Aporia, la nona puntata di questa terza stagione di Fargo, punta l’attenzione sui massimi sistemi di bene e male, riversando nell’azione e in un ritmo piuttosto elevato riflessioni legate all’esistenza. Di quest’ultimo aspetto tratteremo in questo penultimo focus, per la comprensione del quale è comunque necessario soffermarsi inizialmente sul significato del titolo, di per sé molto indicativo.
Aporìa è un termine di derivazione greca; in particolare, è il sostantivo corrispondente del verbo ἀπορέω che significa “essere incerto”, rappresentando dunque l’incertezza, la difficoltà nel percorrere una determinata strada. La nascita della parola è attribuita al lessico filosofico dell’Antica Grecia, periodo in cui tale espressione indicava l’impossibilità di dare una risposta precisa a un problema perchè le due soluzioni da scegliere erano tendenzialmente entrambe valide. In particolare furono Anassagora e Democrito ad applicare con frequenza questo termine ai propri ragionamenti; col tempo, aporìa ha assunto il più ampio significato di strada senza uscita, oppure di una strada che porta a soluzioni le cui conclusioni sono antinomiche.
È esattamente questa la situazione in cui si trova l’agente (o ex capo) Gloria Burgle alla fine della puntata in Fargo.
Ogni soluzione che le si prospetta davanti è una contraddizione; i cattivi hanno vinto, i buoni hanno fallito questa volta. Lei, in primis, ha fallito e non riesce a farsene una ragione; è talmente disperata che decide di mettere in discussione la sua stessa esistenza:
“A volte non credo di essere inutile. Mi sento semplicemente inesistente”.
Gloria avvalora questa sua tesi mettendo all’evidenza buffe situazioni che abbiamo notato durante la Serie: i sensori delle porte, dei rubinetti, del sapone, degli asciugatori sembrano non percepire la sua presenza; dunque la poliziotta si chiede, quasi Cartesianamente: ma io esisto? La nostra Gloria, dunque, sembrerebbe essersi arresa al Male.
A proposito del Male, c’è ovviamente lo zampino di Varga nella (momentanea) sconfitta di Gloria; il villain della storia ha consegnato un fasullo serial killer alla polizia di Eden Valley, riuscendo quindi ad aggirare i danni che la confessione di Emmit stava per provocare. E proprio quando, insieme a Meemo, va a recuperare il “re dei parcheggi” dalla stazione di polizia, in macchina afferma:
“Non è il Male il problema del mondo. È l’esistenza del Bene, invece. Se non ci fosse il Bene, a nessuno importerebbe”.
Il totale ribaltamento dei valori classici, in cui l’esistenza del Bene è vista come il male del mondo in quanto ostacolo per la prolificazione del Male stesso, ci riporta al fallimento di Gloria: “Hanno vinto i cattivi“, afferma sconsolata al bar con l’agente Lopez. Ed è proprio quest’ultimo che rappresenta il veicolo per la totale epifania di Gloria; dopo aver ascoltato le affermazioni della donna, Lopez si alza e la abbraccia per qualche secondo, dopo averle spiegato che il fatto stesso che combattono per qualcosa è la prova della loro esistenza.
Recatasi in bagno per riprendersi dopo un pianto liberatorio, Gloria decide di testare la veridicità della sua esistenza; per la prima volta in questa stagione di Fargo vediamo che i sensori percepiscono la sua presenza: l’acqua, il sapone, l’asciugatore funzionano. Gloria ha ricevuto simbolicamente una risposta da questi sensori, non solo in merito alla sua esistenza, ma anche al riguardo della possibilità di continuare a combattere: il Bene dovrà trionfare e lei è la persona giusta per raggiungere tale obiettivo.