La trentesima pellicola dell’MCU si apre su una grande perdita e sul vuoto che questa si lascia dietro, il seguito di Black Panther deve fare i conti con la morte reale del suo protagonista, Chadwick Boseman. E per riuscire a chiudere bene il suo arco e a rendergli omaggio, il sequel decide di “uccidere” il suo alter-ego, il re T’Challa e di dedicargli metaforicamente l’intera pellicola. Per tutta la durata del film, infatti, l’assenza di Black Panther e dell’attore che ne ha vestito i panni influenza la storia degli altri protagonisti e persino noi spettatori a cui scende, inevitabilmente una lacrimuccia qua e là.
Black Panther: Wakanda Forever, disponibile da poco su Disney Plus, è così un vero e proprio omaggio, lungo quasi tre ore alla famiglia, ai legami e all’eredità che ci lasciamo dietro. E se il messaggio del film risulta sempre toccante, la costruzione narrativa non riesce a tenere duro per tutte e tre quelle ore sopra citate. L’assenza di Chadwick si sente e il carisma degli altri attori, se non per quanto riguarda la Bassett, non è tale da riuscire a compensare.
ATTENZIONE! La recensione contiene SPOILER di Black Panther: Wakanda Forever, se non avete ancora visto la pellicola tornate più tardi.
Il film ha inizio con la morte (off-screen) di T’Challa, dovuto a una grave malattia che sua sorella Shuri non è riuscita in alcun modo a curare nonostante in numerosi tentativi di ricreare la pianta a forma di cuore. Morendo T’Challa, muore anche Black Panther e il Wakanda perde in tal modo sia la propria guida che il proprio protettore. Un anno, troviamo la nazione in una situazione di instabilità dato che gli altri paesi sono più che intenzionata impadronirsi del vibranio per i loro scopi. Senza la pianta a forma di cuore, non può nascere una nuova Black Panther ma Shuri non ha intenzione di continuare le ricerche, complice sia il fallimento nel salvare il fratello sia la convinzione che ormai Black Panther appartenga al passato. Succede quindi che la strada del Wakanda si incroci con quella del regno di Talocan e del suo re. Namor, il cui unico obiettivo è quello di proteggere il suo popolo marino dalle pressioni della gente della terraferma, chiede aiuto a Shuri e alla regina Ramonda.
Scopriamo quanto Namor odi il mondo in superficie, che lo ha rifiutato quando era piccolo, e come il suo proposito sia quello di distruggerlo, poco importa che il Wakanda finisca in mezzo a questa guerra. Durante la battaglia che ne segue, la regina Ramonda muore annegata e così Shuri, accecata dall’odio e dalla vendetta, riesce a utilizzare un residuo dell’erba dei Talocani (?), la stessa che ha dato loro abilità subacquee, per ricostruire sinteticamente l’erba a forma di cuore. Black Panther rinasce così in Shuri. Ma la ragazza nasconde un lato oscuro, reso manifesto nel Piano Astrale dall’incontro con Killmonger.
Sempre più amareggiata e confusa, per non aver rivisto i suoi cari nella visione onirica, Shuri sembra pronta a tutto per vendicarsi di Namor.
Nello scontro che segue tra Wakanda contro Talocan, Shuri ha l’occasione di uccidere Namor ma, infine, gli risparmia la vita ricordando tutti gli insegnamenti del fratello maggiore. Viene così stretta un’alleanza volta a proteggere entrambi i popoli contro qualsiasi tentativo di interferenza dalle altre nazioni. I titoli di cosa riservano, come sempre, una piccola sorpresa. Shuri va a fare visita a Nakia ad Haiti, dove scopre che la donna e suo fratello hanno avuto un figlio in gran segreto il cui nome wakandiano è proprio T’Challa. Che ripercussioni avrà questa scoperta nel futuro? Non si sa ancora nulla, dato che non è nemmeno certo che un terzo capitolo si farà.
Black Panther: Wakanda Forever funziona quindi? La risposta è ni.
La lunghezza del film si sente fin troppo, a causa anche, lo abbiamo detto all’inizio di questa recensione, dell’assenza di un protagonista carismatico quanto Boseman. Lupita Nyong’o è stata completamente dimenticata, a lei vengono riservate poche battute e scene dimenticabili. Letitia Wright non possiede abbastanza presenza scenica da farsi spacciare per nuova Black Panther e Angela Bassett, per quanto bravissima come sempre, non può da sola portare il peso dell’intera baracca.
Ciò che viene fuori è un mosaico con tanti pezzettini scomposti e messi insieme in maniera raffazzonata. A tutti i personaggi viene dato spazio ma non è sufficiente per trasmetterci una reale evoluzione del loro arco narrativo. Black Panther funziona nel complesso ma solo a una occhiata superficiale e più lo si guarda da vicino, più sono visibili i punti in cui i pezzetti sono stati incollati tra loro malamente. I personaggi nuovi risultano, il più delle volte, inseriti a forza nelle vicende: Riri Williams è il vicino di casa che si ritrova non si sa come alla festa e ci rimane senza che nessuno ci faccia veramente caso; Namor è un villain non villain, privo del fascino dei cattivi e della complessità degli antieroi; Talocan è un mondo meraviglioso, che emerge grazie al lato tecnico di questo film, ma non ha nulla da dire davvero.
Black Panther: Wakanda Forever è un ripiego, è l’idea numero 2 che ha vinto a causa di un evento molto triste ma che rimane inevitabilmente ancorata al fantasma di Chadwick Boseman. Il fatto che le parti migliori del film siano, quasi tutte, quelle legate all’attore la dice lunga su questo sequel.