Proseguiamo il racconto dell’evoluzione storica dei cinecomics, andando a parlare di quello che è un decennio cruciale per lo sviluppo dei film sui supereroi. Nel precedente appuntamento avevamo parlato delle origini e delle due fondamentali esperienze del Superman di Richard Donner e del Batman di Tim Burton. Ci eravamo lasciati col racconto degli anni Novanta, trascorsi tra troppo frequenti alti e bassi. Ci ritroviamo ora, invece, nel nuovo Millennio, nei primissimi anni Duemila, decisivi e capaci di regalare alcune delle esperienze tutt’oggi migliori del genere.
Il primo decennio del XXI secolo ha rivestito un’importanza cruciale nel definire i riferimenti dei cinecomics e soprattutto nel consacrare questo tipo di produzione presso il grande pubblico. Il culmine del processo di affermazione del genere supereroistico sul grande schermo arriva nel 2008. Anno della nascita, ufficiale, dell’MCU con l’uscita del primo Iron Man. Un momento cruciale, a cui si arriva però gradualmente, attraverso tutta una serie di esperienze di altissimo livello.
La Marvel, in tal senso, ha giocato un ruolo fondamentale, portando finalmente i suoi eroi al centro della scena (anche se il migliore capitoli dei primi anni Duemila porta la firma della DC, come vedremo presto). La Casa delle Idee ha assunto, comunque, una centralità in questo momento che non ha mai più lasciato. Facendo inoltre da apripista anche ad altre operazioni più o meno riuscite che hanno caratterizzato quegli anni. Andiamo, dunque, a calarci nel racconto di cosa è successo nel primo decennio del XXI secolo, una fase essenziale per l’affermazione globale dei cinecomics.
Il primo squillo della Marvel: la saga degli X-Men
Fino a un certo punto, gli eroi al cinema sono stati principalmente quelli della DC. Superman e Batman su tutti, ovviamente. A partire dagli anni Novanta la Marvel ha provato a inserirsi nel discorso, riuscendo finalmente a inizio millennio a conquistarsi la sua fetta di torta. E che fetta. Proprio nel 2000 vede la luce X-Men, primo capitolo sui celebri mutanti firmato da Bryan Singer. Fu un successo enorme, per certi versi scontato, per altri invece davvero sorprendente,
Da una parte, infatti, è vero che il primo appuntamento cinematografico con i mutanti arrivava al termine di un decennio in cui quegli stessi mutanti, in versione animata, sono stati al centro di una serie di estremo successo. Destinata, per di più, a diventare un vero e proprio feticcio di molti appassionati. Si è andati sul sicuro, dunque, con dei persaonaggvo amatissimi prima su carta, e poi sullo schermo. Tuttavia, il film di Singer si distingue per l’uso di un approccio molto diverso, allestendo una storia dal taglio maturo e attuale. La scommessa, dunque, era portare gli X-Men fuori dalla loro dimensione cartacea, per renderli più vicini agli spettatori. In questo modo è stato possibile insistere su alcune tematiche forti del racconto dei mutanti (l’emarginazione, l’intolleranza e la paura del diverso) annullando quella distanza che solitamente l’opera di fantasia crea in contesti come questo.
Al primo capitolo hanno fatto seguito altri due film, prima dell’inizio della tetralogia prequel (calata interamente nel decennio successivo), che ha retto benissimo fino a Giorni di un futuro passato, per poi stramazzare fragorosamente con Apocalisse e Dark Phoenix. Ad ogni modo, la trilogia originaria, per così dire, degli X-Men ha svolto un ruolo fondamentale nella storia dei cinecomics perché, intanto, ha rappresentato la prima grande affermazione della Marvel, ma soprattutto perché ha portato tante novità al genere, dal racconto corale al realismo, andando a influire pesantemente su tutta la produzione successiva.
I cinecomics arrivano agli Oscar: lo Spider-Man di Sam Raimi
A due anni di distanza dal primo X-Men, la Marvel piazza un altro colpo da novanta, stavolta in collaborazione con la Sony. Nel caso dei mutanti, invece, il connubio era con la FOX. Lo Spider-Man di Sam Raimi è stato una vera e propria rivelazione. Pensate che, al tempo della sua uscita, lo standalone sull’Uomo Ragno divenne il miglior incasso della storia dei cinecomics. E in tutto il 2002 solo due film furono più visti al cinema: Harry Potter e la camera dei segreti e Il Signore degli Anelli – Le due torri. Non male, no?
