I fratelli Coen rappresentano, da quando sono in attività, una vera e propria ventata d’aria fresca per il cinema statunitense e, di conseguenza, mondiale. I loro film hanno spesso e volentieri fatto incetta di premi e candidature. Ma, al di là della ricompensa delle varie Academy, ciò che conta è come siano riusciti a creare uno stile talmente riconoscibile da poter coniare l’espressione “à la Coen”. Fargo (film del 1996), in questo senso, rappresenta (insieme a Il Grande Lebowski) l’opera più riuscita dei due fratelli, in quanto riesce a caratterizzare il loro stile nell’unione fra commedia e thriller identificandosi nel mai facile genere della “dark comedy”.
Avevamo già parlato (qui) di come il paradosso e l’assurdità nella omonima Serie Tv fossero il marchio di fabbrica, ma è proprio dal film che trae origine questo genere di costruzione: cerchiamo in questa sede di mettere in relazione i due prodotti ricavando differenze e similitudini che non sono affatto scontate.
Inevitabile, prima di addentrarci nello stile e nel messaggio del Fargo film e Serie Tv, parlare brevemente delle trame delle due opere. Sostanzialmente molto diverse ma facilmente intrecciabili. Nel film del 1996 un venditore d’auto, Jerry, ha qualche problema economico e decide di inscenare il rapimento della moglie così da costringere il ricco suocero a pagare il riscatto. Per farlo si affida a due sicari, Carl e Gaerar, a cui promette parte del riscatto (rivelando loro però una cifra più bassa per poter intascare di più). Ovviamente, niente andrà come previsto.
Le trame delle tre stagioni di Fargo si fondano sostanzialmente sullo stesso principio: il protagonista crede di essere più furbo di quello che realmente è (esattamente come nel film). Lester è un venditore di assicurazioni che diventa un killer dopo aver incontrato il sicario Lorne Malvo; Lou Solverson è un agente di polizia degli anni ’70-’80 che si trova a gestire la criminalità organizzata di due famiglie locali (Gerhardt e Kansas City) e quella disorganizzata di due provinciali usciti dai ranghi; infine, Ray e Emmit Stussy sono due fratelli che dovranno sopravvivere a loro stessi ma soprattutto all’arrivo di un misterioso e inquietante emissario, V.M. Varga.
Senza dubbio, dunque, l’inquietudine trasmessa da alcuni personaggi è il primo grande punto di incontro fra Serie Tv e film; ed esso è un aspetto che potremmo inserire nel più grande e generale concetto di “tono“. Il tono dei due prodotti (o quattro, se consideriamo le singole stagioni) è un chiaro marchio di fabbrica dei fratelli Coen. Nonostante nella Serie Tv essi siano “solo” produttori. Il creatore, infatti, è Noah Hawley, che però ha saputo ben cogliere l’essenza della dark comedy di cui i Coen hanno dimostrato di essere maestri. Soprattutto nel loro Fargo del 1996. Il tono di una dark comedy è quello in cui lo spettatore si ritrova a ridere per situazioni che normalmente non dovrebbero essere divertenti. Come, ad esempio, l’assurda morte di un personaggio.
Proprio l’assurdità, in questo senso, è l’altro elemento comune che fa da padrone. Assurda non è solo la scrittura di alcuni protagonisti (i parallelismi tra Jerry e Lester si sprecano), ma la creazione di situazioni paradossali che lo spettatore non potrebbe mai immaginare, aumentando enormemente l’effetto sorpresa di alcune scene.
Una delle cose più assurde rese oggetto di caricatura, sia nel film che nella serie, è quello che potremmo definire “l’insieme dei pregiudizi sui minnesotiani”. E’ stato un argomento anche oggetto di alcune dispute pseudo-sociologiche dopo l’uscita del film nel ’96. Fa riferimento principalmente a due caratteristiche che i Coen vogliono esagerare degli abitanti del Minnesota. Da un lato la parlata, con uno slang molto particolare (Martin Freeman, attore britannico, ha dovuto studiare appositamente la pronuncia per rendere veritiera la sua interpretazione). Dall’altro il fatto che vengono dipinti come soggetti che non si aspettano mai il male dal prossimo, tremendamente ingenui e abituati ad una vita senza scossoni. Può sembrare dunque ovvio come risulta facile per Lorne Malvo sconfiggere l’intera stazione di polizia di Bemidji tutto da solo. O ancora come nessuno abbia il coraggio di opporsi a V.M. Varga.
Ultimo elemento comune, collegato inevitabilmente al paradosso, è quello della degenerazione. Come accennato nella breve enunciazione delle trame, niente va come i personaggi avevano programmato; anzi, la loro crescita (o decrescita) è proprio legata al verificarsi di azioni che li portano a degenerare completamente. Cosa che a volte porta loro un vantaggio, altre rappresenta la loro fine.
Pensiamo a come nel film i due sicari vengano controllati da un poliziotto che, in quanto troppo insistente, sentono il bisogno di uccidere. Mentre occultano il cadavere, passa una macchina che li vede: uno dei due, Gaerar, raggiunge la macchina e stermina la famiglia che si trovava dentro. Nella Serie Tv, basta pensare ai 3 protagonisti: Lester da fallito cronico diventa un assassino opportunista; Peggy, dopo aver investito il giovane Gerhardt, diventa una donna disposta a tutto pur di realizzarsi; Emmit, tranquillo e pacifico uomo d’affari, finirà per uccidere il fratello.
Se è vero che il concetto di Fargo ci mostra le grandi somiglianze fra film e Serie Tv, ci sono tuttavia delle differenze che non possono essere trascurate. Abbiamo prima parlato di tono, sottolineando come nel presupposto l’idea di base sia la stessa. Va precisato, però, che il film è molto più comedy e la serie è molto più dark. Una scelta legata, probabilmente, all’estensione diversa delle due produzioni che avrebbe reso troppo cupo un film di più di due ore. Inoltre, se le ambientazioni e gli escamotage narrativi sono gli stessi (si pensi all’iniziale premessa “Questa che vedrete è una storia vera”), diversi sono invece gli sviluppi delle storie, come è ovvio.
Tuttavia, la principale relazione che aggira queste differenze è legata al forte citazionismo che Fargo come Serie Tv fa del film. Sono tantissimi gli Easter Egg, i riferimenti e le citazioni che le tre stagioni dedicano all’opera madre da cui è nato tutto.