Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Carrie – Lo sguardo di Satana.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Carrie – Lo sguardo di Satana? Ecco la risposta senza spoiler
Oggi è Halloween e, cinematograficamente, il giorno dedicato all’horror. E chi siamo noi per rompere quest’antica tradizione? Dunque, il consiglio di questa settimana è un cult capolavoro proprio di quel genere. Carrie – Lo sguardo di Satana (disponibile su Timvision e MGM, a noleggio su Amazon Prime Video, Apple Tv, Microsoft Store e Google Play) è incentrato su una timida studentessa, bersaglio preferito dei bulli a causa dei suoi comportamenti strani e antisociali, inculcati nella sua testa dal fanatismo religioso di una madre che, per proteggere la figlia dal mondo, non le permette di vivere. Mentre Carrie scopre di avere poteri telecinetici, l’ultimo scherzo delle altre studentesse non passa inosservato, venendo punite severamente. Così Carrie si attira le antipatie della bella Chris che, esclusa dal ballo scolastico, organizza contro di lei una crudele vendetta. Ma la reazione di Carrie sarà catastrofica e quella notte si trasformerà in un incubo.
Non sempre le trasposizioni sul piccolo e grande schermo delle opere di Stephen King sono andate bene, anche se non mancano le pellicole che gli hanno reso onore: Shining (anche se allo scrittore non piace), Il miglio verde, le ali della libertà, Misery non deve morire, Stand by me e via dicendo. Carrie non solo è stata la prima, ma è forse la migliore in assoluto. E c’è di più: è il primo horror ad aver ricevuto due nomination all’Oscar (per le attrici).
Merito di Brian De Palma, che fa sua la storia di Stephen King e la trasforma in un ingranaggio horror perfetto, dove la musica gioca un ruolo fondamentale alternandosi tra melodie romantiche e richiami a Psycho che suggeriscono l’arrivo del male. I tempi sono gestiti al meglio, così come il climax tensivo che esplode in una delle scene più iconiche della cinematografia mondiale, lì dove la bravura di Sissy Spacek – una magnifica e indimenticabile Carrie – emerge in tutta la sua potenza. Ma quest’opera non è solo horror; è un coming of age struggente che verrà analizzato nella seconda parte del pezzo.
SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di questo capolavoro chiamato Carrie – Lo sguardo di Satana
Come annunciato precedentemente, Carrie – Lo sguardo di Satana è un horror atipico, così caratteristico che, analizzandolo, si arriva a definire che cosa rappresenta davvero questo genere. Sappiamo che i film dell’orrore hanno come scopo la messa in scena delle nostre paure, quelle che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni ma che di solito si realizzano solo nei nostri incubi, estremizzandole e rendendole reali. Succede con i poteri di Carrie: essi incarnano la rabbia repressa e l’odio verso quei compagni che continuano a bullizzarla; infatti, è nei momenti in cui prova quei sentimenti che maggiormente si manifestano. Trascinando, però, queste emozioni negative dal piano del pensiero a quello tangibile, dall’inconscio alla realtà, la protagonista libera la sua furia cieca contro chiunque, anche chi aveva cercato di aiutarla, compiendo effettivamente quella vendetta che tante volte lei – e chi, purtroppo, si è trovato nella stessa situazione – aveva sognato.
Già da questa piccola analisi dovremmo capire l’atipicità del film di Brian De Palma.
Pur essendo un horror, non è creato per spaventare ed effettivamente non ci sono scene raccapriccianti nella pellicola. Stephen King prima e De Palma dopo realizzano una storia tragica su una ragazzina che vuole semplicemente vivere gli anni che ha, coltivando amicizie e non dovendo privarsi di tutte le bellezze del mondo, come l’amore, solo per rimanere casta e pura davanti a Dio. Infatti, il nucleo del suo malessere deriva dall’opprimente e rigida educazione che sua madre, una fanatica predicatrice religiosa, le impone. Margaret White, che con quel soprabito lungo e i riccioli rossi ricorda quasi una strega, è una delle madri mostruose più celebri del cinema; quasi una trasfigurazione della signora Bates di Psycho, soprattutto quando, avvolta nella sua vestaglia bianca e illuminata dal rossore delle candele, si scaglia contro Carrie armata di coltellaccio da cucina.
Traumatizzata dal suo passato, Margaret convince la figlia della pericolosità di un mondo gestito dal diavolo e che lei, al di fuori del Vangelo e delle mura di quella casa, troverà solo il male e l’umiliazione. La chiude in una prigione fisica e mentale, obbligandola a pregare quella statua di San Sebastiano i cui occhi privi di vita e il corpo trafitto hanno un che di inquietantemente profetico.
Così Carrie rappresenta il prodotto di alcuni dei concetti più estremi dell’immaginario collettivo americano. Da un lato la madre puritana ha orrore di qualsiasi cosa riguardi il sesso, parlando della maledizione femminile del sangue che, tragicamente, si rivelerà premonitrice nel dire che:
“Prima viene il sangue, poi viene il peccato”.