Due anni dopo, nel 2004, il secondo capitolo della trilogia di Spider-Man riesce addirittura nell’impresa di vincere un Oscar. Per i migliori effetti speciali. Questo è un momento epocale, una presa di consapevolezza grande per il genere. Il successo al botteghino si coniuga, ora, non solo col consenso qualificato degli addetti ai lavori, ma addirittura con la benedizione dell’Academy. Tradizionalmente molto lontana da prodotti blockbuster. Spider-Man è un trionfo, e presto Peter Parker diventa il volto più amato della comunità supereroistica, riuscendo addirittura a eguagliare la gloria di Clark Kent e di Bruce Wayne (almeno fino al nuovo ritorno in scena di quest’ultimo).
La trilogia si chiude poi nel 2007, con quello che è tutto sommato il meno riuscito dei film della saga. Spider-Man, un po’ come gli X-Men, sarebbe poi tornato in scena nel decennio successivo, con un reboot totale. I due film di The Amazing Spider-Man però, nonostante un livello generale buono, non hanno mai nemmeno lontanamente sfiorato le vette toccate dalla trilogia confezionata da Sam Raimi. Ancora oggi, a tanti anni di distanza, uno dei momenti più alti dell’intera storia dei cinecomics.
Le ombre dei cinecomics dei primi anni Duemila
A leggere finora, pare che i primi Duemila siano stati un decennio di sole soddisfazioni per i cinecomics. Niente di più falso. Accanto ai trionfi degli X-Men e di Spider-Man ci sono stati i fallimenti di molti altri supereroi. La Marvel stessa, in onnipotenza con questi due progetti, ha fallito clamorosamente altri lavori, come i due standalone su Daredevil ed Elektra, con protagonisti rispettivamente Ben Affleck e Jennifer Garner. Due film semplicemente brutti, che testimoniano l’immaturità del genere in quegli anni.
Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che nei primi Duemila quando parliamo di cinecomics ci riferiamo a un genere molto poco codificato, che aveva vissuto, e continua a farlo, di momenti e di ondate. I successi delle saghe di X-Men e di Spider-Man sono troppo ingenti per entrare in un processo di fisiologica crescita. Quasi meramente episodici. È naturale, dunque, che accanto a questi exploit in positivo, ce ne siano altri in negativo.
Piuttosto dobbiamo considerare X-Men e Spider-Man come due momenti intermedi del processo di crescita del genere. A cui si è arrivati sicuramente dalle esperienze precedenti, ma che fanno loro stessi da ponte per la costruzione del futuro. Sono dei momenti di consapevolezza, non dei punti d’arrivo. Non a caso, in apertura abbiamo parlato dell’Iron Man del 2008 come culmine del processo di affermazione dei cinecomics. Un processo che passa tanto da X-Men e Spider-Man, quanto da flop colossali come Hulk, Catwoman e The Punisher.
Il cinecomics d’autore
Finora ci siamo concentrati soprattutto sull’avvento della Marvel in questi primi anni Duemila, ma l’esperienza più significativa del decennio riconduce, ancora una volta, alla DC e al pipistrello di Gotham. Nel 2005 esce, infatti, Batman Begins, lo standalone sul crociato firmato da Cristopher Nolan, che al tempo era un regista di splendide speranze, con all’attivo i sorprendenti Memento e Insomnia. La trilogia si sarebbe arricchita nel 2008 con Il cavaliere oscuro, forse l’espressione più alta della storia dei ciecomics grazie anche a uno spettacolare Heath Ledger nei panni di Joker (potete ripercorrere qui la lunga e gloriosa storia del personaggio). E si sarebbe poi completata nel 2012 con Il ritorno del cavaliere oscuro, andando a confezionare una trilogia che rasenta davvero la perfezione.
Nolan esalta quel tratto autoriale che già si era visto con Tim Burton, dando al genere una prospettiva del tutto nuova. La definitiva convergenza di intrattenimento e qualità si realizza con tre film che puntano su un tono ancora una volto maturo. Soprattutto, però, Nolan con i suoi film non parla ai fan di Batman e agli avidi lettori dei fumetti. O per le meno non solo. Parla anche a un pubblico ampio, da ricercare e portare verso la narrazione supereroistica. Con la trilogia del cavaliere oscuro vi è una sorta di capovolgimento, con la materia supereroistica posta al servizio del racconto e non il contrario.
Si tratta, è bene sottolinearlo, di un lavoro eccezionale, nel senso letterale del termine perché il Batman di Nolan è un’eccezione nel panorama dei cinecomics. Al tempo ancora non se ne aveva coscienza, ma sulla materia stava lavorando uno dei registi che avrebbero segnato maggiormente la scena negli anni avvenire. E questa mano si è vista eccome. Al di là dell’unicità del lavoro di Nolan, comunque, una tendenza all’impronta autoriale è riscontrabile pure in un altro film dell’epoca, Watchmen, che porta, infatti, anch’esso la firma di un regista estremamente riconoscibile come Zack Snyder.
