Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Carol.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Carol? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Infinity+ e Paramount+ (a noleggio su Amazon Prime Video e Apple Tv+), Carol ci porta nella natalizia New York degli anni ’50 in cui Therese, giovane aspirante fotografa, lavora nella sezione giocattoli di un grande magazzino come commessa. Un giorno entra nel suo reparto l’affascinante e bellissima Carol, rimanendone immediatamente colpita e intrigata. Dopo averle restitutito il guanto che la donna aveva lasciato sul bancone, nella mente di Therese c’è posto solo per lei. L’attrazione, però, è reciproca e si fa sempre più intensa tra le due, tanto che Therese decide di mollare il fidanzato e la sua quotidianità per partire in un viaggio fisico ed emotivo proprio con la donna che l’ha stregata.
Todd Haynes adatta un romanzo non tanto conosciuto di Patricia Highsmith (la scrittrice de Il talento di Mr Ripley e dei suoi sequel) in un cinema emozionante e raffinato, sia esteticamente che narrativamente, che ammalia, coinvolge e commuove. Quello che abbiamo davanti è un melodramma mai melenso o eccessivo. Richiama elementi classici – ad esempio l’oggetto proibito o la morale di quel periodo – combinandoli con grande magnetismo. Haynes lavora per sottrazione e, lungi da farsi portatore di battaglie ideologiche, si concentra sulle due protagoniste, magnificamente interpretate da Cate Blanchett e Rooney Mara (entrambe plurinominate a molteplici premi, inclusi gli Oscar), per lasciarcele conoscere nel profondo e, senza mai giudicarle, scatenare l’empatia. È un film sull’alleanza femminile, totalmente schierato dalla parte di queste donne libere e indipendenti che, con coraggio, difendono quello che le rende felici.
Con una ricostruzione minuziosa degli ambienti, la bellezza della fotografia, l’atmosfera in grado di immergerci negli anni 50, la colonna sonora onirica e una sceneggiatura meravigliosa, Carol è un’opera che ci avvolge con calore, come solo le storie d’amore sanno fare. Piena di molteplici significati, sensuale ed elegante, mai noiosa o fiacca, si stampa nella mente come un magnifico dipinto da guardare ammirati. E dopo averlo visto su Infinity+ e Paramount+, tornare qui a leggere la nostra recensione di questo splendido gioiellino.
SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) di Carol
Al centro di questa piccola perla cinematografica ci sono due donne. Therese è una giovane commessa che non è ancora sicura di ciò che vuole dalla vita; ha un fidanzato ma deve fare chiarezza sui suoi sentimenti; vuole diventare fotografa ma è insicura. Deve ancora aprire gli occhi sul mondo, che per il momento conosce solo attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica. L’incontro con Carol è decisivo nel mostrarle la via verso la maturazione, a ispirarla artisticamente e, contemporaneamente, a farle capire cosa vuole diventare da grande. Ma quest’ultima non viene presentata semplicemente come l’interesse amoroso di Therese. La donna che dà il titolo al film viene rappresentata a tutto tondo, senza omettere un passato che Therese, invece, sembra non avere. Tanto che il personaggio di Cate Blanchett e la Grande Mela sono per lei l’arrivo di una nuova vita.
Scopriamo Carol poco alla volta, strato dopo strato.
È un’altolocata combattuta tra la sua vera essenza e l’immagine che vorrebbe di lei la società, ovvero quella di madre-moglie appartenente al marito innamorato. Che, però, lei non ama. Prigioniera del suo matrimonio e stanca della sua quotidianità, vorrebbe divorziare da lui, ma l’amore incondizionato per la figlia la tiene in quella casa. Infatti, Carol è una madre e una donna indipendente che vuole solo liberarsi di un unione coniugale infelice. Ha bisogno dell’amore che Therese le vuole donare ma, nel farlo, quest’ultima ha bisogno della sua guida.
In Therese trova quella delicatezza mai raccolta nella famiglia del marito, dovendo ostentare durezza perché quella famiglia non accettava la sua indipendenza. Nella giovane trova quella freschezza e curiosità che profumano di nuovo e libero inizio. Non è un caso vedere Carol al volante di una macchina, considerando che è simbolo di autonomia, emancipazione e dal poter andare dove vuole. Anche se non si conosce la metà, come le due protagoniste, novelle Thelma e Louise. L’altra donna che si muove sulla scena in auto è Abby, l’amica del personaggio che dà il nome al film su Infinity+ e Paramount+, che non si piega ai pregiudizi della loro società.
Todd Haynes non ha nessuna fretta nel dedicarsi a questo amore, facendo respirare la loro relazione in modo da creare la stessa attesa e aspettativa che hanno le protagoniste per il loro primo incontro sessuale.
