Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Animali notturni.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Animali notturni? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Amazon Prime Video (a noleggio su Google Play, Apple e Rakuten Tv), Animali notturni racconta di Susan Morrow, gallerista d’arte dalla vita apparentemente perfetta ma, in realtà, tremendamente insoddisfacente. Un giorno le arriva a casa un pacco contenente il romanzo scritto e inviatole dal suo ex marito, Edward Sheffield. Approfittando del suo essere sola, dato che l’attuale marito Hutton se n’è andato per il weekend a causa del lavoro, si immerge nella lettura del libro – che racconta di una vacanza finita in tragedia – in cui comincia a notare delle angoscianti similitudini tra la storia narrata in quelle pagine e il loro matrimonio fallito.
Tre sono i livelli narrativi che troviamo nell’opera di Tom Ford, facilmente identificabili dal cambio dell’ottima ed efficace fotografia: il presente, in cui Susan sta leggendo il romanzo di Edward; il passato, che ripercorre le tappe della loro relazione; la storia narrata nel libro. A sua volta, in Animali notturni si fondono diversi generi come il dramma, il noir, il melodramma romantico e il thriller psicologico, accompagnandoli con una colonna sonora che, a seconda delle scene, è tesa, dolce, potente, magnetica e che riesce ad adattarsi perfettamente a tutti i momenti del film. Sorretto da un montaggio ad hoc, una solida sceneggiatura e da attori capaci di incarnare al meglio la profonda psicologia dei loro personaggi (su tutti Amy Adams e Jake Gyllenhaal), Ford ci regala un racconto perfettamente bilanciato, ricco di sentimenti, critica sociale, dolore, vendetta e che non scende mai nella banalità.
Non è una storia semplice, ma è ciò che la rende unica. Gioia per gli occhi ma autentico pugno allo stomaco, magnificamente crudo e denso di significati, spietata elaborazione del dolore e viscerale racconto del suo superamento, Animali notturni è uno di quei film ingiustamente sottovalutati, che va assolutamente recuperato. E dopo averlo fatto, vi aspetta la nostra analisi approfondita.
SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di Animali notturni
L’inizio di Animali notturni è straniante. Ci sono delle donne anziane e obese, nude e con solo qualche accessorio, che ballano fino a quando non cadono a terra, colpite da qualcuno. È solo un’installazione artistica, ma in realtà rappresenta molto di più. Tom Ford rivelò in un’intervista che quei corpi volevano incarnare l’America contemporanea, descritta come: “golosa, triste, invecchiata, sovraffaticata e stanca”. Studiata per metterci a disagio e per avere un repentino impatto su di noi, quei corpi sono l’eccesso, la debolezza, la perdita di controllo, il consumismo, l’opposto degli standard di bellezza della società. Eppure, allo stesso tempo, danno un grande senso di libertà, perché quelle donne non si vergognano della loro fisicità, ammiccano sensualmente e vanno fiere della loro femminilità. Quasi fosse una vendetta contro i pregiudizi, rompendo quei rigidi schemi di bellezza e di controllo. Gli stessi che Susan – ideatrice dell’installazione – voleva rompere quando sposò Edward; quelli a cui ha aderito nel momento in cui l’ha lasciato. È lei, bellissima come una dea, ad essere incatenata alla società, non quelle donne.
Dunque, già da questa prima scena emerge quella vendetta che colorerà Animali Notturni e si abbatterà proprio su Susan, sottoforma del romanzo di Edward.
Il personaggio di Amy Adams è una donna ricca di contraddizioni. Detesta sua madre, non vuole diventare come lei, ma le scelte che compie non fanno che ricalcarne le orme. Arriva così a disprezzarsi, a vivere una vita infelice nonostante i traguardi raggiunti e che la prosciuga persino del grande amore che ha per l’arte. Vuota, rigida e dagli occhi spenti, Susan indossa sempre abiti alla moda, accessori ingombranti e un trucco molto marcato. Immersa in un universo pieno di illusioni, così luminoso che acceca, e che incarna tutto ciò che da giovane teneva lontano, non si mostra mai per quel che è, ma per come deve essere. Figlia di un mondo borghese dove non può sbagliare e in cui tutto è già deciso, Edward era il suo atto di ribellione. Provò a spronarlo, a sostenerlo e a incitarlo nello scrivere quel libro che tanto desiderava. Puntò tutto sul successo del partner, che però non arrivava mai.
L’ambizione della donna e l’essere sempre un passo indietro dell’uomo convincono Susan a lasciarlo, scaricando tutte le colpe di questo fallimento sul personaggio di Jake Gyllenhaal, che non è cresciuto professionalmente e che viene da lei considerato un debole.
Cosa che la spinge tra le braccia di un uomo che è l’opposto del suo ex. Edward, infatti, è romantico e accondiscendente, considerato fragile perché incapace di affermarsi. Hutton, invece, è sicuro di sé, totalmente concentrato sul suo aspetto, il classico maschio Alfa che però si rivela un traditore seriale che non le sta mai vicino. E la differenza tra i due uomini, appartenenti a mascolinità differenti, è rappresentata dalla loro casa. Tutta l’intimità e l’accoglienza dell’appartamento di Edward e Susan svaniscono nell’impersonale e neutra villa di Hutton. L’ingresso del romanzo in quella lussuosa dimora sconvolgerà la routine di Susan in Animali notturni, venendo completamente rapita da un racconto dal quale si sviluppano due ulteriori piani narrativi: quello del romanzo e quello dei flashback.
Una tripartizione che, poi, si espande anche a livello visivo.
