Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Blue Jasmine.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Blue Jasmine? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile fino al 19/12 su Infinity (a noleggio su Timvision, Prime, Apple e Chili), Blue Jasmine ripercorre la vita di un’affascinante ed elegante donna dell’élite newyorkese che, dopo aver sguazzato nel lusso più sfrenato per moltissimi anni, ha perso tutto a causa della bancarotta del fraudolento marito Hal, morto suicida in carcere in seguito alle accuse di truffa. Dopo un crollo nervoso, Jasmine viene ospitata dalla sua sorella meno abbiente, Ginger, nella sua casa di San Francisco. Ma il suo disprezzo per la modesta esistenza che conduce quest’ultima non solo crea profonde fratture tra le sorelle, ma la porta a individuare, tra una crisi di nervi e l’altra, in un uomo ricco e gentile il biglietto vincente che le farà riconquistare il suo vecchio stile di vita. Mentre menzogne e rivelazioni sorprendenti usciranno allo scoperto, ce la farà Jasmine a tornare nel lusso, oppure si sta solo illudendo?
Nella sua quarantatreesima, essenziale e atipica pellicola, Woody Allen dipinge uno dei personaggi femminili più complessi della sua filmografia, rappresentando il dramma di una donna ossessionata da una vita lussuosa alla quale non può rinunciare, anche rischiando la sanità mentale. Grazie alla perfetta costruzione narrativa che alterna passato e presente e all’estrema cura dei dettagli, si coglie subito il peso della disfatta su Jasmine, che ormai non sa più assumersi responsabilità o rapportarsi al mondo reale. Straordinaria è Cate Blanchett che ci mostra ogni più piccola sfumatura di Jasmine, rendendo questa donna contemporaneamente da disprezzare e meritevole della nostra empatia. Non è un caso che abbia vinto Oscar, Globe, BAFTA, Screen Actors e sia stata nominata in moltissimi altri premi.
A sostenere la Blue Jasmine (il colore evidenzia lo stato d’animo della donna) della Blanchett, rendendo ancor più impattante la sua performance, c’è la raggiante Sally Hawkins nei panni di Ginger e il trio maschile Bobby Cannavale, Peter Sarsgaard e Alec Baldwin. E una volta visto il film, vi invitiamo a leggere la seconda parte del pezzo, incentrata proprio sull’analisi di Jasmine.
SECONDA PARTE: L’analisi della protagonista di Blue Jasmine (con spoiler)
Woody Allen non è nuovo alla costruzione di personaggi femminili che sono diventate vere e proprie icone cinematografiche, impersonate da alcune delle attrici migliori al mondo: da Diane Keaton a Scarlett Johansson, passando per Dianne Wiest, Mia Farrow, Barbara Hershey e Penelope Cruz. Che siano presenti in comedy leggere o con sfumature drammatiche, sono talmente sfaccettate che solitamente diventano il centro di ogni opera alleniana. E, azzardiamo a dire, forse la più complessa di tutte è proprio la Blue Jasmine della splendida Cate Blanchett.
A livello psicologico, la donna sembra essere contraddistinta da un disturbo narcisistico di personalità, con tratti istrionici.
Jasmine adora essere al centro dell’attenzione e usa il suo aspetto fisico per non passare inosservata. Si percepisce come perfetta, pensa di essere privilegiata e per questo si aspetta di essere trattata come tale. Ciò è riconducibile non solo alla sua idealizzazione del mondo dei ricchi, ma al modo in cui le persone della sua vita si sono sempre rapportate a lei. In particolare, la madre adottiva aveva per le due sorellastre uno sguardo diverso: mentre Ginger era destinata a una vita modesta essendo priva di qualità, la bella ed elegante Jasmine era quella con i geni buoni e, dunque, l’aspettava un grande futuro. Così facendo, però, la ignora come soggetto, la spinge all’alienazione e a credere che solo l’arrivo del ricco principe azzurro possa portarla in salvo e darle la vita che merita. Ed ecco che Jasmine si trasforma in un oggetto d’arredamento che il ricco Hal può sfoggiare a suo piacimento, all’interno di un destino che lei, in fondo, non ha scelto pienamente.
Finché arrivano i soldi in Blue Jasmine, la donna chiude un occhio sui traffici loschi e sui tradimenti del marito; in più, quando incontra Dwight, è evidente come farà di tutto per conquistarlo, valorizzandosi in base a come pensa che lui la voglia, non a come è realmente. Diventando così lo strumento della sua rovina.