Infatti, il libro di Stephen King e il film di Brian De Palma iniziano e finiscono nel sangue e quest’ultimo è pure l’elemento che anticipa le esplosioni dei poteri della protagonista, sia nello spogliatoio che nella destabilizzante scena del ballo. Margaret è della terribile idea che la donna sia inevitabilmente una peccatrice e, di conseguenza, punisce Carrie per esserlo diventato.
Dall’altro lato, però, la protagonista frequenta un luogo in cui benessere e popolarità si raggiungono mediante il corpo e l’estetica. Questa dualità è ben evidente nella scena della doccia: con quel pizzico di erotismo che caratterizza Brian De Palma, una lunga carrellata laterale mostra i corpi seminudi delle ragazze che ridono e scherzano; Carrie è sola, mentre scopre terrorizzata del sangue tra le sue cosce e chiede disperatamente aiuto. Immagine gioiose e spensierate della sessualità si alternano all’orrore per qualcosa di naturale, con le mestruazioni e lo sviluppo visti rispettivamente come sintomo di un male sconosciuto e condizione d’infelicità. Ecco che è la contemporanea scoperta della maturità sessuale e della telecinesi il simbolo della contraddittorietà di Carrie. Lei è sia vittima che carnefice, una vergine e una maledetta, una donna capace di dare la vita e uno strumento inarrestabile di morte.
Sarà però dall’aggressione ai danni della protagonista che Carrie – Lo sguardo di Satana si concentra sul tentativo d’integrazione della ragazzina nella scuola.
Nella Bates High School (altro omaggio a Psycho) vediamo attraverso i suoi occhi come sperimenti l’adolescenza nei suoi peggior aspetti, in particolare nel bullismo delle sue compagne. Brian De Palma e Stephen King trasformano quelle malvagie ragazze in un branco, comandato da Chris la quale ne incarna gli impulsi più crudeli, che appena fiuta del sangue attacca. Come con le prime mestruazioni di Carrie. Il loro atteggiamento è un altro dei motivi per cui la protagonista pensa di essere inadeguata, diversa e strana. C’è però una speranza per lei di sentirsi normale e, finalmente, integrarsi con le coetanee: una di loro, Sue, si pente delle sue azioni e convince il suo ragazzo, Tommy Ross, a invitarla al ballo. Un piano, però, destinato al fallimento. Carrie non potrà mai appartenere a un mondo basato sul corpo e sul sesso, essendo stata educata al disgusto del contatto e alle punizioni severe in caso succeda. La stessa capacità di muovere gli oggetti col pensiero proviene da questa lotta nell’accettazione di una vita così materiale.
Poteri che sembrano aiutarla, ma che in realtà, come già spiegato, sono l’incarnazione del suo lato vendicativo. Che alla fine prende il sopravvento in Carrie – Lo sguardo di Satana.
Fino alla scena del ballo, abbiamo davanti la trama di un classico film liceale americano (la ragazza umile che alla fine conquista il belloccio e hanno il loro momento al ballo), ribaltandone però i cliché attraverso le difficoltà sociali di Carrie, la madre religiosissima, il suo non saper reagire ai soprusi, i poteri e il belloccio della scuola che la invita non perché è innamorato ma per pietà. Inoltre, Carrie sembra ricalcare pure lo schema di Cenerentola: c’è la soffitta dove dorme, la matrigna cattiva e la fata madrina, il principe azzurro, la trasformazione e una seconda a mezzanotte, che però capovolgerà l’intera narrativa, dato che non c’è nessuna magica carrozza a prenderla dopo quello che combinerà.
Nell’iconica scena del ballo, del bagno di sangue e della carneficina successiva, Carrie si scatena trasformandosi da anima pura e buona all’emblema del male. Simbolo della ribellione giovanile che si trasforma in violenza e degli effetti incontrollabili che provocano solitudine e infelicità nell’essere umano, Brian De Palma costruisce il tutto facendoci avvertire un perenne senso di terrore, grazie al rallenty alla Hitchcock in cui sappiamo già che cosa succederà. La telecamera gira velocemente attorno alla coppia felice, quasi senza controllo, con l’elemento di disturbo dato dal secchio di sangue sopra Carrie. L’attesa è agonizzante e ci fa sentire impotenti, fino al momento in cui avviene l’umiliazione. Lo schermo si divide a metà e ci mostra la carneficina sia dal punto di vista sia delle vittime che di Carrie, con quegli occhi vuoti e senza umanità che mettono i brividi. E non c’è niente di più spaventoso di una persona ordinaria tramutata in macchina letale.
Un’umanità che torna, forse, nel momento in cui fa crollare la sua casa con lei e il corpo della madre al suo interno. Ormai non ha più niente e, probabilmente, conscia di ciò che ha fatto e che sua madre aveva ragione, vuole solo farla finita. E non possiamo far a meno di stare dalla parte della protagonista, perché lei è diventata così a causa di tutte le cattive azioni che ha subito dagli altri.