti, saranno l’una slegata dall’altra. Una serie antologica, insomma, quella trasmessa da FX (in Italia su Sky Atlantic e ora anche su Amazon Prime Video) e diretta da Noah Haley con produttori esecutivi gli stessi fratelli Coen. Può sembrare incredibile, quindi, che chi scrive non abbia mai avuto, in questi dieci anni, l’occasione di vedere almeno la prima stagione di una serie come Fargo, che ha fatto molto parlare di sé. Oltretutto in positivo. La prima stagione, in effetti, ancora oggi viene acclamata come la migliore di tutte le stagioni di Fargo (al momento sono cinque) e vederla oggi potrebbe sembrare quantomeno anacronistico. Eppure, l’esperienza di chi scrive (da qui in avanti, la novella spettatrice ingenua) è stata più che altro accostabile a un’epifania. Come quando ci si vergogna talmente di non aver visto o letto qualcosa che si mente, pur di non ammetterlo; poi lo si vede davvero e ci si chiede come si sia potuto vivere senza. Forte di aver visto il film da cui la serie è tratta, la novella spettatrice ingenua non credeva di poter vedere di meglio. E invece, anche a distanza di dieci anni, la prima stagione di Fargo ha fatto breccia.
1. Il caso regna sovrano

Lester Nygaard (Martin Freeman) vive la sua vita mediocre a Bemidji, nel Minnesota, tra neve e assicurazioni. Sua moglie è una persona piuttosto sgradevole, soprattutto nei suoi confronti, sempre pronta a denigrarlo per la vita che ha scelto. Il suo è un lavoro qualunque, che non gli da grandi soddisfazioni e un vecchio bullo della scuola continua a infastidirlo. Lester è mite e, diciamo per caso, rimane invischiato in un omicidio (insieme a Lorne Malvo, Billy Bob Thornton). E poi un altro e un altro ancora. La prima stagione di Fargo, a detta della novella spettatrice ingenua, sembra essere un crime piuttosto riuscito, con un caso da risolvere e un cattivo da stanare. Ma quello che la novella spettatrice ingenua non sa, e che comprenderà solo più avanti, è che la prima stagione di Fargo è molto di più. La narrazione completamente basata sul fato, diventa una sorta di ossessione. Per la nostra novella spettatrice ingenua ma anche per tutti gli altri, compresi i personaggi protagonisti. È il caso a prendere in mano la risoluzione dei problemi, così come anche la creazione degli stessi. I personaggi, inizialmente, sembrano completamente vittime del destino e alla novella spettatrice ingenua servirà arrivare almeno alla metà della stagione per capire quanto, invece, le responsabilità personali si stiano per abbattere su ognuno di loro. Perfino sulla novella spettatrice ingenua stessa, che fino a quel momento credeva di poter perdonare tutti.
2. Tra il bene e il male vince il…dipende

La prima stagione (qui la recensione della primissima puntata) di Fargo (e per quanto ne sappia la novella spettatrice ingenua anche le altre che non ha ancora visto) è convincente soprattutto per la sua coerenza narrativa, che non si perde negli intrighi della storia che porta avanti. Non è sempre semplice scrivere e creare un thriller che sia anche psicologico e che abbia un senso ai fini della sua stessa conclusione. Fargo dimostra questa grande abilità nel saper restare perfettamente in equilibrio tra bene e male, così come tra crime e dramma. Senza mai tralasciare quell’ironia impertinente e necessaria di cui non riusciamo a fare a meno. Il punto è che la prima stagione di Fargo ti spinge a riflettere su cosa sia la morale, su cosa sia la cosa giusta da fare. E poi te ne fa completamente dimenticare. La novella spettatrice ingenua, ma forse anche chi lo riguarda per la seconda volta, non sa cosa pensare di Lester, ad esempio. All’inizio sembra giocare nella squadra del bene, ma repentinamente e senza troppo preavviso si compromette e mette tutto in discussione. E la novella spettatrice ingenua si ferma a pensare su quanto possa essere labile la morale, su quanto la distinzione tra bene e male possa sfumare in due secondi. Persino per chi, come lei, pensa di essere una cultrice del cinema d’autore.
3. L’ironia dei fratelli Coen non viene mai tradita

