Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Blue Valentine.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Blue Valentine? Ecco la risposta senza spoiler.
È il racconto di un epilogo quello di Blue Valentine, disponibile su Amazon Prime Video (a noleggio su Apple Tv e Chili). Lei infermiera e lui operario, Cindy e Dean sono una coppia sposata sulla trentina che, con una figlia e un cane, formano la classica famiglia ordinaria, chiusa nella solita noiosa routine che lentamente soffoca il loro amore e che è capace di distruggere anche i legami più profondi. Non è rimasto niente della passione travolgente dei tempi in cui si innamorarono, quando lei era una studentessa di medicina e lui lavorava in una ditta di traslochi. Ma è davvero troppo tardi per loro? Non è possibile ricongiungere quei cammini che si stanno pericolosamente allontanando? Se lo chiede Dean che porta Cindy in un motel, in un ultimo disperato tentativo di salvare la loro relazione.
La storia che narra Derek Cianfrance in Blue Valentine è cinematograficamente anticonvenzionale, ma estremamente reale. Non è la tipica fiaba hollywoodiana: è il racconto del naufragio di un matrimonio; l’indagine oggettiva e senza giudizi di un fallimento dove nessuno dei due ha ragione, né più colpe dell’altro. Con tutte le emozioni che questa situazione comporta. Eppure, Blue Valentine non si esaurisce solo nella trama romantica, ampliando lo spettro dei sentimenti umani, soprattutto per quanto riguarda la genitorialità, importantissima all’interno della pellicola.
Magnificamente diretto, scritto e interpretato (monumentali Ryan Gosling e Michelle Williams che ricevettero diverse nomination per la loro performance), Blue Valentine è fin troppo sottovaluto, complice l’arrivo in Italia con ben tre anni di ritardo. È il momento, dunque, di rimediare a questa ingiustizia e di leggere poi la nostra recensione.
SECONDA PARTE: La recensione (anche un po’ tecnica) di Blue Valentine
Narrando il drammatico racconto della fine di un progetto di vita su cui erano state poste tante aspettative, Blue Valentine si addentra profondamente e onestamente nel rapporto logoro tra Dean e Cindy, consumato tra sguardi, abbracci, parole non dette e dove un viaggio in macchina diviene l’emblema nostalgico di ciò che un tempo funzionava e che oggi si è definitivamente rotto.
Quel prima rappresentato da due giovani che si incontrano casualmente e, conoscendosi, si innamorano. Nonostante le differenze.
Dean non ha mai finito la scuola, cosa che lo porta ad accettare qualsiasi lavoro disponibile; è cresciuto senza una madre poiché quest’ultima l’ha abbandonato da piccolo, ma non ha mai perso le speranze di trovare il grande amore. Cindy, invece, studia per coronare il sogno di diventare un medico; la sua famiglia è tanto problematica quanto quella di Dean, è disillusa e imprigionata in una relazione tossica con un compagno d’università. Seppur le premesse non siano delle migliori, quell’incontro cambia le loro esistenze per sempre e vivono il primo periodo all’insegna della spensieratezza, della gioia, della gioventù giocosa e libera. Tutto ciò è reso tecnicamente dall’uso di colori caldi, di luci diffuse e della camera a mano, così da avere inquadrature ampie che comprendessero sia i personaggi, sia il paesaggio.
Simbolo di quel che erano in Blue Valentine è la bellissima scena dell’autobus sotto la pioggia (che richiama l’intramontabile Accadde una Notte di Frank Capra): un mix di paura, determinazione, sfrontatezza e voglia di vivere. Proprio con quest’ultima Dean conquista Cindy, perché in quella lei riesce a scorgere la possibilità di creare il mondo che desidera e in cui riporre le speranze per il futuro; quelle che i suoi genitori continuano a spezzare e che sua nonna, invece, la incita a seguire strenuamente. E allora Cindy si aggrappa a Dean e viceversa, cercando di salvarsi dall’infelicità e, per un po’, ci riescono pure.
Il presente, però, squarcia il velo illusorio dai loro occhi in Blue Valentine, facendoli appassire emotivamente.
I colori caldi e morbidi lasciano il posto a tonalità fredde e asettiche; i campi medi a primi piani ravvicinati e claustrofobici. Per rendere ancora più reale l’atmosfera di frustrazione in cui sono immersi i protagonisti, Gosling e Williams hanno davvero trascorso un mese nella casa in campagna di Dean e Cindy; in più Cianfrance li ha obbligati a vivere con lo stipendio di un’infermiera e di un operaio, così che potessero davvero comprendere lo stress di mandare avanti una famiglia quando si fa fatica ad arrivare a fine mese. Ed è uno dei motivi che contribuiscono all’insoddisfazione delle loro esistenze e che portano allo sgretolamento del rapporto tra i personaggi, assieme alla trasformazione nelle loro paure più grandi.
