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Fargo: il viaggio violento nella nostra natura

Fargo
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Ci sono storie che vanno oltre le finalità narrative. Alcuni racconti, trasposizioni, opere audiovisive hanno la presunzione e l’arroganza di spingersi più in là: in un limbo dove la finzione si mischia alla realtà,  e dove la morale diventa la spaventosa metafora occulta dell’umano “io”. Il capolavoro targato FX, Fargo, è senza dubbio il capostipite di una categoria di prodotti seriali che vanno oltre

l’ambito dell’intrattenimento per sfociare in brutali lezioni di vita.

Fargo altro non è che il viaggio all’interno delle viscide spire recondite della psiche umana, quelle seppellite sotto l’ipocrisia di una fasulla etica.

Fargo

La differenza tra giusto e sbagliato è sottilissima in un mondo dove tutti portano maschere. Quanta moralità può esserci in una vita di menzogne e finzione? Quanta cattiveria scaturisce dalla soppressione pluriennale di un primordiale istinto? Ma soprattutto chi è ha deciso i parametri che delineano la giustezza o l’erroneità di un soggetto?

Domande cui probabilmente non troveremo mai un risposta. Poichè la distrazione e il menefreghismo che deriva dall’attitudine umana a nascondersi ci impedisce di trovare quell’attimo necessario per cedere ai nostri istinti, e risolvere dunque questi arcani quesiti.

Questo è  il paradosso che il capolavoro Fargo vuole evidenziarci. È esattamente questo il fulcro centrale della storia che va a fondere orrore, violenza e ironia per spiattellarci la verità in faccia. Un opera pretenziosa che turba, coinvolge, diverte e fa riflettere. Un dramma profondo e insensibile che scava prepotentemente, e brutalmente, nella coscienza di un assuefatto e inerme spettatore.

Fargo

La storia di Lester Nygaard e del suo incontro con Lorne Malvo è la metafora dell’uomo che incontra i suoi demoni. Il nuovo mentore dell’impacciato assicuratore di Bemidji altro non fa che stuzzicare un qualcosa che già esisteva. Un flebile richiamo soppresso ma sempre presente. Lester diventa un coccodrillo che all’odore del sangue (Lorne) sguinzaglia i suoi istiniti animaleschi. Inarrestabili e violenti impulsi rimasti sopiti per troppo tempo.

Lester trasforma la sua frustrazione in odio facendo saltare le catene che lo trattenevano dall’essere quel che è sempre stato: un predatore.

Ma ciò non lo spaventa, il sangue non lo disgusta, la violenza è giustificata e il cinismo opprime ogni sentimento. Quello che succede all’interno della sua mente è un processo meschino che permette all’istinto di sopravvivenza di prendere il sopravvento, pregiudicando il senso di giustizia e la basilare etica. Tutto diviene lecito se fine all’occultamento dell’operato della bestia. Ogni malvagia manovra di Lester lo porterà ad assaporare l’effimero successo che deriva dall’aver intrapreso la strada mostruosa dell’assecondamento di una subdola causa. Perché sottostare alle conseguenze delle sue brutali azioni genera bilaterali conseguenze.

Da una parte, potendo essere se stesso, Lester riesce ad affermare il suo talento e a imporsi nella scala gerarchica dei suoi interessi. Perché prima dell’incontro con Malvo potevamo notare un Lester sempre intento a soddisfare la petulante moglie e gli assillanti capi. Tutta la sua sfera privata si approfittava di lui contribuendo involontariamente alla proliferazione di un desiderio di evasione implacabile. Bisogno percepito da Lorne Malvo che darà inizio a una serie di mosse mirate a liberare Lester. Dall’altra parte invece questa nuova consapevolezza, e l’effimero appagamento, lo porteranno alla rovina facendolo incappare in una sfida dove non può esserci nessun vincitore.

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La lezione è chiara: un uomo non può stringere un patto con il Diavolo estraniandosi dall’ingente tributo richiesto.

Non si può scappare dalle conseguenze delle proprie azioni, specie se comportano l’innalzamento di muri di bugie. Ogni nodo torna al pettine e ciascun imbroglio viene sempre alla luce. Fargo, nella maniera più violenta possibile, vuole trasmetterci questa lezione ricordandoci che le vie di mezzo spesso sono la giusta strada da seguire.

Perchè non avremmo bisogno di percepire tutte le sfumature di verde qualora rappresentassimo il predatore e non la preda. Le sfumature possono salvarci perché, se vedessimo un solo verde con i nostri occhi, non riconosceremmo la pantera nascosta nella vegetazione, pronta ad aggredirci.

Fargo è la parabola dell’uomo che scopre se stesso, esplora se stesso, eleva se stesso e poi perisce nel farlo. Mai avventurarsi in una giungla se non sei sicuro di riconoscere tutti i predatori. Mai cercare una risposta nell’oscurità se non sei in grado di riconoscere il bene dal male.

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Perché il Diavolo tentatore si nasconderà sempre dietro amichevoli fattezze e convenienti scorciatoie. Sta a noi esplorare il nostro inconscio per percepire quella sfumatura in grado si salvarci da esso. Anche se questa ci obbligherà a indossare una maschera facendoci vivere nel dubbio perenne di essere quelli giusti in un mondo sbagliato. Quelli che hanno capito la vera essenza umana, a un caro costo.

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