E funziona divinamente, perché quello tra le due donne è uno dei migliori momenti d’amore cinematografici degli ultimi anni. Investiamo in questo viaggio fisico ed emotivo fin dal loro primo appuntamento al ristorante. Lì le loro vite fuori asse sono messe magnificamente in evidenza dal decentramento dei campi e controcampi. È anche grazie a queste finezze tecniche che la caratterizzazione dei personaggi è intensa e fantastica.
Da ciò e dall’assoluta qualità delle interpretazioni nell’opera disponibile su Infinity+ e Paramount+. Sempre impeccabile Cate Blanchett che ci fa innamorare con la sua eleganza, la sua sensualità, con un suo semplice sguardo o sorriso. Non è difficile comprendere perché Therese la desideri, riuscendo a creare un delicato equilibrio tra emblema della femminilità idealizzata e donna profonda, moderna e sfumata. Rooney Mara, che ricorda la bellezza eterea e delicata di una Audrey Hepburn, trova la sua personale via per interpretare una giovane alla scoperta della sua libertà ma titubante verso il mondo e ancora da formare. E, un po’ come la sua macchina fotografia, i suoi occhi divengono lo specchio con cui guardare e interpretare la realtà. Senza dimenticarci di Sarah Paulson che, nei pochi minuti in scena, crea un ottimo bilanciamento nella sua Abby, rendendola attesa e interessante col procedere della narrazione.
Quando poi Blanchett e Mara si trovano nella stessa scena, la loro chimica è magnetica, elettrica, energica e sensuale.
Haynes, infatti, lascia genialmente che alcuni loro momenti siano lenti e duraturi, amplificando così il desiderio non solo per l’altra, ma anche per l’essere capite. Così, le due attrici diventano strumenti narrativi per esprimere una passione dirompente ma soffocata, raggiungendo proprio nello sguardo un’intensità tale da accrescere ogni emozione. È la connessione emotiva tra Carol e Therese il cuore di tutto e, più ancora del loro amore, è l’emancipazione femminile il fulcro dell’opera. Non a caso i conflitti all’interno del film sono generati da uomini, tra cui Richard e Harge, che intralciano la felicità delle donne. Soprattutto il secondo, marito del personaggio di Cate Blanchett, che cerca di riconquistarla con ricatti e sensi di colpa, ascendendo quasi ad antagonista dell’opera.
Ma questo non è un film sull’intolleranza o una pellicola intenta prettamente a raccontare le battaglie per i diritti LGBTQ+. Certo, sono temi a lui carissimi, ma quello che interessa maggiormente a Haynes sono i suoi personaggi: si concentra su di loro anche grazie a riprese particolari, permettendoci di scoprine le molteplici e profonde sfaccettature. Entrambe le due donne, infatti, cambiano, con Carol sempre più fragile e Therese che guadagna una grande fiducia in sé stessa. Del resto e come abbiamo ampiamente analizzato, le due sono molto diverse. Una sta capendo, attraverso il suo sguardo, com’è fatto il mondo e che posto può occuparne; l’altra è donna e madre, tanto da dire al marito che vuole sottrarle la figlia:
“Non so quale possa essere il meglio per me, ma so di certo qual è il meglio per nostra figlia”
Carol è brillantemente costruito per sottrazione, in cui le emozioni sono trattenute e lasciate filtrare soltanto in determinati istanti, evidenziate da dissolvenze sonore che rendono i dialoghi impercepibili.
Lo stesso espediente delle inquadrature attraverso i vetri indica una patina trasparente che lascia vedere ma che divide. Le attese e le sospensioni che smorzano e reprimono le emozioni, assieme alla sottrazione, vengono resa da una messa in scena delicatissima, soave e controllata. La colonna sonora racchiude perfettamente ogni sentimento provato dalle protagoniste. La sceneggiatura rende i dialoghi reali e riesce a tirare fuori quelle emozioni che non possono essere represse per tanto tempo. Si crea quella connessione potentissima tra le due donne senza aver bisogno di tante parole. E non è da poco. Haynes, inoltre, servendosi anche dell’eccellente ed elegante fotografia, riesce a ricostruire perfettamente gli anni ’50, un periodo pieno di promesse e di malinconia, senza mai sfociare nel vintage eccessivo e tremendamente superficiale.
Ecco che il regista usa intelligentemente il passato per parlare del presente. Carol e Therese potrebbero essere ognuno di noi: costrette a nascondersi da una società fintamente libera, ma spinte anche al sacrificio più grande per poter raggiungere quella loro agognata felicità e sottrarsi così all’ipocrisia del mondo. È l’inizio di una rivoluzione che diromperà prepotentemente in futuro ed è la fine di un’opera d’arte impeccabile, sublime, che racconta più di quanto mostra e che ci lascia con il cuore pieno di meraviglia e con quella magia che solo il cinema riesce a esprimere. Fotogramma dopo fotogramma.