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10 film da vedere per riscoprire il cinema sudcoreano

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Ci troviamo nel febbraio 1999 e nei cinema sudcoreani esce Shiri, diretto da Kang Je-gyu e pronto a innescare un considerevole fenomeno su ampia scala. Si tratta di un thriller d’azione con ambientazione contemporanea, che racconta le paure di infiltrazioni spionistiche dalla Corea del Nord. Il cast accoglie star locali molto celebri come Song Kang-ho, poi protagonista di Parasite, Han Suk-kyu fino e Choi Min-sik. La pellicola conquista inaspettatamente le vette vincendo la concorrenza, tanto da arrivare a incassare più di Titanic. È il segnale definitivo del grande lancio dell’industria emergente del cinema sudcoreano. Il suo obiettivo era quello di produrre blockbuster dal budget elevato tali da incassare grandi guadagni ed esportare i prodotti in tutto il mondo.

Nonostante ciò, già dagli anni Ottanta qualcosa si muoveva e le personalità che popolavano l’industria di quei primi anni appartenevano alla cosiddetta generazione 386. Quest’ultima si fa portavoce del colpo di stato militare e del movimento democratico di quegli stessi anni. Gli artisti del settore provano dunque a dare forma alla frustrazione accumulata negli anni dell’oppressione autoritaria, che ha obbligato la popolazione ai margini della vita sociale privandola di ogni forma di democrazia. Non a caso registi come Bae Chang-ho, Jang Sun-woo e Park Kwang-su si specializzano in film d’autore frequentando i migliori cine-club. Questi coltivavano l’intenzione di rimodernare le narrazioni e la regia degli show passati, iniziando a raccontare la società coreana con originalità e genio, tanto da risultare spesso scomodi al regime.

Pertanto, nel 2005, il numero di film coreani distribuiti nelle sale era altissimo

Da questo momento in poi, molte di queste opere sono arrivate in Occidente e hanno ottenuto risultati ammirevoli nei festival cinematografici internazionali. Tra i registi più talentosi di questa nuova ondata di cinema sudcoreano vanno menzionati Park Chan-wook, regista di Old Boy e Bong Joon-ho regista di Parasite. Quest’ultima, più fresca, la conosciamo come la pellicola dall’incontrastato successo vincitrice della Palma d’oro al Festival di Cannes 2019 e primo film sudcoreano a vincere l’Oscar al miglior film straniero nel 2020. Ma in concomitanza con l’ascesa del cinema, si assiste inevitabilmente allo scoppio della mania per i prodotti pop di provenienza coreana, dal k-pop ai k-drama televisivi.

Facciamo riferimento alla cosiddetta hallyu, la korean wave che porta a un’esplosione di interesse verso la Corea del Sud. Pertanto, il lungo e sdrucciolevole corso del cinema sudcoreano ha incrementato la sua portata attraverso i generi più disparati e i messaggi più accorati. Si è infatti costruito sulla necessità di raccontare i drammi di un’intera nazione quali l’occupazione giapponese, la guerra civile, il colpo di stato militare, l’avvento della democrazia, la crisi finanziaria. Entriamo dunque nel vivo di questa interessante e poco nota linea del tempo cinematografica! Menzioniamo 10 film, oltre Parasite e altri blasonati colossi, che dopo aver parlato soltanto al cuore della loro gente hanno poi strizzato l’occhio al resto del mondo.

1) Peppermint Candy usa il tempo per diventare un caposaldo del cinema sudcoreano

In primo piano Yong-ho in Peppermint Candy, uno dei primi film del cinema sudcoreano (Google immagini - Point Blank)

Si tratta di un film del 1999 e il secondo del regista sudcoreano Lee Chang-dong. Peppermint Candy utilizza una temporalità di narrazione unica per raccontare la storia straziante della fine di un uomo. Rispetto alla sua opera prima Green Fish, questa segna per il regista una netta rottura rispetto alle modalità di racconto propriamente realiste. E a questo proposito è stato il nono film nazionale di maggior incasso del 2000 con 311.000 spettatori a Seul.