Jasmine, poi, si serve spesso dell’inganno, della menzogna e della manipolazione per raggiungere i suoi obiettivi, senza badare troppo alle conseguenze delle proprie azioni e mancando di rimorsi ed empatia. In pratica si avvale del concetto della negazione: è un meccanismo difensivo psicologico messo in atto per alleviare situazioni di stress, in cui la persona si rifiuta di riconoscere o di ammettere qualcosa della realtà e/o di sé stessa, che, invece, è evidente agli occhi altrui, perché potrebbe causarle conseguenze spiacevoli. Il personaggio di Cate Blanchett lo usa da quando era solo una ragazza, trasformando ad esempio il suo nome Jeanette nel ben più elegante Jasmine. Nasconde poi la verità sul suo passato al marito che, una volta saputa, vuole lasciarla per un’altra donna. Si scopre, allora, che a denunciare Hal all’FBI è stata proprio lei, provocando così il suo arresto e il suo suicido. Eppure, anche dopo queste azioni e il fallimento del suo matrimonio, continua a negare.
Infatti, sua sorella Ginger, non così fortunata economicamente o fisicamente ma che non confonde la dignità umana con il denaro ed è in grado di apprezzare la sua vita così com’è, parla di lei con questi termini:
“Quando Jasmine non vuole sapere qualcosa ha l’abitudine di guardare dall’altra parte”.
E per il personaggio di Cate Blanchett è diventata un’abitudine tale che ha perso la capacità di apprezzare le possibilità che le offre il mondo, come l’affetto di Ginger, un lavoro onesto e il poter ricominciare da zero. In Blue Jasmine, lei è sia vittima che fautrice del suo inganno, lo usa per sostituire il lutto e la perdita, ci costruisce la sua identità. Le dà l’impressione di una solidità, così da non rivelarlo perché altrimenti cadrebbe a pezzi. Jasmine, infatti, è estremamente fragile. È ansiosa, ha attacchi di panico, tende ad entrare in stati dissociativi – e parlare da sola – quando si sente strana o pensa di avere comportamenti inadeguati. Non tollera le emozioni forti, dipende dagli antidepressivi, è confusa, instabile e senza più niente, costretta ad accettare un lavoro che non ritiene alla sua altezza e una vita che pensa non le appartenga.
Lei, però, è anche un simbolo in Blue Jasmine: attraverso questa donna, Woody Allen metaforizza e fotografa la società americana dell’epoca.
Le aride relazioni di Jasmine rappresentano quelle dell’intera classe affarista, che si è dimenticata dei valori, delle emozioni e dell’amore, portando avanti un modello di vita basato sul consumismo e sul puro materialismo. Lei, infatti, è troppo presa dalla sua esistenza lussuosa e senza problemi, preferendo non vedere le truffe di Hal (che tra l’altro avevano colpito anche l’ex marito di Ginger, danneggiando dunque la sua stessa famiglia). Perché così si sente al sicuro. Continua ad appellarsi al suo lato narcisistico, alla sua presunta superiorità verso la normalità, avendo aggressivi attacchi di rabbia quando qualcuno prova a riportarla alla realtà e a toglierle il velo dell’inganno dagli occhi. Non è in grado di comprendere il suo errore; non è in grado di crescere e raggiungere fasi più complesse e soddisfacenti della sua vita.
Così, si giunge a quel finale accompagnato dalla musica di Blue Moon – la canzone del primo incontro tra Hal e Jasmine e leitmotiv del film di Woody Allen – dove una Cate Blanchett in lacrime e con i capelli bagnati, ormai in piena crisi psicotica, dice le ultime parole della pellicola:
“Blue Moon…una volta conoscevo le parole, le parole, ora sono sottosopra”.
Quel momento malinconico rivela tutta la tragicità di questa donna: non così cattiva come appare, è vittima della sua stessa fragilità e della sua incapacità di affrontare la verità. Ecco perché si è costruita un mondo di fantasia, dove tutto è su misura per lei e dove prova a riappropriarsi di un destino di cui è veramente padrona solo nella sua desolante solitudine. E quella favola principesca si è ben presto trasformata in un incubo, perché Woody Allen, Cate Balnchett e Blue Jasmine ci insegnano che non possiamo sfuggire dalla realtà. O si finisce come lei: distrutti, bagnati, disillusi, soli.