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Doctor Strange nel Multiverso della Follia – La Recensione: la follia supereroistica di Sam Raimi

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Spero che tu capisca. La più grande minaccia, per il nostro Universo… sei tu! Abbiamo perso il controllo!

Da un po’ di tempo, ormai, l’universo cinematografico Marvel ha perso parecchio del suo mordente. Dopo più di dieci anni di produzioni, tra film e serie, il magico universo dei supereroi creati da Stan Lee e soci non fa più così sognare come un tempo e i motivi sono diversi. Da un lato c’è, senza dubbio, un cambiamento radicale nel modo e nelle tempistiche di fruizione dei prodotti. Il covid ha inferto una ferita non indifferente al cinema, che già da tempo arrancava e soffriva, complice un pubblico sempre più spoglio e distratto. Se per gli appassionati il film in sala rappresenta un appuntamento insostituibile, è pur vero che per il pubblico medio la comodità del “cinema a casa” – grazie alle numerose piattaforme streaming a disposizione – può apparire decisamente ammaliante e seduttivo. D’altronde la stessa casa di Topolino, con la piattaforma d Disney+, non ha fatto altro che avallare questa fuga di massa dalle sale, tra serie tv originali prodotte appositamente per lo streaming e film che arrivano sul catalogo appena uno o due mesi dopo l’uscita al cinema. Da un lato, quindi, una società che è radicalmente cambiata rispetto al decennio scorso, le cui esigenze e bisogni si sono fatti più immediati, influenzabili e inclini alla noia facile.

Dall’altro lato abbiamo assistito a un calo di qualità netto nelle ultime produzioni MCU: dagli effetti speciali opinabili all’umorismo infantile. L’esplorazione del Multiverso, con tutte le complicazioni che ne consegue, ha reso la trama dei film successivi alla Fase Quattro sempre più articolata e, a tratti, incoerente. Al multiverso Marvel piace cambiare a quanto pare, cosicché in tre film diversi osserviamo tre diversi modi di concepire l’idea degli universi paralleli. Tra un’alzata di sopracciglia e l’altra. I film Marvel sono sempre più cartooneschi e non in senso positivo, tanto da aver fatto drasticamente scendere l’hype rispetto a diversi anni fa. Come ogni moda passata, presente e futura, anche quella dei supereroi è destinata, inevitabilmente, a concludersi e il sole sembra farsi ogni giorno più basso sull’orizzonte di questo genere. Esistono, però, delle piacevoli eccezioni che ci fanno rimanere ottimisti riguardo l’MCU e ben sperare per quanto riguarda il suo futuro. Su Disney+ è il caso di WandaVision, serie tv che finora domina incontrastata il podio delle produzioni originali. Al cinema i casi sono stati diversi, da The Eternals (tra i titoli MCU più sottovalutati) a Guardiani della Galassia vol.3, passando, appunto, per Doctor Strange nel Multiverso della Follia.

ATTENZIONE! L’articolo che segue potrebbe contenere SPOILERS, non leggete se non avete visto Doctor Strange nel Multiverso della Follia.

Doctor Strange (640×360)

Cosa accomuna le tre pellicole sopracitate? Dietro ognuna di loro troviamo la mano di un regista dalla visione singolare, chiara e riconoscibile. James Gunn, Chloé Zao e, infine, Sam Raimi. Quello stesso Sam Raimi che aveva portato per la prima volta al cinema l’amichevole Spiderman di quartiere torna ai Marvel Studios per firmare un altro film che porta il suo nome in ogni singolo frame. Al diavolo i colori sgargianti, l’umorismo spicciolo e gli eroi irreprensibili, Sam Raimi scrive e dirige una storia dove paura, sangue e magia nera la fanno da padroni con un Doctor Strange totalmente imperfetto e una Scarlett Witch in versione villain per cui tifare. Il regista americano – famoso per il grande classico horror La casa – ha sempre prediletto la commistione tra violenza e umorismo, visibile fin dai suoi esordi. Proprio La casa, per esempio, è una trilogia horror sui generis, in cui i terrificanti eventi che coinvolgono il protagonista Ash e i suoi amici non riescono mai a essere presi del tutto sul serio, per via di dettagli demenziali e di scene tanto assurde da farci scoppiare a ridere. Uno stile, dunque, grottesco e surreale è quello che contraddistingue Raimi e tutti i suoi lavori. Anche in Doctor Strange, momenti di trama decisivi vengono sgonfiati del loro pathos, come la scena in cui lo stregone utilizza il corpo della sua versione zombie o quello in cui gli Illuminati vengono scoppiati come fossero palloncini.