Spostandoci su un fronte più aperto, gran parte del film racconta gli eventi storici che hanno avuto luogo in Corea del Sud per una ventina d’anni. Parte dalle repressioni del movimento democratico passando per i tempi della dittatura sino al boom economico e alla conseguente crisi finanziaria di metà anni Novanta. Tutto questo diventa cornice e causa del tracollo esistenziale del povero Yong-ho. Vibrante è il momento iniziale in cui la vittima si trova su un ponte ferroviario sospeso sull’argine di un fiume mentre il treno è in arrivo. In stato confusionale e per un motivo a noi sconosciuto, Yong-Ho si suicida gettandosi sotto il convoglio. Si fa capo dunque a quell’approccio subito dopo ripreso da Memento, che il cineasta qui lega alla necessità di una rivelazione che si oppone alla stessa catarsi del protagonista.

Il poetico ritratto della vita di un uomo mostrata con tutte le indecisioni, le illusioni, gli amori e i rimpianti

Una persona cinica che tradisce la moglie e sta per perdere tutti i suoi risparmi, un poliziotto che sfoga la sua frustrazione contro i colpevoli e un giovane ragazzo che entra nell’ambiente militare per poi uscirne totalmente cambiato. Con quest’opera dalla piena maturità, Lee dimostra dunque come la decisione di passare alla macchina da presa non sia per lui un vano diversivo della sua attività di scrittore, bensì l’esplorazione di un nuovo linguaggio. Attraverso ciò fa perdere a Yong-ho la sua innocenza e lo costringe a vivere tutta la vita a inseguire fugacemente un amore perduto e le sue caramelle alla menta piperita. Porta sullo schermo il senso di vuoto e di impotenza di un uomo che non riesce a salvare se stesso e il suo Paese… e il suo conto è così alto da essere ripagato solo con la morte.

2) A Taxi Driver ci fa incontrare Song Kang-ho prima di Parasite

Piano americano di Kim del successo del cinema sudcoreano

Parliamo di un film drammatico dai toni amaramente comedy e storici uscito nel 2017 e diretto da Jang Hoon. Si basa su una storia vera e il plot ruota attorno a Kim, un tassista di Seul che viene involontariamente coinvolto negli eventi della rivolta di Gwangju nel 1980. Un giorno questi, vedovo e poco coinvolto nelle dinamiche politiche, si appropria di un cliente destinato ad un altro autista. Si tratta di un fotoreporter tedesco, Jürgen Hinzpeter, disposto a spendere 100.000 won pur di essere portato a Gwangju, nel sud del Paese.

Questo viaggio si rivela un’avventura che cambia la visione della vita di Kim e ben presto diventerà per i due protagonisti una questione di vita o di morte. Riguardo all’ispirazione della storia, è curioso ricordare come l’identità e il vero nome di Kim non fossero sconosciuti al momento delle riprese del film. Pertanto la maggior parte degli elementi riguardanti la sua vita e gli eventi al di fuori di Gwangju sono di fantasia.

Il film è uscito nel 2017 in Corea del Sud ed è stato accolto molto positivamente

La critica ha elogiato il suo brillante modo di comunicare le dinamiche della Rivolta di Gwangju. Stimabile è anche lo sviluppo di tutta la sfera emozionale della storia, nonché la caratterizzazione del personaggio principale e la sua relazione con Hinzpeter. Tanto che Song Kang-ho, nei panni del protagonista, è stato selezionato come voce sudcoreana per il miglior film in lingua straniera a i 90° Academy Awards. Il film di conseguenza è stato un notevole successo commerciale, divenendo il secondo film di maggior incasso del 2017 in Corea del Sud, e attualmente è il dodicesimo film sudcoreano della storia.

ll film è stato distribuito in Italia due anni dopo direttamente in home video per conto della CG Entertainment in collaborazione con Tucker Film. E, infine, salta subito all’occhio l’originalità insita nel cinema sudcoreano nonostante si narrino fatti storici di un certo peso. Così come l’umorismo, che non viene mai messo da parte in questo filone anche quando il drama definisce il genere della storia. Nella scelta della star protagonista, poi, si racchiude indubbiamente il grande successo della pellicola e la forte carica espressiva che è arrivata nel nostro salotto già dopo pochi minuti di film.

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