Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto A proposito di Davis.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere A proposito di Davis? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Amazon Prime Video e TimVision (a noleggio su Apple TV), A proposito di Davis è incentrato sulla vita di Llewyn Davis, cantante folk nella New York del 1961. Nel corso di un freddo inverno, il ragazzo vuole guadagnarsi il pane quotidiano inseguendo il suo sogno da musicista, ma gli ostacoli da affrontare, soprattutto quelli che si crea da solo, paiono insuperabili. Riesce a tirare avanti grazie all’aiuto di alcuni amici e conoscenti, che lo ospitano spesso a casa loro o gli procurano ingaggi al Gaslight Café del Greenwich Village, anche se talvolta è costretto ad accettare piccoli lavoretti per sopravvivere. Le sue mille disavventure, però, lo condurranno al Chicago Club, proprio da quel Bud Grossman a cui aveva inviato il suo disco e di fronte al quale farà quell’audizione che potrebbe cambiare tutto. O forse no.
Sono passati dieci anni da quando Joel e Ethan Coen ci regalavano questo piccolo gioiellino. Fotografando e ricostruendo magnificamente e con quel pizzico di nostalgia e amarezza la scena folk newyorkese degli anni ’60, sono dei fuoriclasse nell’esplorare la condizione umana in tutte le sue sfumature attraverso i loro magnifici personaggi, dando vita a un cinema toccante e aspro allo stesso tempo, che però concede dei momenti tipicamente più umoristici. Con la loro impeccabile regia riescono a cogliere brillantemente le disavventure del protagonista, che risulta un nuovo e perfetto antieroe dei fratelli Coen; personaggio memorabile con cui, nonostante tutto, empatizzare è più semplice del previsto, data pure la testardaggine con cui persegue il suo sogno (o un qualcosa che lo gratifichi) sebbene i segni contrari che gli lancia il destino. Merito anche di un grandissimo Oscar Isaac, che lo tratteggia perfettamente.
Con la musica che si erge a protagonista dell’opera, A proposito di Davis è caldamente freddo, mai scontato, esistenziale, umanamente empatico, estremamente poetico e che ci spinge ad accettare i nostri fallimenti. Perché fanno parte della vita. E dopo averlo visto su Prime Video o TimVision, vi aspetta la nostra recensione.
SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) di A proposito di Davis
“Un giorno Joel mi ha detto: ‘Che ne pensi di questo? Sembra l’inizio di un film… Un cantante folk viene picchiato nel vicolo dietro il Gerde’s Folk City’”.
È immaginando il motivo del perché un evento del genere possa succedere, così da costruirci un intero film attorno, che dalla mente dei Coen è nato A proposito di Davis. Anzi, con quelle parole, Ethan ci ha rivelato pure come due dei registi più importanti del nostro tempo creino le loro opere: non seguendo quello che le scuole di cinema insegnano, ovvero partire da un’idea da cui svilupparne soggetto e sceneggiatura, ma iniziando con un’immagine che giustificheranno con la loro pellicola. Solo dopo arrivano personaggi e scrittura. Una metodologia così libera che identifica perfettamente il perché i loro film sono estremamente riconoscibili, eppure il loro svolgimento non è mai forzato e per niente banale, scorrendo in maniera inaspettata e naturale. E questo vale anche per A proposito di Davis, che presenta questa struttura molto caotica e, appunto, libera, con un elemento ricorrente e molto significativo: il gatto rosso.
L’animale è un MacGuffin che indica da un lato la ciclicità esistenziale in cui è rinchiuso il protagonista; dall’altro, dato che si chiama Ulisse, la vera e propria Odissea di Llewyn alla ricerca della sua identità, senza soste né riposo e in stile Fratello dove sei?, peregrinando da divano a divano, da città a città.
Il protagonista di A proposito di Davis si inserisce a meraviglia nella galleria dei personaggi tipici dei Coen. I cosiddetti looser. Pensiamo a Barton Fink che, nonostante sia bravo, fatica nel ritagliarsi il suo posto nella Hollywood degli anni ’40, proponendo solo degli scadenti e già visti film sul wrestling. Oppure a Ed Crane, al Serious Man Larry Gopnik o ai grotteschi ricattatori di Burn After Reading, senza scomodare Drugo Lebowski o i criminali maldestri di Fargo. Con Fink condivide quella supponenza nel riconoscere il proprio talento ma nel non riuscire a farsi valere nella società; cosa che inizialmente li rende un po’ antipatici, ma l’empatia scatta a causa di tutte le vicende sfortunate che vivono, sia per il caso, sia per le tempistiche, sia per gli approfittatori. A differenza di Crane, che costruisce la sua sconfitta attraverso moltissime scelte sbagliate, e di Gopnik, che scarica la colpa delle sue sventure su un Dio insensibile, Llewyn è responsabile della sua caduta per non sapersi adattare, per superficialità e noncuranza.
Llewyn non è malvagio, ma non riesce a confrontarsi con il mondo. Perdere Mike, il proprio partner musicale, in quel modo lo ha tipo bloccato; è una ferita talmente profonda che, quando si esibisce cantando Fare Thee Well e la donna che lo ospita canta la parte di Mike, esplode di rabbia, rendendo quello l’unico momento in cui il suo dolore è visibile, manifesto e lacerante. Llewyn è immobile, c’è sempre qualcuno che gli dà una spinta. È geloso del suo talento, ma incapace di attuare quelle giuste scelte che gli permettano di crescere e di riscattarsi, cullandosi nell’illusione di un sogno e di un successo che, nel profondo, sa di non meritarsi. D’altronde, come le dice Jean: “Tutto quello che tocchi diventa me*da, sei il fratello scemo di Re Mida”. È la pura e dolorosa verità. E quel “What are you doing?” che legge in un bagno pubblico è il segno che il destino gli lancia, per intraprendere quella vita borghese – ovvero, per lui è semplicemente l’esistere – che stava rifiutando.