A questo stile unico si accompagna regia frenetica che oscilla continuamente dalla calma alla tempesta lascia lo spettatore perennemente sul chi vive, aumentando quel senso di sgomento che ci accompagna per tutta la pellicola. Ma lo sgomento che ci regala Raimi è del tipo buono. Non è la perplessità derivata da una trama confusa, da un cattivo poco credibile o da personaggi secondari inconcludenti. Tutto il contrario. In Doctor Strange, Raimi non si piega alla macchina Disney (almeno non del tutto salvo alcune imposizioni dall’altro alle quali neppure il regista si è potuto opporre) rimanendo se stesso e portando se stesso all’interno della pellicola. Ci sono momenti ilari, come la scena del tipo degli hot dog, ma anche momenti paurosi, soprattutto quelli che riguardano Wanda, non perdendo mai d’occhio una morale di fondo che ci raggiunge senza risultare lapalissiana.

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Doctor Strange (640×268)

La regia tesa, frenetica e bizzarra di Raimi ben si accosta a questa storia di negromanzia, colpa e corruzione.

Stephen Strange e Wanda Maximoff sono due facce della stessa medaglia. Due stregoni dal potere immenso che hanno combattuto insieme, hanno conosciuto lo stesso male ma non hanno perso allo stesso modo. Ed è proprio la perdita a segnare, forse in maniera incontrovertibile, il cammino scelto da Wanda. Dopo i tragici eventi accaduti a Westview, Wanda non ha smesso di pensare ossessivamente ai suoi figli e alla vita che avrebbe potuto avere con loro e Visione. Il dolore di Wanda è un liquido nero che le ottenebra la mente, alimentato dalla magia oscura appresa dal Darkhold, il libro dei dannati.

Tu infrangi le regole e diventi un eroe… lo faccio io e divento il nemico. Non mi sembra giusto!

Ferita, amareggiata e delusa, Wanda abbraccia il suo lato oscuro dando sfogo a tutti i suoi poteri pur di realizzare il sogno di una vita felice insieme ai suoi figli. Ma il desiderio di Wanda ha le fattezze dell’incubo, al quale lei stessa non può fuggire una volta disvelata la verità. Di fronte ai volti spaventati di due bambini che non sono realmente i suoi, che piangono per la madre ferita, Wanda capisce di essersi spinta troppo oltre e che il dolore l’ha resa un mostro. Un destino infausto quello della nostra ex eroina diventata villain, che comunque non riusciamo in nessun modo a odiare. Wanda ci parla dei lati oscuri dei superpoteri e del prezzo da pagare. Non è la classica favola in cui i buoni hanno il loro lieto fine e i cattivi vengono sconfitti perché Wanda non è né l’una né l’altra cosa. Già in questo personaggio così tridimensionale e complicato troviamo il più grande punto di forza di una pellicola eccelsa.

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Doctor Strange (640×360)

Il destino di Wanda è quello che avrebbe potuto attendere anche il nostro stregone di New York, se solo le cose fossero andate in maniera diversa. Come d’altronde è accaduto in uno dei vari universi alternativi visitati da Strange e da America. In uno dei questi oscuri anfratti del Multiverso, Strange è diventato, di fatto, il cattivo del suo mondo, corrotto dal Darkhold e ormai perduto tra i suoi incantesimi oscuri. Lo stesso Strange che conosciamo e amiamo è chiamato a immergersi nell’oscurità del proprio essere per poter fermare Wanda e salvare tutti. Solo attraverso uno specifico incantesimo di negromanzia, infatti, Strange può impedire a Wanda di compiere il rituale e uccidere America. Il secondo capitolo della storia di Doctor Strange è un ulteriore passo in avanti nella costruzione di questo affascinante personaggio, anch’egli mai totalmente bianco o nero. Il presuntuoso chirurgo esiste ancora, sotto la cappa bordeaux, ambizioso di conoscenza e potere. Contrariamente a Wanda che ha perso ogni cosa, Strange tuttavia può fare affidamento su amici di lunga data e persone che gli vogliono bene e sanno instradarlo nella direzione giusta. I legami ci condizionano, nel bene e nel male, plasmando la persona che siamo e che potremo diventare. Wanda non è mai stata cattiva ma la sofferenza ti può spingere a fare cose stupide se non hai una mano amica a fermarti. Così, anche la presunzione, altrimenti distruttiva di Strange, è tenuta a bada dai suoi affetti.

In questa follia supereroistica, Raimi ci lascia una lezione importante e un messaggio ricco di speranza e ottimismo. L’orrore esiste ed è reale, ma non dobbiamo lasciare che ci consumi fino a perdere noi stessi. La parte più difficile è rimanere saldi ma gli amici, quelli veri, esistono anche per questo e non dobbiamo mai avere paura di chiedere aiuto.