Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Closer.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Closer? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Netflix (a noleggio su Prime Video e Apple Tv +), Closer ha una trama tanto semplice e apparentemente scarna, quanto profondamente ricca e impregnata di insospettabili intrecci. In quel di Londra vivono l’ex spogliarellista Alice, il giornalista di necrologi e aspirante scrittore Dan, la fotografa di successo Anna e il dermatologo Larry. Le loro vite si incontrano e si scontrano, generando così una reazione a catena di relazioni, gelosie, bugie, flirt, inganni, passioni, ossessioni e tradimenti che ci porterà a domandarci: cosa si cela davvero dietro l’amore? Nella coppia è bene essere sempre totalmente sinceri? E alcune persone vogliono davvero la felicità?
Mike Nichols prova a trovare delle risposte o, quantomeno, a darci spunti di riflessione a riguardo, attraverso quella sua carica dissacratoria che ha aggiornato senza difficoltà, così come ha adattato i suoi tanti amati rapporti di coppia alla società moderna, lasciando praticamente intatto il suo stile diretto e improntato sulla teatralità (il film su Netflix, infatti, ha pochi scenari e si basa quasi totalmente sui dialoghi). È un’opera che, pur trattando cose già viste, risulta essere terribilmente innovativa, anche grazie a quei protagonisti che sono rabbiosi, reali, pieni di debolezze e difetti, né totalmente vittime o carnefici, interpretati alla perfezione da un quartetto di star di prim’ordine: Natalie Portman è Alice, Clive Owen è Larry (i due sono stati nominati all’Oscar e hanno vinto il Globe), Julia Roberts è Anna e Jude Law è Dan.
Nichols è tagliente, duro e per certi versi scabroso per i temi e le parole, ma mai per le immagini. Solleva problemi e quesiti tutt’oggi attuali, raccontando con sincerità i legami degli esseri umani, sempre in cerca della verità, e rivelando il lato torbido delle relazioni sentimentali, chiuse in un vortice di illusione in cui il peggio spetta sempre a chi si è donato senza remore. Ed è proprio all’amore e alle sue sfumature, alla verità e alla sua ricerca, così fondamentali e ben sviscerati in Closer, che vogliamo dedicare l’approfondimento nella seconda parte del pezzo.
SECONDA PARTE: L’amore e la verità in Closer (con spoiler)
“Chi ama a prima vista, tradisce a ogni sguardo“
Questa è l’amara tagline che accompagna Closer, dura sentenza su quanto i sentimenti e l’animo umano possano essere deboli e fragili. È proprio dall’incrocio degli sguardi (e dall’intervento del caso) che tra le coppie protagoniste scatta il colpo di fulmine. Ma ben presto iniziamo a comprendere che quell’amore così ostentato, soprattutto dalla ripetizione estenuante del “ti amo”, è soltanto una bella – ma neanche fin troppo – illusione. Perché Nichols non ha nessun intenzione di celebrarlo, ma di vivisezionarlo e analizzarlo, per capire qualcosa sul più misterioso dei nostri sentimenti. O almeno, di provarci.
Innanzitutto, Dan e Alice non si conoscono veramente. Lei, il personaggio più enigmatico e controverso del film su Netflix, non vuole parlare del suo passato e mente persino sul suo nome. Sembra ingenua e ben disposta, ma non si concede facilmente e indossa una corazza per proteggersi dalle delusioni di una vita dentro cui si sente prigioniera. Ignora l’insoddisfazione di Dan, che vuole rincorrere un sogno irrealizzabile poiché non ha il talento per renderlo realtà. Difficile accettarlo per un uomo egocentrico, indeciso, che pensa di essere speciale e alla continua ricerca di attenzioni. Eppure, entrambi fingono perché vogliono quell’idilliaco e inesistente rapporto d’amore che dia un senso a tutto e colmi il loro vuoto interiore. Ma le bugie li inghiottono, le crepe sono troppe da sopportare e la loro relazione è destinata inevitabilmente a crollare.
Un sguardo scambiato tra Dan e Anna porta a un ulteriore colpo di fulmine che travolge ogni cosa.
È grazie a una bugia di Dan che sboccia la storia tra Anna e Larry. Ma quest’ultimo non è uno sprovveduto. È spregiudicato, istintivo, sanguigno, brutale; osserva il “carnevale umano” attorno a lui e niente sfugge alla sua spietata e cinica analisi. Nemmeno e soprattutto Anna. Mente gli altri agiscono, lei è l’unica che reagisce in conseguenza delle azioni degli altri. Anche nel momento in cui appare in comando (come quando rifiuta Dan o rivela il suo tradimento a Larry), in realtà non è così. Il personaggio di Julia Roberts si crogiola in questa sua incapacità di decidere, è sempre alla ricerca di un luogo in cui rifugiarsi, eternamente frustrata. Calza a pennello la definizione che Larry le dà quando Dan gli chiede di lasciarla andare, ovvero che è una depressiva che cerca l’infelicità perché:
“I depressivi vogliono essere infelici per confermare la depressione. Se fossero felici non potrebbero essere depressi. Dovrebbero uscire nel mondo e vivere. Il che può essere deprimente.”
