Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Cube – Il cubo.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Cube – Il cubo? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile in streaming su Amazon Prime Video e MGM (a noleggio su Apple Tv e Google Play), Cube – Il cubo ci porta all’interno di una stanza cubica, dove sono stati rinchiusi sei perfetti sconosciti, senza alcun ricordo di come sia successo. Quentin è un poliziotto, Rennes un ladro esperto in evasioni, Holloway una dottoressa, Leaven una brillante studentessa di matematica, Kazan un intelligentissimo ragazzo autistico e Worth un architetto. Pur non conoscendosi e nonostante i molteplici scontri, il gruppo deve collaborare per trovare una via d’uscita. Si rendono conto che ci sono dei pannelli mobili che portano ad altri ambienti cubici, ma alcuni di essi hanno al loro interno trappole mortali. Sarà solo studiando i numeri incisi sui pannelli che Leavan comprende che la matematica è la soluzione e, grazie a Kazan, croce e delizia del gruppo, verranno portati un passo sempre più vicino alla salvezza. Ma non tutti… e dunque, chi si salverà alla fine?
All’esordio nel cinema e pur avendo un budget basso, Vincenzo Natali riuscì a riscuotere un grandissimo successo. Anche se non da subito, dato che la fama del film crebbe con gli anni, diventando un piccolo cult e dando il via a una saga. Mixando brillantemente horror e sci-fi e anticipando opere del genere come la saga di Saw, Cube – Il cubo si serve intelligentemente di trucchi di regia e del colore per compensare l’estetica e la messa in scena minimale, rendendo quel cubo una gigantesca scatola di morte. Natali ci scaraventa proprio lì dentro e ci rende il settimo protagonista, facendoci immedesimare nei personaggi e provare le stesse sensazioni di claustrofobia, oppressione e nichilismo.
La solidarietà si trasforma in sospetto, persino in odio, dentro quel cubo che suscita in noi emozioni sorprendenti, sia per l’analisi di quel microcosmo che diviene l’emblema della società fondata su paura ed egoismi, sia per il mistero della struttura. Disturbante, enigmatico, surreale, inquietante, terribilmente affascinante e che incuriosisce, Cube – Il cubo è decisamente un piccolo gioiellino da vedere, in streaming su Amazon Prime Video. E nella recensione seguente vi spieghiamo approfonditamente il perché.
SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) di Cube – Il cubo
Cube – Il cubo è uno di quei film che, per il suo essere una rarità, ci è voluto un po’ per comprenderlo, sia per il pubblico che per la critica. Ma una volta realizzato ciò che avevano davanti, non potevano non applaudire Natali per il suo esperimento vincente. E a renderlo tale è, innanzitutto, il geniale concept, ispirato a un episodio di Ai confini della realtà, ovvero Cinque personaggi in cerca di un’uscita. Nella pellicola ci sono, appunto, questi sei personaggi, chiusi in un cubo enorme illuminato da una luce gialla e che confina con altre strutture uguali ad esso. Nessuno sa come sia finito lì dentro, né potrà uscirne da solo; il senso dell’orientamento è inesistente, non c’è cibo o acqua e ci potrebbe essere qualcuno che li osserva alla maniera di un Grande Fratello orwelliano. La cosa ancor più terribile è che alcuni dei settori che devono attraversare sono letali: hanno trappole che uccidono chiunque vi entri. Lo vediamo immediatamente, quando nel prologo un uomo ne attiva una e viene trapassato da fili di metallo che lo ammazzano.
Una prima scena realizzata magnificamente con i pochi mezzi che avevano, che ci immerge nella pericolosità di quel luogo e che ci fa immedesimare nell’atmosfera intrisa di confusione, inquietudine e panico che percorre tutto il film in streaming su Amazon Prime Video. Già dai primi istanti si respira un’aria surreale; sensazione che non svanirà mai grazie alla splendida regia di Natali, che gioca con le dimensioni delle stanze facendole apparire più grandi o più piccole di quel che sono in verità, attuandone la stessa tecnica anche per esprimere i sentimenti dei personaggi. C’è, infatti, una grande profondità di campo, alternata a quel movimento della camera a spalla che gira freneticamente attorno ai personaggi, così da trasmettere il loro disorientamento assieme al montaggio veloce.
Il disagio dei sei, poi, aumenta a causa dei loro caratteri contrastanti.
Ogni personaggio è, infatti, definito da una personalità e una professione ben precisa e ha un determinato ruolo nella società, che si riflette nel microcosmo creatosi in quel cubo. Oltre a stabilire una certa gerarchia, mettono a disposizioni le loro abilità per poter uscire da questo gioco inquietante e asfissiante. Ad esempio, c’è il poliziotto a mantenere l’ordine, la studentessa che deve risolvere l’enigma assieme al ragazzo autistico, la dottoressa che supporta psicologicamente chi ne ha bisogno. Proprio Quentin e Holloway, rispettivamente il poliziotto e la dottoressa, sono i principali poli che sbattono l’uno contro l’altro. Il primo vuole risolvere le cose con la violenza e con ogni mezzo possibile, la seconda invece si oppone ai metodi amorali dell’agente. A loro si aggiungono il nichilista Worth, architetto che ha realizzato il guscio esterno del Cubo; l’insicura e geniale Laevern e Kazan, la chiave per uscire vivi da lì ma contemporaneamente il più grande fattore di rischio. E sarà l’unico a farcela, a differenza di Rennes, esperto di fughe ma che ha vita breve in Cube – il cubo.
