Per chi non conoscesse la storia del wrestler Saúl Armendáriz, Cassandro, il nuovo biopic sportivo di Amazon Prime Video, potrebbe risultare estraneo e artificioso. Il film non fornisce infatti grandi dettagli sul mondo di Armendáriz e del wrestling messicano e abbandona quindi lo spettatore a una visione senza punti di riferimento. Nuotando in acque sconosciute, chi guarda si immerge poco alla volta nella carriera scintillante del protagonista, la cui portata rivoluzionaria non viene però percepita del tutto, mancando un briciolo di ardore in più e una spiegazione centrata sul funzionamento del wrestling e dei suoi personaggi. Partendo da questi presupposti, la visione di Cassandro sembra esser priva di qualcosa, di una base da cui partire per imbastire il racconto di una storia comunque interessante e dirompente. Saúl Armendáriz è un personaggio reale, che ha stravolto le regole della lotta libera messicana e che si è imposto sulla scena grazie a una personalità fuori dalle righe. Il suo contributo alla lotta per la difesa dei diritti degli omosessuali è stato importante, soprattutto perché ha aiutato tanti giovani a fare coming out e a scegliere di vivere liberamente la propria vita, senza l’angoscia di dover nascondere al mondo le proprie inclinazioni sessuali.
Cassandro è un film ottimista e speranzoso.
Racconta il dramma di un uomo che deve liberare la propria diversità e farne dono al pubblico. Un atleta che fonde in un tutt’uno vita privata e carriera, volto pubblico e tormenti personali. Le maschere assumono un valore simbolico notevole in questo film (disponibile su Amazon Prime Video). Nel wrestling messicano, i lottatori si dividono in due categorie: ci sono quelli che indossano la maschera, che non fanno vedere mai il proprio volto e che sono anche i beniamini del pubblico, e poi ci sono gli exóticos, quelli che invece scelgono di lottare a volto scoperto e che sono destinati ad andare al tappeto. Il wrestling è prima di tutto uno spettacolo (chi ha visto Glow ne sa qualcosa) e, prima di calarsi sul ring, gli atleti scelgono quale ruolo interpretare nella battaglia, il vincente o il perdente. Saúl Armendáriz inizia la sua carriera con la maschera sul volto. Si fa chiamare El Topo e combatte ogni sera davanti al pubblico, oltre il confine con gli Stati Uniti. La sua carriera però non sembra così esaltante: diviso tra le difficoltà economiche con cui quotidianamente deve fare i conti e poche prospettive di crescita, Saúl decide di dare una svolta alla propria vita, affidandosi alle cura di Sabrina (Roberta Colindrez), la sua nuova allenatrice, che gli suggerisce di liberare se stesso e di combattere a volto scoperto tra gli exóticos. La scelta di Saúl non è limitata solo al ring: il suo schierarsi dalla parte dei perdenti è una presa di posizione che lo affranca da una serie di pregiudizi da cui vuole smettere di scappare. El Topo si trasforma così in Cassandro, un omosessuale che sul ring riesce a fare cose incredibili, nonostante poi a vincere gli incontri siano i mascherati.
Liberarsi della maschera significa abbracciare se stessi e la propria diversità e la scelta di Saúl Armendáriz è rivoluzionaria e controcorrente. Ma soprattutto, ispiratrice.
C’è qualcosa di straordinariamente sovversivo nello scegliere di mettersi a nudo davanti al pubblico e mostrargli i propri punti di forza e le proprie fragilità. Cassandro sprigiona tutto se stesso sul ring e riesce a dar vita ad un personaggio che il pubblico inizia ad apprezzare e a guardare con rispetto. Ma dietro il successo dell’atleta ci sono anche i piccoli naufragi dell’uomo, costretto a barcamenarsi tra l’assenza di un padre che non ha accettato la sua omosessualità, la morte di di una madre che era il centro di tutta la sua vita, la relazione complicata con un uomo che non è disposto a venire allo scoperto e le difficoltà cui ogni giorno deve far fronte un individuo della classe lavoratrice texana senza certezze economiche e lasciato completamente allo sbando. Tutto questo però in Cassandro non assume i toni del dramma, ma vira verso un certo ottimismo, una fiducia speranzosa nel futuro che traspare principalmente dal sorriso del protagonista. Roger Ross Williams, il regista del film, ha affidato il ruolo di Cassandro a un esperto come Gael García Bernal (Mozart in the Jungle), un attore abituato a girare anche film di denuncia di un certo spessore. La sua interpretazione è convincente in ogni punto e riesce a dare al film quell’entusiasmo euforico che vorrebbe trasmettere al pubblico. Saúl diventa il protagonista di una favola, che ricorda un po’ quella che cantava Renato Zero.
Ogni giorno racconto la favola mia
La racconto ogni giorno chiunque tu sia
E mi vesto di sogno per darti se vuoi
L’illusione di un bimbo che gioca agli eroi
Queste luci impazzite si accendono e tu
Cambi faccia ogni sera ma sei sempre tu
Sei quell’uomo che viene a cercare l’oblio
La poesia che ti vendo di cui sono il dio
Dietro questa maschera c’è un uomo
E tu lo sai l’uomo d’una strada che è la
Stessa che tu fai
E mi trucco perché la vita mia
Non mi riconosca e vada via
L’intento di Roger Ross Williams è quello di raccontare la piccola rivoluzione di Cassandro, cosa che aveva già tentato di fare nel 2016 con il documentario The Man Without a Mask.Il fulcro di questo biopic sportivo apparso il 22 settembre su Amazon Prime Video è proprio il personaggio di Cassandro. Il resto si dissolve dietro il tentativo di dare alla storia una veste televisiva, esperimento che però non riesce del tutto. Il film resta sospeso tra l’impronta documentaristica e l’opera biografica, dando un quadro troppo semplicistico della vicenda, gradevole da seguire per chi conosce un minimo la storia di Saúl Armendáriz, troppo frettolosa per chi invece si imbatte per caso nel film. Manca un po’ di pathos all’azione. Per essere un film sportivo, lo sport è solo un contorno sbiadito. Il wrestling, che pure dovrebbe essere un elemento dirompente della trama, diventa una componente secondaria. Si indugia poco sui combattimenti, sulla lotta vera e propria, ma soprattutto, sull’importanza del ring nella vita di Cassandro. Se questo legame tra il protagonista e la sua “lotta libera” fosse stato indagato più a fondo dal punto di vista emotivo, la percezione del film sarebbe stata meno fredda e più entusiastica.