Ecco che quell’amore è solo una maschera che nasconde la totale immersione dell’Anna di Julia Roberts nella sofferenza e nella colpa. Distorce così i suoi sentimenti, evidenziando un lato della debolezza umana e mostrando che alcune persone si illudono di cercare una felicità che non vogliono davvero. E se l’amore è così complesso, il sesso lo è ancora di più. Non devono essere trattati come opposti: questo ci suggerisce intelligentemente, senza peli sulla lingua e in maniera disinibita Closer. Infatti, Nichols tratta rispettosamente il sesso, non se ne serve mai per destare scalpore e, se scandalizza, è solo per il mondo in cui esprime elegantemente, senza ipocrisia e volgarità questo concetto. Ecco perché si può parlare di film sensuale, dato che mostra che cosa sia davvero il desiderio ed è permeato di questa tensione erotica mai esibizionista, mai inutile, ma sempre funzionale alla narrazione e ai personaggi.
L’erotismo non è nelle immagini, ma nelle parole e la stessa colonna sonora lo dimostra, con quel “I can’t take my eyes off of you” che sottolinea nuovamente l‘importanza dello sguardo.
Quelle parole, piene di passione, di disillusione, di sincerità e di menzogna, rendono il sesso qualcosa che va oltre la fisicità dell’atto: in esso c’è quella colpa e quella codardia che incarnano il malessere dei quattro, diventando quasi il miglior modo per dirsi addio. E quelle medesime parole si trasformano poi nel veicolo attraverso cui i personaggi rivelano sé stessi e i loro desideri più nascosti. Del resto, Nichols li delinea perfettamente con i loro pregi e difetti, mettendoli talmente a nudo nel loro essere dei fallibili sognatori che sembrano reali. Anzi, lo sono. Li spia voyeuristicamente, rubando attimi di vita e rapendo noi spettatori con un argomento di cui non ci stanchiamo mai, ovvero l’amore.
Ed esso va di pari passo con la ricerca della verità.
Infatti, la gelosia che prende il sopravvento nei rapporti dei quattro non è data dall’amore, ma dal voler scoprire a tutti i costi il passato sessuale del partner. Anna e Dan, però, non reggono la verità sul tradimento. Alice, invece, preferisce fingere che va tutto bene non perché non sopporti l’onestà ma perché se non si parla di qualcosa, allora non esiste. Larry riesce a gestirla al meglio, riuscendo a trovare in essa una pace che gli permette di perdonare e andare avanti. Anche se prima soffre, si arrabbia e si vendica. E il suo piano per trionfare inizia in Closer proprio nello strip club dove incontra una rosea Natalie Portman, dove lei le rivela la sua verità:
“Mentire è il divertimento più grande che una ragazza può avere senza spogliarsi“
È una scena da antologia, una delle più sensuali del cinema, in cui lei si espone fisicamente, mentre Larry lo fa in maniera emotiva. Ogni volta che rivela le sue debolezze, chiede a Alice di mostrarsi in modo ancor più estremo, per cercare di contrastarla. Eppure, facendolo senza shock, disgusto o esitazione, lo distrugge, soprattutto quando gli dice che sa esattamente quello che sta facendo. Non riesce a smascherarla e quella verità che va ossessivamente cercando sembra sfuggirli via, non capendo che Alice gliel’ha appena detta. È un momento importantissimo nel film su Netflix, perché rivela che la verità è un tormento; un bisogno che rispecchia l’instabilità dei personaggi e di ciò che bramano. Sarà infatti il desiderio morboso di sapere che cosa è successo con Larry che porterà Dan a fare quella fatidica domanda al personaggio di Natalie Portman. Lei risponde, ma è sincera? Francamente non è importante.
Alla fine, Larry e Alice, i più consapevoli del gioco appena vissuto, ottengono quello che vogliono. L’uomo torna con l’Anna di Julia Roberts, dopo averla manipolata a dovere, con le carte giuste; la donna è libera di essere qualcun altro, tornando a New York per ricominciare da capo, lasciando un Dan che scopre la falsa identità della sua ex ragazza. Si chiederà perché la Alice di Natalie Portman gli ha mentito, ma la spiegazione è semplice: come abbiamo detto in precedenza, in questo modo protegge sé stessa e preserva il suo io più profondo, sperando un giorno di incontrare qualcuno che la meriti veramente.
Perché Closer ci dice che in amore non bisogna mai pretendere niente; ci mostra con spiazzante cinismo la differenza tra l’innamoramento, così facile e spontaneo, e l’amore, così complesso e faticoso.
Mentre il film su Netflix si addentra nel tradimento, nella tossicità di alcune relazioni e nella vigliaccheria di chi vuole essere amato ma non ama, Nichols ci fa capire che il noi è solo un’invenzione. Perché non dobbiamo annullarci nell’identità di coppia, ma amare significa conoscere e accettare il partner con la sua luce e la sua oscurità, valorizzandolo e non affossandolo, scendendo a compromessi. La soluzione, per il regista, è una soltanto e si chiama onestà. Certo, fa male come uno schiaffo in pieno volto, ma è sempre meglio per vederci chiaro. O si finisce per essere come quei quattro, ossessionati da una verità che alla fine li fagocita totalmente, invece di trattarla per quel che è: l’antidoto ai loro problemi. Ed ecco perché, da quasi vent’anni, Closer rappresenta uno dei film più onesti che potremmo mai trovare sull’amore. E non potremmo mai ringraziare abbastante il compianto Nichols per questo brutale, autentico e necessario gioiellino.