Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Buon compleanno Mr. Grape.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Buon compleanno Mr. Grape? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Amazon Prime Video e Paramount+, Buon compleanno Mr. Grape è ambientato nell’anonima cittadina di Endora, in Iowa. Lì vive Gilbert Grape, un giovane che, dopo il suicidio del padre, si è dovuto farsi carico della sua famiglia composta da due sorelle, il fratellino Arnie affetto da autismo e la madre in sovrappeso che non esce di casa da anni. La sua vita, fatta del suo lavoro in drogheria, della relazione con una donna sposata e del prendersi cura incessantemente di Arnie, viene scombussolata dall’arrivo di Becky. Sarà lei a fargli comprendere che, ogni tanto e nonostante l’amore e la responsabilità che prova verso la sua famiglia, deve mettersi al primo posto e vivere a pieno la sua vita. Il che, però, causerà qualche guaio di troppo, soprattutto con il fratellino.
Sono trascorsi ben trent’anni da quando Lasse Hallstrom ci regalò questo cioccolatino in cui tratta temi a lui cari come la solitudine e i rapporti familiari, ma sotto una luce diversa. Infatti, in quest’opera dramma e sentimenti si mixano con un leggero grottesco, il tutto reso più dolce da una fotografia da favola. Commedia d’altri tempi velata di amarezza, è il viaggio di un’eroe che di eroico non ha proprio nulla, se non il prendersi cura degli altri a suo discapito; un percorso di crescita che inevitabilmente passa tramite l’accettazione della perdita. La diversità, intesa qui come disabilità e obesità, viene trattata con rispetto, con leggerezza mai superficiale, senza eccessi e ciò coinvolge e fa immedesimare. Spiccano le interpretazioni degli attori: se Johnny Depp riesce a rendere memorabile uno dei suoi pochi ruoli “normali”, è Leonardo DiCaprio a elevare l’opera con una performance precisa, studiata e incredibile di un ragazzo autistico. E se avesse vinto l’Oscar alla sua prima nomination, nessuno avrebbe protestato.
Tenero e amaro allo stesso tempo, Buon compleanno Mr. Grape crea riflessioni intense grazie alla delicatezza con cui si approccia alle sue tematiche e si caratterizza per una grandissima forza emotiva che non scade mai nel patetico e alla quale è impossibile esserne indifferenti. È la vittoria dei perdenti dal cuore grande, che non può non scaldare il nostro. E, dopo averlo visto, tornate a leggere il nostro approfondimento su questo piccolo gioiellino cinematografico.
SECONDA PARTE: L’immobilità dell’esistenza di Gilbert in Buon compleanno Mr. Grape (con spoiler)
“Endora. Endora è dove viviamo. Descrivere Endora è come ballare senza musica. È un posto dove non succede niente e non succederà mai niente.”
Così inizia Buon compleanno Mr. Grape e, da queste prime parole, comprendiamo subito che una delle basi fondanti del film è l’immobilità. Erta a protagonista, è riscontrabile a Endora, descritta come un gruppettino di case in un paesaggio senza colori, senza una storia, senza vita, in cui si sonnecchia e dove la cosa più emozionante che possa accadere è il passaggio dei camper una volta l’anno. La staticità è presente in Arnie, che ha raggiunto i diciotto anni anche se i medici avevano detto che non sarebbe sopravvissuto per più di dieci; in Bonnie, le cui giornate si susseguono una identica all’altra; infine, in Gilbert, colui che deve provvedere ai bisogni della sua famiglia, covando un malessere profondo nei confronti della sua vita che è esattamente l’incarnazione di Endora: monotona, banale e piatta. E, come la lava che ribolle in un vulcano, prima o poi uscirà in un’esplosione liberatoria e che porterà Gilbert in un profondo viaggio introspettivo.
Cresciuto troppo in fretta, non è semplice prendersi cura di un fratellino così bisognoso, che si arrampica perché “vuole andare in alto” ma in questo modo si mette in pericolo e rischia l’arresto, che per la sua condizione viene considerato un problema e non si rende conto dei danni che combina, affrontando la vita con un sorriso ingenuo, spensierato, infantile. Sul personaggio di Leonardo DiCaprio, congelato in un’età che non ha più, un giorno, un esasperato Gilbert sfoga la sua frustrazione, nonostante fin a quel momento l’avesse sempre difeso. Ed è in quell’istante di rabbia, scatenato dai capricci di Arnie durante il bagno, che Gilbert comprende di aver toccato il fondo, provando vergogna verso un lato di sé che pensava non esistesse.