Cindy è succube di un uomo simile a suo padre: alcolizzato, violento, fallito e preda di scatti d’ira che lo spingono persino ad aggredire il suo capo, intervenuto per sedare un litigio della coppia. Di conseguenza, Dean non solo vive una vita che non vuole senza capire come c’è arrivato, ma non riesce a essere il buon padre di famiglia che aveva promesso a sua moglie.
I due vengono così messi a confronto, indagati, condotti in un viaggio intimo della psiche umana grazie allo stile di Cianfrance, che porta in Blue Valentine il suo background documentaristico. Al regista occorre poco, un’inquadratura, uno stacco, una scena per scuotere e far battere il cuore; basti pensare alla costruzione del controcampo di Dean alla casa di riposo, la cui dolcezza del passato è bilanciata dalla tensione lancinante del presente. La macchina da presa poi si muove perfettamente avanti e indietro nel tempo, inseguendo, rincorrendo, quasi pedinando Dean e Cindy. Costringendoli a pensare alla loro storia andata a rotoli, a chiedersi: quand’è che hanno iniziato a vedere il partner come un estraneo?
Trattando un argomento tanto familiare quanto complicato, il regista opta per la strada migliore: il realismo.
Di solito, quando una relazione finisce, è perché qualcosa si è spezzato senza un motivo chiaro e razionale. E nemmeno un figlio può rimediare, anzi. Semplicemente succede. Allora è inutile domandarsi la causa; così Cianfrance si limita a mostrare le conseguenze di una rottura, il dolore che ne deriva, la rabbia di chi è diviso tra il combattere ostinatamente o il rassegnarsi definitivamente, senza giudicare. Lo fa trasfigurando i suoi personaggi, mettendoli a contrasto con chi erano e con cosa sono diventati, perché appunto quella che racconta è una storia sulle conseguenze dell’amore e le aspettative deluse. Lo fa imprimendo sulle immagini la bellissima colonna sonora firmata dalla band indie Grizzly Bear, tanto malinconica quanto delicatamente dolce.
Però, senza togliere nulla al regista, ciò che rende davvero grande Blue Valentine sono i due attori protagonisti, le colonne portanti del film, che da soli valgono il prezzo del biglietto.
Ryan Gosling e Michelle Williams brillano nei loro ruoli e trasmettono con un’intensità schiacciante le emozioni dei loro personaggi attraverso espressioni, gesti, decisioni e tensioni. Poche volte sullo schermo è apparsa una coppia così talentuosa; ancor più raro è che le interpretazioni siano così equivalenti da non sapere chi sia effettivamente il migliore. L’Academy premiò Williams, candidandola come Miglior Attrice Protagonista e ignorando l’eccezionale performance di Gosling. Travolge, infatti, con il suo Dean, riuscendo a rappresentarne da un lato l’irruenza, la spensieratezza e la romanticheria di un giovane bello, pulito e affascinante; dall’altro la disillusione, la frustrazione, la pesantezza di un uomo stempiato, brutto e irriconoscibile.
Blue Valentine, infatti, è una profonda riflessione sul tempo che cambia corpi e menti.
Se per Gosling il cambiamento fisico è evidente, per Williams (che anche imbruttita rimane angelica) esso si trova nel rapporto con il marito e, di conseguenza, con la vita. Così espressiva e leggera in gioventù quanto cruda nel presente, la sua solarità e spontaneità viene coperta dalle nuvole della delusione, da una corazza rigida che indossa per difendersi. Dagli altri, dal marito, da sé stessa, dalla realtà. E la notte in quel motel non basta a ricucire lo strappo. È Dean a dirlo senza fronzoli in una delle scene più significative e vere, quando la moglie gli rimprovera di non sfruttare il suo potenziale e lui risponde: “Potenziale di cosa? Di trasformarsi in cosa?”. Poche parole che fanno capire a Dean – ma anche a Cindy – di essere solo, perché lei non riesce a vederlo per quello che è, ma solo per ciò che fa.
Per loro, per una storia così reale, spesso il lieto fine non è possibile. Cindy rompe il circolo vizioso di prevaricazione, cosa che non era riuscita a sua madre. Trova il coraggio di chiudere il matrimonio con Dean pur di non far vivere alla figlia la sua stessa, traumatica infanzia: una soluzione che può non essere la migliore, ma è l’unica percorribile.
E anche se Blue Valentine non termina con il classico happy ending, anche se è una discesa in un incubo senza fine, regala scorci romantici e felici, resi ancor più preziosi se comparati agli orrori della vita. Perché per ogni uomo che piange, ce n’è uno che suona l’ukulele in piena notte, per una ragazza. Istanti di bellezza unica e di sentimento puro, romantico, mai melenso, che celebrano quell’amore a cui nessuno può rinunciare, che segna in modo indelebile, seppur ferisce. Ed è questo il potente messaggio di un film per cui, forse, sarebbe appropriata la parola capolavoro.