La terza stagione di Fargo si è conclusa con Somebody to love, decima e ultima puntata che ha chiuso un cerchio di eventi, riflessioni e simbolismo ma che si lascia aperto a un interrogativo in particolare. Una domanda che potremmo considerare eterna, e che proprio per questo non è mai anacronistica: chi trionfa fra il Bene e il Male? Questo nostro ultimo approfondimento cercherà di indagare questo conflitto, passando però attraverso l’inettitudine della polizia e la diabolica genialità del villain della storia. Ovviamente, spoiler alert!
Innanzitutto vediamo perchè questa stagione di Fargo prosegue il trend già osservato nelle due stagioni precedenti secondo cui la polizia dei piccoli paesi del Minnesota è tremendamente inadeguata rispetto alla forza di un sicario infallibile come Lorne Malvo, all’influenza di due famiglie mafiose come i Gerhardt e Kansas City e infine alla subdola potenza di Varga.
Tuttavia, chi ha guardato le prime due stagioni di Fargo si sarà reso conto che la polizia, alla fine, riesce a risolvere almeno in parte i casi che stava seguendo: si pensi a Lester ad esempio. In questa stagione, invece, l’inettitudine del bene è disarmante: Gloria non riesce (principalmente perchè non supportata da nessuno) a risolvere nessun caso, ma assiste inerme a quella che potremmo definire una regolazione di conti tra criminali in un vortice di omicidi e di sangue che lascia tutti insoddisfatti.
Questa puntata finale, di conseguenza, risulta coerente con ciò che la stagione ha mostrato finora; infatti, nessuno dei cattivi (se così possiamo chiamarli) viene effettivamente consegnato alla giustizia. Si crea anzi un effetto domino che si conclude con l’omicidio di Emmit a opera del sicario sordomuto, già conosciuto nella prima stagione. Eppure, rimane qualcosa in sospeso, il vero burattinaio a pochi muniti dalla conclusione della puntata non ha ancora un destino: sto parlando di V.M. Varga.
L’incontro tra lui e Gloria sembra essere un curioso scherzo del destino: la poliziotta lavora ora preso la Homeland Security, che ha catturato un certo Daniel Rand, nome ovviamente falso visto che l’uomo è il Varga che Gloria ha conosciuto in Minnesota circa un anno prima. Il finale si snoda attorno alla convinzione di Varga che entro 5 minuti arriverà un superiore di Gloria che le intimerà di lasciarlo andare e a quella della poliziotta che invece ritiene ci siano gli elementi per un’incriminazione. A noi spettatori non è dato sapere come finiscono le cose, dato che l’ultima scena è l’inquadratura della porta della cella e dell’orologio sopra di essa che conta il tempo che scorre.
La suggestione di questo finale di Fargo sta tutta, dunque, nella libertà di interpretazione.
Io ho elaborato una mia lettura, legata soprattutto a ciò che soggettivamente si spera e ciò che, invece, oggettivamente si osserva. Alla luce del fatto che in questa stagione la polizia ha totalmente fallito (e non , come in passato, solo parzialmente), l’auspicio è che da quella porta non arrivi nessuno e che Gloria riesca a ottenere l’unica vittoria personale, incriminando Varga.
Ma il messaggio di Hawley e Gordon è in realtà molto più chiaro di quello che si possa pensare: lasciare il dubbio significa palesemente far capire che non c’è certezza su chi possa trionfare tra Bene e Male. Anzi, nessuna delle due fazioni potrà mai trionfare totalmente in questo mondo, e l’unica risposta plausibile è il rumore creato dallo scorrere del tempo dell’orologio nella cella.
Grazie per aver seguito con noi questa meravigliosa terza stagione!