Queste esperienze praticamente contemporanee (Watchmen è datato 2009, un anno dopo Il ritorno del cavaliere oscuro) rappresentano, assieme all’Iron Man del 2008, un cruciale punto d’arrivo nell’evoluzione dei cinecomics. Mostrano una consapevolezza inedita, che non era propria nemmeno di un grande film come Spider-Man 2. Questi sono gli anni decisivi per lo sviluppo del genere. Se si è arrivati alla possibilità di realizzare film così autoriali come Il ritorno del cavaliere oscuro e Watchmen il motivo è da ricercare, stavolta sì, nella crescita organica del genere, pronto ad aprirsi a nuove frontiere narrative e a un pubblico diverso e per certi versi più maturo anch’esso.
Gli anni Duemila in televisione
Finora ci siamo concentrati essenzialmente sul cinema, ma anche la televisione negli anni Duemila ha continuato a corteggiare il genere supereroistico, con fortune anche qui alterne. C’è una produzione, su tutte, che ha dominato il piccolo schermo in questo decennio ed è chiaramente Smallville (leggete le ultime notizie su un incredibile ritorno dello show). Specchio naturale dei primi Duemila, visto che è andata in onda dal 2001 al 2011, la serie tv narra le origini di Superman raccontando prima l’adolescenza in campagna e poi i primi anni a Metropolis di Clark Kent. Il segreto del successo di Smallville è essenzialmente uno, tanto semplice quanto significativo: la capacità di adattare il genere supereroistico a un format dominante del piccolo schermo come il teen drama.
Vale quello che abbiamo detto per i film di Nolan: il segreto è far convergere la materia supereroistico ai dettami della narrazione scelta. In questo caso, la bussola di Smallville rimane costantemente il teen drama, arricchito da una declinazione unica. A lungo Smallville è rimasto una sorta di unicum nella produzione televisiva, la somma espressione sul piccolo schermo dei cinecomics. Questo anche perché altri tentativi del genere sono stati ampiamente fallimentari, come la serie tv di Blade o la Birds of Prey della Warner Bros. Nei primi anni Duemila, i modelli di produzione televisiva rimanevano ancora le iconiche serie tv su Batman e Wonder Woman, lontanissimi da quell’innovazione che invece sarebbe arrivata nel decennio successivo, in concomitanza con la rivoluzione totale dello stesso format seriale.
L’interesse collaterale per i cinecomics
Andiamo a chiudere parlando di alcune esperienze collaterali al mondo dei cinecomics puri. Espressione del crescente successo del genere, che tanto iniziava a essere amato da cominciare a far sorgere un po’ ovunque delle variazioni sul tema. Come sempre accade, quando un format diviene di grande successo si cerca sempre di fornire uno sguardo alternativo. E questo è ciò che succede nella seconda metà dei primi anni Duemila, quando iniziano a sorgere produzioni uniche, che trattano i cinecomics da una prospettiva unica.
Abbiamo l’immancabile parodia di Superhero (datato curiosamente 2008), seconda solo alla saga di Scary Movie nel suo genere. Troviamo a fine decennio una primissima decostruzione del genere con l’adattamento di Kick-Ass, fumetto sublime reso tutto sommato bene sul grande schermo. Un po’ prima avevamo avuto anche il film di supereroi in salsa Disney con Gli Incredibili. Una delle poche luci in un decennio complicatissimo per la casa di Topolino. Insomma, l’attenzione verso i cinecomics rimane alta per tutto il decennio e in questi anni, come abbiamo visto, si colloca una crescita finalmente organica, che standardizza un genere e al contempo prova a superarne i limiti.
Ci fermiamo qui, per adesso, fissando il checkpoint al 2008. Nel prossimo appuntamento ripartiremo da Iron Man e ci occuperemo di quella che è l’esperienza per distacco più ampia e complessa della storia dei cinecomics: l’MCU. Abbiamo avuto modo di osservare le tante spinte che hanno portato al poter anche solo ideare un progetto del genere, così vasto e immenso. Senza tutte queste esperienze, da X-Men a Spider-Man passando per la mastodontica di Cristopher Nolan, difficilmente avremmo potuto avere quella che è, in fin dei conti, una delle tappe più importanti del cinema moderno. Di cui ci occuperemo approfonditamente nel prossimo appuntamento con la storia dei cinecomics.