La cromia cambia quando passiamo da una linea all’altra. Il presente di Susan è freddo, asettico, pieno di spazi vuoti e di solitudine, stracolmo di oggetti lussuosi ma privo di persone veramente importanti. I colori che prevalgono, infatti, sono il bianco e il blu, con Ford che si concentra tantissimo sugli occhi glaciali e malinconici di Amy Adams. Il passato di Edward e Susan, invece, ha una fotografia calda e satura, dominata dall’arancione, in cui l’amore giovanile esplode in mille intense sensazioni. Il racconto del romanzo, infine, è polveroso, rosso sangue, arido e asfissiante, incentrato sullo sguardo straziato di Jake Gyllenhaal. Ci sono poi diverse scene speculari tra libro e realtà, come il momento in cui Susan e Tony fanno la doccia, la loro stessa posizione a letto e quella del cadavere della moglie di Tony e della figlia di Susan. Qui si inserisce un altro elemento importante, ovvero il divano rosso. Lo stesso dal quale Susan criticava i lavori di Edward. Il contrasto tra il colore dell’oggetto e il pallore dei cadaveri è un’immagine raccapricciante e artistica allo stesso tempo, poiché mette in luce l’universo ripugnante dietro quel mondo borghese che ha inghiottito e svuotato la stessa Susan.
Questo perché emerge in Animali notturni un ambiguo e inquietante connubio tra bellezza e brutalità. Lo si vede con il fascino regale di Amy Adams, la cui Susan non è una donna di mezz’età trasandata ma magnetica come poche altre volte; con Ray, sporco e lurido quanto vogliamo, ma che non cancella l’avvenenza di Aaron Taylor-Johnson. E l’arte, allora, diviene specchio che ci permette di rileggere noi stessi, prendere coscienza delle nostre azioni e operare una salvifica catarsi.
Facciamo, però, prima un passo indietro. Abbiamo nominato Tony, il protagonista del romanzo di Edward intitolato proprio nel modo in cui quest’ultimo chiamava Susan, animale notturno che non riusciva mai a dormire.
La donna riconosce in quel personaggio l’anima docile del suo ex marito e quelle caratteristiche che tanto amava di lui ma che poi sono state la causa della loro rottura. Tony è mite e fiducioso, non riesce a proteggere le sue donne e viene chiamato debole da Ray e gli altri balordi. Crudele nella sua dolorosa tragicità è il momento in cui madre e figlia chiamano disperatamente un Tony impietrito e bloccato, che rimane a guardare la macchina sgommare via. La stessa auto davanti alla quale Susan lasciò Edward. Ecco che, dunque, la donna è presente nel romanzo in doppia veste: è l’amata moglie di Tony e la scelta di Isla Fisher per interpretarla, così simile a Amy Adams, ne è un chiaro indizio; è anche quei tre malviventi, incarnando quel lato borghese che ha distrutto il loro matrimonio.
Non viene mai mostrato direttamente il dolore di Edward, ma emerge attraverso quello di Tony. Del resto, la morte della moglie e della figlia di quest’ultimo incarnano quello che poteva essere con Susan nella realtà. Se ne rende conto anche la donna, leggendo quelle pagine, della sofferenza che ha inflitto a Edward e dell’inferno in cui si è messa da sola. Comprende che il romanzo è in realtà la storia del loro passato, che fa male così come la carta con cui Susan si taglia quando apre il pacco contenente la copia del romanzo. Lì l’Edward di Jake Gyllenhaal riversa tutta l’angoscia vissuta, con una violenza così potente da sembrare reale e con quelle ambientazioni aride e secche, perché ormai l’uomo ha perso quell’aria sognante che aveva nei flashback. Disincantato dalla vita, capisce che l’unico potere che ha nelle sue mani è la vendetta. Anche se non lo soddisfa a pieno.
La vendetta si compie in varie modalità in Animali Notturni: c’è quella ottenuta da Tony nel libro; quella doppia di Edward che trasmette a Susan il dolore che gli ha causato con un romanzo che, per di più, la impressiona; quella tagliente che troviamo nel finale. Infatti, se nel romanzo Tony smette di essere debole uccidendo Ray, nella realtà Edward lo fa non presentandosi alla cena con una Susan spogliata di quel costume che indossa giornalmente, per mostrarsi la ragazza un tempo amata dall’uomo. In questo modo, il personaggio di Jake Gyllenhaal riscrive la sua immagine, smette di essere affidabile e prevedibile e riesce finalmente a tenere testa alla donna. Ha finalmente chiuso il cerchio ed è pronto a un nuovo capitolo della sua vita, dove non ha più bisogno di Susan.
E l’assenza di Edward è più rumorosa di qualunque altra presenza.
In fondo, quello raccontato in Animali notturni è quel tipo di amore sbagliato in cui si può essere solo prede o cacciatori. Ci sono molti rimandi alla caccia nel film, come l’installazione di un bovino colpito dalle frecce, una foto di un uomo che spara a un altro con un fucile, la scritta “revenge” che nota Susan in un’opera della sua galleria. Ma ci troviamo di fronte anche a una storia nella storia, osservata con gli occhi del personaggio di Amy Adams. Viene dunque da chiedersi se le scene del romanzo siano scaturite soltanto dalla mente di Edward o se siano contaminate dalla percezione della donna. È anche vero che una storia d’amore ha sempre due punti di vista e ognuna delle parti possiede la propria versione di quel che è successo. Ed è ciò che ci restituisce la pellicola di Ford, un intreccio metanarrativo letto da entrambi i lati.
Perché questo non è altro che un film sul potere delle storie e sul loro modo di chiudere un vuoto o riaprire una ferita non del tutto rimarginata. Uno di quelli in cui cinema e letteratura si intrecciano così perfettamente da restituirci un’esperienza unica, indimenticabile e che porteremo sempre con noi.