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5 grandi attori over 60 che non hanno mai vinto l’Oscar

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Quella statuetta… scintillante. Maestosa. Ambita. L’Academy Award, meglio conosciuto come il Premio Oscar, premia da quasi 100 anni (la prima assegnazione, infatti, risale al 16 maggio 1929) il prestigio cinematografico all’interno di Hollywood (e non solo). Attori e attrici, registi e registe, sceneggiatori e sceneggiatrici, produttori e produttrici, costumisti e costumiste. Tutte le professionalità all’interno dell’enorme macchina del cinema vedono, nell’ambito Premio, un punto fermo nella propria carriera.

Anche per noi comuni mortali (e malati di film e serie, ma non soffermiamoci sui dettagli), gli Oscar sono un appuntamento fisso. Facciamo previsioni sulle candidature. Scommettiamo sui vincitori e sulle vincitrici. Contiamo fra quanti anni Di Caprio si porterà a casa un’altra statuetta. Tifiamo per i nostri candidati preferiti. Ci rimaniamo male quando le nostre aspettative non vengono ripagate. Gioiamo per i vincitori, specialmente quando meritati. Eppure, alla fine, ci divertiamo a prendere parte alla celebrazione dell’arte cinematografica tutta.

Gli attori rappresentano per noi il volto noto, quello a cui prima associamo una data pellicola. Ergo, il Premio al Miglior Attore o alla Migliore Attrice (come al Non Protagonista) è quello a cui più facilmente facciamo riferimento. Tuttavia, tra gli innumerevoli talenti attoriali che vengono candidati, alcuni sono stati ignorati per molto tempo (o lo sono tutt’ora). Tra questi, anche molti attori over 60, che, solo a pensarci, impallidiamo. Al che ci viene spontaneo chiedere:

In che senso non hanno mai vinto il Premio Oscar?

1) Richard Gere

Richard Gere

Tra gli attori over 60 che non sono riusciti ad accaparrarsi la Statuetta, c’è proprio Richard Gere. Arrivato alla fama internazionale con American Gigolò (Paul Schrader, 1980), Richard Gere ha saltato tra praticamente tutti i generi cinematografici. Ufficiale e Gentiluomo (Taylor Hackford, 1982), I giorni del cielo (Terrence Malick, 1978), Pretty Woman (Garry Marshall, 1990), Schegge di paura (Gregory Hoblit, 1996 – di cui vi lascio anche la nostra recensione) e, forse il mio preferito di tutti, Chicago (Rob Marshall, 2002). Questi solo alcuni dei filmoni in cui ha recitato e quasi tutti hanno goduto di onorificenza varie, tra cui molti Oscar. Chicago, ad esempio, candidato in ben tredici categorie, se n’è portati a casa sei.

Eppure il nostro Richard non si è conquistato neanche una candidatura. Bafta, Golden Globe, Screen Actor Guild Award, Emmy Award, David di Donatello. Pensate ad un grande Premio e quasi sicuramente Richard Gere è stato candidato o lo ha vinto. Eppure l’Academy l’ha sempre snobbato.

Nessuno riesce a darsi spiegazione di questa lacuna nel suo curriculum. E non mi riferiscono alla sua carriera, ma al mancato riconoscimento fattole da un’istituzione quale l’Academy. Ho citato solo alcuni dei migliori film (e interpretazioni) di Gere, eppure solo da questi possiamo capire l’impatto che ha avuto. Le parti che ne hanno segnato la carriera sono parecchie. Pretty Woman ormai è un cult. Schegge di paura ha permesso a un giovane Edward Norton di brillare e farsi notare dalla scena (infatti, ha ricevuto una candidatura per il Migliore Attore non protagonista). Chicago ha fatto la storia dei musical cinematografici. Vedo sempre lo stesso elemento in comune: Richard Gere.

2) Harrison Ford

Harrison Ford

George Lucas. Steven Spielberg. Ridley Scott. Francis Ford Coppola. J.J. Abrams. Denis Villeneuve. Questi sono solo alcuni nomi di spicco nell’albo delle collaborazioni che costellano la carriera di Harrison Ford. Il “Re dei Franchise”? Beh si, ma non solo. Certo, Han Solo, Indiana Jones, Rick Deckard hanno forgiato Ford e l’hanno reso noto in tutto il mondo. I nomi di questi personaggi non possono non essere associati al volto di Ford. L’impatto di questi universi narrativi sulla storia del cinema e sul modo di fare cinema è stato, senza ombra di dubbio, non indifferente.

Harrison, noto per la sua schiettezza, ha spesso dichiarato ironicamente (ma neanche troppo) che i franchise fanno soldi e a lui i soldi piacciono. D’altronde, come dargli torto. Ora è pure sbarcato anche nel Marvel Cinematic Universe nei panni del generale Ross (prendendo il posto del compianto William Hurt). Chissà se il suo ingresso ribalterà le sorti delle future uscite da casa Marvel.
Non credo, però, che essere il “Re dei Franchise” abbia inciso sui riconoscimenti ricevuti o meno. Film come Witness (Peter Weir, 1985), Mosquito Coast (Peter Weir, 1986) oppure Il fuggitivo (Andrew Davis, 1993) gli sono valsi numerose candidature tra Golden Globe, Bafta e anche Academy.

Per quest’ultimo, però, nel corso della sua carriera ha ricevuto solo una nomination, quella per il Migliore Attore Protagonista per la sua interpretazione del detective John Book in Witness. Spoiler: dato che sta in questa lista, non ha vinto. Potremmo dire, invece, che Harrison Ford si conquista il premio di “Re delle candidature”.

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