E la maschera che si era costruito inizia piano piano a crollare.
Gilbert si è rassegnato alla sua immobilità, perdendo la speranza e la vitalità, dato che per lui non esiste un’alternativa a quest’esistenza. Ha così indossato una maschera, forgiata dai dolori della vita e con la quale è riuscito ad affrontare la morte del padre e la trasformazione della madre. È divenuto la persona su cui si può sempre contare, che non farebbe mai la spesa in un moderno centro commerciale (simbolo di una realtà nuova, diversa e, soprattutto, dinamica), che si prende cura di famiglia e fratellino e che cerca di essere quella figura maschile positiva che a lui è sempre mancata. E il non riuscire a scende in cantina, lì dove si è suicidato suo padre, ci dimostra l’impatto che questo fatto e quest’assenza ha comportato nella sua vita. Costretto a congelare le sue emozioni, è incapace di differenziarsi e di trasgredire. Non ha nemmeno potuto scegliere di farlo perché non c’è stato nessuno che abbia potuto insegnargli come costruire al meglio la sua identità. Dovendo assumere subito quella del padre assente.
Non è che Gilbert sia propriamente spaventato dal nuovo; semplicemente e drammaticamente non riesce a sognare un progetto di vita per sé stesso in Buon compleanno Mr. Grape, tanto che quando Becky gli chiede se vuole qualcosa per sé, lui risponde:
“Voglio essere una brava persona”.
Per lui la persona che è oggi è la sua certezza. Perderla significherebbe affrontare un’oscurità ancor più profonda della gabbia dorata in cui si è rinchiuso (e di cui non riesce a liberarsi). L’arrivo di Becky, che rappresenta il movimento opposto all’immobilità spazio-temporale di Gilbert, cambia ogni cosa. Lei e il suo amore divengono la luce che illumina la vita del protagonista di Buon compleanno Mr. Grape, che risplende nel rosso di uno stupendo tramonto visto dai due, la prima pennellata di vero colore in un quadro sbiadito e pastello. È grazie a lei, che si sente cittadina del mondo e non si è lasciata immobilizzare in una città o in un personaggio, se il ragazzo permette a sé stesso di trasgredire dal suo ruolo, di sorpassare le aspettative della sua famiglia e di pensare solo a Gilbert. Almeno per un giorno. Da Becky si rifugia quando la sua maschera perde pezzi, perché assieme si sentono meno soli. Sono l’uno l’inizio di una nuova vita per l’altra.
Importante è quel pomeriggio che passano assieme, in cui Becky gli chiede semplicemente “Cosa ti va di fare?” e, così facendo, lo aiuta a scoprire sé stesso, a coinvolgerlo in questa sensazione di condivisione e ad avviare un necessario e importante processo da cui non può più tornare indietro. Così, allo stesso modo dei caravan che “fanno l’unica cosa da fare, passano e se ne vanno”, Becky sta offrendo a Gilbert la via di fuga da l’immutabile Endora.
Buon compleanno Mr. Grape ha, dunque, queste due anime racchiuse in sé, in cui da un lato c’è tutto ciò che è fermo e immobile e dall’altro l’instabilità, il movimento e il carpe diem. Lo si vede anche nella contrapposizione tra la vita statica dei Grape e la loro casa dal pavimento scricchiolante che rischia di crollare in ogni momento. Soprattutto a causa della madre. Bonnie incombe sulla sua famiglia con il suo dolore e la sua minaccia, non riconoscendo a Gilbert i suoi meriti ma continuando a scaricare su di lui le responsabilità che comporterebbero a un genitore, in particolare quelle sull’Arnie di Leonardo DiCaprio. Prima di morire, però, Bonnie riesce a riallacciare il rapporto con Gilbert e a riconoscergli ciò che gli spetta. Ed è allora che Gilbert, non volendo che la madre venga trattata ancora come il fenomeno da baraccone di turno (facendola trasportare fuori dalla casa con una gru), brucia la loro dimora. È un fuoco che libera i figli dall’immobilità di una vita tormentata e dalla pesantezza di un passato ingombrante; liberi di andarsene e di vivere la propria esistenza come vogliono.
Ecco che la fine di Buon compleanno Mr. Grape ci fa comprendere quanto sia importante conoscere noi stessi, nei nostri pregi e difetti, per avere gli strumenti per affrontare le sfida della vita, per capire chi siamo e per scegliere il percorso evolutivo più adatto a noi. E così, come Gilbert e Arnie, prendiamo quel caravan di Becky, capendo che l’immobilità può essere sconfitta e dirigendosi verso la nostra personalissima destinazione.