Perché la strada dell’artista non lo stava portando da nessuna parte. A differenza degli altri personaggi, come Jim e Jean, che si sono piegati ai sogni borghesi tanto odiati da Llewyn. Che hanno accettato quei compromessi che il protagonista fatica a comprendere.
Eccellenti sono gli attori che rappresentano il variegato mondo di A proposito di Davis. A John Goodman gli viene cucito addosso il ruolo di jazzista eroinomane, così come calza a pennello Garrett Hedlund nei panni del poeta Johnny Five, risultando semplicemente magnetico. Emergono, però, la coppia Carey Mulligan e Justin Timberlake, il duo di musicisti Jean e Jim a cui sono affidate le scene divertenti del film su Prime Video e TimVision, con la prima che maltratta (giustamente) Llewyn e il secondo che si esibisce assieme all’esilarante Adam Driver in un’improbabile quanto azzeccata versione di Please Mr. Kennedy. Mulligan dimostra di essere sempre più brava e talentuosa, Timberlake di avere una sempre maggior convinzione come attore. Però, a rubare la scena c’è un’intensissimo Oscar Isaac, che mostra tutto il dramma interiore del protagonista attraverso quei suoi occhi malinconici, caricandosi il peso dell’opera interamente sulle sue spalle, dato che è sempre in scena, recitando o cantando con ottimi risultati.
Un Isaac che, avendo studiato alla Julliard, è perfetto per il ruolo, pur non somigliando a chi ha maggiormente ispirato il film su Prime Video e TimVision. I Coen, infatti, si sono ispirati alla biografia del cantante Dave Van Ronk, che negli anni pre-Bob Dylan era uno dei protagonisti della scena musicale folk, sebbene non sia diventato famoso come quel Dylan che tante volte aveva ospitato sul suo divano. Da quel romanzo vengono recuperati non solo alcuni fatti che Llewyn sperimenta, ma diverse caratteristiche del periodo che permettono un ritratto profondamente umano, malinconico e nostalgico di un mondo ormai andato, ma che riesce a farci sentire la mancanza anche se non l’abbiamo mai sperimentato. Il tutto visto attraverso il tipico humor dei Coen, anche più smorzato del solito.
Quella New York leggermente desaturata, che ci introduce nell’atmosfera del Greenwich Village, grazie alla fotografia, assume un’importanza che va oltre l’estetica (come succedeva, ad esempio, in Fargo), facendosi espressione della speranza di molti giovani che, chitarra alla mano, speravano di entrare in un mondo di pochi eletti, diventando quello che è stato Bob Dylan.
Tuttavia, A proposito di Davis non deve solo essere visto, ma anche ascoltato.
La meravigliosa musica è l’altra protagonista, una parte integrante della pellicola non solo per il tema trattato ma anche per la coraggiosa scelta di lasciare i brani nella loro interezza, aiutandoci a immergerci ancor di più nell’atmosfera di quel periodo e a farci vivere una musica lontana dalle nostre abitudini. E grazie agli interpreti, tra cui Isaac, Timberlake (che ha collaborato alla creazione della colonna sonora) e Mulligan, le performance sono così poetiche e bellissime che non annoiano mai. E sarà sempre alla musica, erta a missione profetica da parte del protagonista, che verrà affidato un grande risvolto narrativo in A proposito di Davis.
Llewyn torna al Gaslight, canta una commovente versione di Fare Thee Well dove, nel ritornello, alza il suo registro vocale per intonare la voce di Mike, così da ricongiungersi a lui e da colmare il vuoto lasciato dalla sua assenza, evocandolo sul palco al suo fianco. Come ai vecchi tempi. È il suo struggente canto del cigno, perché poco dopo arriva sul palco uno sconosciuto Bob Dylan. Scacciando i fantasmi del passato, però, muove finalmente qualche passo, esce dalla sua immobilità e guarda un’altra prospettiva, più alta, come il tono vocale che ha raggiunto. Adesso può voltarsi indietro senza rimanere impantanato nel passato, con la consapevolezza che il futuro lo attende.
Ecco perché A proposito di Davis è un film (disponibile su Prime Video e TimVision) coeniano diverso dai precedenti. Nonostante narri l’umana inadeguatezza e il male di vivere di una genialità ridotta a normalità, nonostante Llewyn sia abbattuto dalla sua stessa sconfitta e risulta essere un perdente, non è come tutti gli altri che i Fratelli ci hanno consegnato. Certo, siamo dentro una commedia nera in cui assistiamo ai fallimenti dell’umana stupidità che scivola facilmente nell’immoralità. Ma qui la freddezza e il distacco spariscono per lasciare spazio all’empatia. C’è un bilanciamento perfetto tra questi elementi proprio in Llewyn, così stratificato e, seppur causa del suo male, così umanamente riconoscibile, e in quelle scene, come il viaggio in macchina, che assumono pesi emotivi che forse non avevamo mai visto nel cinema del fallimento dei Coen. Con quella musica di sottofondo che come recita l’opera:
“Se non è mai stata nuova e non invecchia mai allora è una canzone folk.”