Più la situazione si complica, più quelle personalità così ben definite e che già abbiamo visto in altre pellicole cambieranno. Piano piano, emerge la vera natura dei personaggi, che si spogliano delle loro maschere e rivelano chi sono. Ad esempio, Quentin da poliziotto e salvatore diviene un omicida, mentre Worth da cinico e menefreghista si trasforma nel vero eroe, sacrificandosi per permettere al più puro di tutti di salvarsi, ovvero Kazan. È un ribaltamento che avviene in maniera graduale, rendendo i sei non solo più umani, ma dandogli molte facce e una complessità sorprendente, oltre a mostrare un’imprevedibile e sorprendente evoluzione degli avvenimenti in Cube – Il cubo.
E comprendiamo che, più che il cubo in sé, il pericolo più grande per i protagonisti deriva dalla follia e dai peggiori istinti che fuoriescono da quel gruppo di topolini in gabbia, come il complottismo, il machismo, pulsioni sessuali deviate o insospettabili talenti. Per non parlare del nichilismo di Worth, che emerge soprattutto quando gli altri scoprono la sua funzione nella creazione del cubo. Interrogato su ciò, nega che ci siano complotti, capi o Grandi Fratelli a controllarli. Era semplicemente un lavoro ben pagato, cosa importa a che serve? Infatti, concluderà bruscamente la conversazione sulla funzione di questa struttura con le seguenti parole:
“Perché esiste. Bisogna usarlo o riconoscere che è inutile”
Quindi, come già detto più volte, nessuno sa perché è in quella stanza in Cube – Il cubo. Ma non è fondamentale. Del resto, procedendo nel film in streaming su Amazon Prime Video, scopriamo che non c’è un motivo. Ed è un qualcosa che ci strania e ci confonde. Noi siamo programmati per trovare spiegazioni in ogni cosa e, quando ciò non accade, proviamo un forte senso di inquietudine e di disagio. Allo straniamento, poi, va aggiunto il disorientamento di una struttura in cui non capiamo quale sia l’ingresso e l’uscita, il sopra e il sotto, la destra e la sinistra. Ogni lato è uguale e ogni porta può rappresentare la salvezza o la morte. In questo modo, Natali crea una pellicola che non ha bisogno di specificare niente.
Perché il cubo non necessita di una ragione per esistere, né di un luogo; semplicemente esiste e, per questo, è l’emblema della trappola perfetta.
Parlando del cubo, tutto è guidato dalla semplicità, ma curato nei minimi particolari. D’altronde, i mezzi erano scarsi ed ecco perché il set era composto solo da due elementi: un cubo completo, ovvero con sei facce, e uno delle stesse dimensioni ma con solo tre lati. Per dare l’impressione del cambio di ambientazione e combattere la monotonia, furbescamente Natali usò il cambio di colore. Inizialmente voleva servirsi di 6 colori, dato che questo è il numero ricorrente di Cube – Il cubo, ma per motivi di budget ne potette usare solo 5: rosso, giallo, verde, blu e bianco. E non sono colori a caso, perché sono importanti per evidenziare lo stato d’animo dei personaggi. Vediamo infatti che con colori che donano calma, come il blu, sono più rilassati, mentre immersi nel rosso diventano paranoici e inquieti. Ed è nel rosso che avvengono i dialoghi più significativi. Inoltre, solo tre porte erano reali, un passaggio praticabile e l’economico meccanismo per farle muovere non funzionò fino agli ultimi giorni di ripresa, impedendo, assieme al lungo processo del cambio colore, di girare in ordine cronologico il film in streaming su Amazon Prime Video.
Il cubo è, quindi, un autentico mistero di cui non sappiamo niente e ogni possibile sua spiegazione – come l’iniziale idea della sua origine aliena – o inquadrature esterne, persino la sua ubicazione, venne eliminata dalla brillante sceneggiatura. Forse non dovremmo cercarne un senso, però lo facciamo comunque in quanto esseri umani. E quello che ha rappresentato Natali in Cube – Il cubo potrebbe essere una grande metafora sulla vita.
Il cubo rappresenta la vita stessa e i protagonisti, infatti, non comprendono il perché si trovano lì, né tantomeno se è frutto di un essere superiore – come Dio – o del caso – come dice Worth. Loro, che incarnano l’intera umanità, vivono l’esperienza in quella struttura in modo diverso e, nonostante possano uscire di lì combinano le loro capacità, alla fine le frizioni spaccano il gruppo e solo uno di loro si salva. Il cubo, poi, ha le sue leggi che, se comprese, fanno diminuire drasticamente la sua pericolosità. I primi due personaggi soccombono proprio perché ne ignorano le leggi; gli altri, invece, le conoscono, eppure si uccidono a vicenda, per quella “sconfinata stupidità umana” decantata da Worth. Ribadendo che sono gli esseri umani la causa del loro stesso male, non un Dio terribile; tema frequente negli horror, ma sviscerato alla perfezione nel film in streaming su Amazon Prime Video. E sarà appunto Kazan a uscire, andando verso una luce bianca che potrebbe essere qualsiasi cosa. Luce divina? Quella artificiale? Del sole? Il nulla cosmico? Non ci è dato saperlo. La pellicola si interrompe qui, lasciando aperte le domande, perché in fondo:
“La vita è troppo complicata, la ragione per cui siamo qui ci sfugge totalmente”.