Come si diceva, la novella spettatrice ingenua si porta dietro la presunzione di affermare che poteva bastarle il film dei fratelli Cohen, per conoscere Fargo e l’universo che gli gira intorno. Niente di più sbagliato, adesso lo sa. Ma da brava cinefila anche un po’ snob (più di quanto vorrebbe) apprezza il richiamo continuo che la serie Fargo fa al film in questione, da cui tra solo ispirazione e mai i veri dettagli della trama. E quindi la sola vista di Billy Bob Thornton, tanto caro ai Cohen, e di tutta quella bella violenza gratuita, la gratificano. Non perché abbia mire perverse, sia chiaro; per il semplice fatto che la serie Fargo abbia quella parvenza cinematografica di cui pare andare tanto orgogliosa. Vedendo la prima stagione, infatti, si nota subito come i registi di riferimento non si tradiscano, ma anzi si utilizzino come metro di paragone. Soprattutto nell’uso di una certa sferzante ironia e di una narrazione improntata su personaggi perlopiù bizzarri, che si relazionano molto spesso ad un mondo quasi più bizzarro di loro. Insomma, la novella spettatrice ingenua della prima stagione di Fargo, apprezza l’impronta cinematografica, soprattutto perché può notarla e far notare agli altri che l’ha notata.
4. Quanto conta la volontà di un solo uomo?

Lester Nygaard è il protagonista della prima stagione di Fargo, ma poi non lo è più. Poi torna ad esserlo. Insomma, ha i suoi alti e bassi ma di certo è uno dei personaggi predominanti ed è anche uno di quelli che ci porta ad apprezzare la sferzante narrazione che Noah Hawley riprende dai fratelli Cohen. Lester non sa chi è, e ci trasmette benissimo il suo senso di inadeguatezza rispetto alla sua stessa vita e al mondo in cui vive. Lester è la novella spettatrice ingenua, solo che lui ne è consapevole. Il paradosso più grande di Fargo sta proprio nel dare una grandissima importanza alle scelte di un uomo, mentre il resto del mondo sembra restare a guardare. La novella spettatrice ingenua sa che Lester è un personaggio che funge da espediente per una visione del mondo piuttosto distorta, ma non vuole ammettere che ci si rivede in molte cose. Chi non vorrebbe che venisse eliminato un problema con un cenno impercettibile della testa? E, quindi, anche se non vuole, la novella spettatrice ingenua empatizza con Lester Nygaard. E si sente in colpa per questo. Perché la volontà di un uomo non dovrebbe smuovere così tanto l’universo. Eppure lo fa, in silenzio e nell’ombra. Come nei migliori horror che la novella spettatrice ingenua non ha visto.
5. La separazione dei bene, la pazienza di Molly

Parliamo, infine, di Molly. La novella spettatrice ingenua deve ragionare molto sul personaggio di Molly, perché è meno immediato e meno brutalmente inserito. Ma quando finalmente comincia a conoscerlo, la novella spettatrice ingenua sa che dovrà correre più forte di Lester Nygaard se vuole raggiungerla. Molly, nella prima stagione di Fargo, rappresenta la resilienza ma anche l’austerità. È la detective che indaga sul caso della morte della moglie di Nygaard e che nessuno sembra ascoltare. Solo perché ha (ovviamente) ragione su tutto. E allora la novella spettatrice ingenua finalmente trova qualcuno di “buono” in cui riconoscersi davvero, qualcuno che sappia cosa è giusto e cosa è sbagliato. Molly, in Fargo, è la linea di demarcazione tra la vittoria del male (la prima parte della stagione) e la vittoria del bene, in finale. Hawley sembra dare a tutti ciò che spetta loro, prima fa vincere il maligno e poi gli fa arrivare addosso le conseguenze. E Molly incarnerà perfettamente quel perno che inverte la rotta. Dopo essersi rivista in Lester, la novella spettatrice ingenua può finalmente respirare e tornare dalla parte giusta. Può senza dubbio tornare a riconoscersi nella persona per bene che è, o che almeno crede di essere. Certo dopo Fargo non è più tanto sicura, i fratelli Cohen (in qualche modo indiretto) ci sono riusciti di nuovo.