Spoiler Alert: continuando la lettura inciamperete necessariamente in alcune anticipazioni sulla trama del film 4 Metà.
A metà strada fra Sliding Doors e Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere, troviamo il nuovo film romantico Netflix: 4 Metà. È dai tempi dell’antica Grecia che ci si interroga sull’esistenza dell’anima gemella. Nella mitologia infatti, si racconta che l’uomo originariamente possedesse quattro gambe e quattro braccia, e per questo fosse estremamente potente. Temendo questa incredibile forza, Zeus lo colpì con i suoi fulmini dividendolo a metà. Per ritrovare il suo antico vigore, l’uomo sarà per sempre destinato a ricercare l’altra metà di se stesso, quella che ora chiameremmo appunto anima gemella.
Alla luce di tutto questo 4 Metà è un film che cerca di dare una risposta alla domanda più antica del mondo: ma esiste veramente l’anima gemella?
Vengono quindi raccontate le storie di Matteo, Giulia, Dario e Chiara, quattro single che si incontrano ad una cena di amici comuni. Il film procede con due diversi racconti in ipotetiche realtà parallele, ottenuti dalla combinazione delle quattro diverse coppie che si possono formare: una narrazione vede come protagoniste le coppie Matteo-Giulia, Dario-Chiara e l’altra Dario-Giulia, Matteo-Chiara. È molto più difficile a dirsi che a farsi, merito sopratutto di una regia, che in questo, risulta davvero molto efficace nel renderci piuttosto facile il seguire le diverse vicende. Le storie d’amore procedono con ovvi alti e bassi, ma non viene mai data la possibilità di decidere quale delle due diverse realtà sia preferibile. Il che ci fa arrivare alla conclusione che no, forse l’anima gemella non può esistere, perché ogni persona cambia a seconda del contesto in cui vive. La persona adatta ad accompagnarci lungo il nostro cammino dipende da quale cammino decidiamo di intraprendere. Un po’ come se la vita plasmasse i nostri contorni e in questo modo decidesse anche quelli di un’eventuale anima gemella, che possa combaciare con noi abbastanza da renderci completi.
Detto così sembra un po’ cervellotico, ma il film lo spiega chiaramente: due individui non sono destinati a priori a stare insieme, ma è possibile incontrare la persona giusta al momento giusto. E non ha nemmeno senso cercare di capire se sia più plausibile il detto “gli opposti si attraggono” piuttosto che “chi si assomiglia si piglia”, perché, anche in questo caso, una vera risposta non c’è. 4 Metà sembra suggerirci che in amore non ci siano dogmi, né assiomi o regole. Le persone sono quello che sono anche a causa delle persone che incontrano, imbattersi in persone diverse li avrebbe resi individui diversi. Quello che siamo è nelle nostre mani, non dipende del destino.
Il film è romantico e leggero, un’ora e mezza che passa veloce e senza impegno, se non quello minimo, necessario a capire i vari passaggi temporali. Il cast è composto da bellissimi: Giulia e Chiara sono interpretate da Matilde Gioli (già vista in Doc-Nelle tue mani) e Ilenia Pastorelli, mentre Matteo e Dario da Matteo Màrtari e Giuseppe Maggio e tutti e quattro svolgono un lavoro più che discreto nel raccontare la vita normale di persone normali. Le vicende dei protagonisti sono costellate da tradimenti, gravidanze inaspettate, relazioni a distanza ed eccessi di orgoglio che portano a mancate dichiarazioni, e purtroppo, bisogna ammettere non siano temi chissà quanto innovativi. Le vicende sono a tratti un po’ scontate e non si assiste mai a veri e propri colpi di scena. Anche i personaggi sono leggermente stereotipati: l’avvocato donnaiolo e senza scrupoli, la matematica decisa e tutta d’un pezzo, l’intellettuale occhialuto e un po’imbranato, la bella ragazza dolce e spensierata in cerca di una storia seria. Va detto che però non scadono mai davvero nel ridicolo e ciascun personaggio ha le sue debolezze e le sue virtù. Le vicende si svolgono in una luminosissima e fin troppo ordinata Roma (emblematica la scena di una folle corsa in ospedale nella totale assenza di traffico, motorini o turisti, non si sente nemmeno un clacson in lontananza), ma non importa, perché quello che conta davvero per lo spettatore, sono le intricate relazioni fra i personaggi, relazioni che, in fondo, potrebbero avvenire in qualsiasi posto del mondo. Va bene così, è parte di ogni italiano tentare la risoluzione di un conflitto partendo da una fetta di pizza, ben consapevole che la cosa non attenuerà le difficoltà né nel super attico vista Colosseo, né in una qualsiasi periferia.
In generale 4 Metà non spicca per originalità, ma propone una visione plausibile di un’ideale e non è da poco, perché comunque qualche spunto di riflessione finale ce lo lascia. Tutte le possibili coppie sono credibili e in questo sta la vera forza del film. La tesi è che non esiste nessuno destinato a noi dalla nascita e che non ci sono regole su come questo qualcuno dovrebbe essere. In effetti lo svolgimento del film ci impedisce di parteggiare per una versione della realtà piuttosto che per un’altra, perché ci sembrano giuste o sbagliate in egual misura. Anche il tasso di immedesimazione nei diversi individui è piuttosto alto grazie a dialoghi e situazioni normali, ma umanamente straordinarie. Le relazioni umane sono sempre coinvolgenti e interessanti perché sentiamo che un po’ parlano di noi e va riconosciuto che, in questo caso, la narrazione avviene senza troppe smancerie. È un merito del film quello di essere sentimentale, ma non sdolcinato, il che lo rende scorrevole e a tratti anche divertente.
Non ha la pretesa di essere un capolavoro, ma 4 Metà funziona bene come film italiano di intrattenimento: non è melenso, non è volgare, è una commedia senza pretese e funziona in quanto tale. Si potrebbe quasi definire una commedia romantica disincantata perché il film parla d’amore, ma in maniera magari un po’ più disillusa rispetto alla classica favola. Il finale è perfettamente in linea con la tesi portata avanti dal film: non ha molta importanza chi sia l’anima gemella, né se esiste o meno e infatti non sapremo mai quale delle due storie ipotizzate sia avvenuta nella realtà.
Però è lampante la conclusione di come l’amore o la ricerca di esso, spesso siano il vero e unico motore delle persone. Insomma “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, lo aveva già detto Dante molto prima di Alessio Maria Federici (regista del film), ma il merito di quest’ultimo è di averci ricordato che la riflessione era stata scritta parlando dell’Inferno, perché un po’ di dolore, un po’ di confusione, un po’ di complicazioni sono parte integrante di questo sentimento. Non c’è una scorciatoia, non c’è un destino già scritto, non ci sono regole predefinite da seguire per arrivare alla felicità. Bisogna rischiare e vivere appieno ogni storia anche nei suoi aspetti più difficili, per trovare chi può combaciare, senza ferirsi, con i nostri spigoli.
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