Edward mani di forbice uscì nel 1990 e io non ero ancora nel grembo di mia madre, forse neanche nelle sue idee. Quando l’ho visto per la prima volta avevo pochi anni e in radio passavano in rassegna Wherever You Will Go, il brano dei The Calling che risuonava nelle case di tutti gli adolescenti innamorati. Così, come fanno i bambini che associano un concetto ad un giocattolo, io pensai a quel film ogni qual volta ascoltavo il brano del gruppo statunitense. C’è un frase della canzone, in particolare, che ho pensato potesse riflettere il senso del film e l’amore tra Edward(Johnny Depp) e Kim(Winona Ryder): avrai bisogno di un amore che illumini quelle ombre sul tuo viso. Non nascondere le ombre quindi, ma illuminarle, darle il risalto che meritano di avere. Tutte le imperfezioni di Edward diventano fiori attraverso gli occhi celestiali di Kim, fiori a cui donare acqua nei giorni gelidi dell’inverno.
Edward mani di forbice parla di amore come tanti altri, ma lo fa in modo unico e straordinario attraverso una narrazione che coniuga il fiabesco e il gotico. “ Il C’era una volta ”scandisce i primi passi del film per poi lasciare spazio al dark che spruzza di nero i quartieri della città e le sensazioni dei personaggi in scena. Il rapporto tra i due protagonisti diviene il pretesto per affermare la bellezza della diversità in un contesto in cui ci sono schiere di immagini ad affollarsi, a rincorrersi e a donarsi. I mondi di Kim e Edward sembrano inizialmente due poli distinti e lontani, il nero e il bianco che si tagliano a vicenda, ma nella loro invisibile differenza si nasconde la melodia che coniuga le loro note affettive. Edward mani di forbice, risultando anche in questo unico, sembra un quadro impressionistico in cui le case color pastello riflettono il peso degli alberi spogli in una quotidianità monotona e segnata dalle insulse esistenze dei protagonisti. In questo aspetto e nell’uso dei colori che si fondono come in un arcobaleno Tim Burton ha dato frenesia ai suoi contrasti interiori, al suo immancabile senso della forza dei contorni.
Edward mani di forbice è la favola di cui abbiamo bisogno, sempre
Una favola in cui oltre all’ignoto e al trascendentale vengono sbandierati temi importanti e bilaterali: l’emarginazione su tutti. Edward vive isolato dal resto del mondo in un castello dai toni medievali e non conosce nessuno se non quel padre che lo ha creato con un difetto illuminante: Edward ha forbici al posto della mani, appunto. Ma se in un primo momento la sua estetica spaventa i cittadini, con il passare del tempo diventa l’oggetto del desiderio per gli scopi egoistici del mondo che lo circonda. Usano la sua ‘stonatura’ per abbellire i prati del giardino o per farsi tagliare i capelli come se Edward fosse il migliore dei parrucchieri. Ecco quindi che l’egoismo mostra tutta la sua brutalità: servirsi di qualcuno solo quando le sue azioni ricorrono utili al tornaconto personale. E quando finisce la goduria del momento parte la caccia alle streghe. Tim Burton ha voluto regalare alla storia un sotto testo socioculturale per differenziarla da una semplice favola in cui la bella e la bestia danzano ai piedi del mondo. Una favola in cui le tante morali fanno eco ancora oggi, in un mondo in cui i pregiudizi dominano senza contrasti.
Il modo in cui Edward viene percepito dagli altri era in conflitto con la sua interiorità, con il suo modo di vedere il mondo. Questo è uno di quei mantra che mi sono portato a spasso per il resto della vita: non poter comunicare con gli altri è uguale all’abisso. Non è solo su una casa in cima alla montagna che ci si sente soli, ma anche in un mondo che ha parametri di giudizio diversi dai nostri. In Edward mani di forbice questo bisogno di raccontare la mancata capacità di comunicare con il mondo dei pari fa trasparire tutta la solitudine di chi vive senza legami. Non amalgamandosi agli standard imposti dalla società Edward ha mostrato tutta la sua bellissima diversità quando imbarazzo e inadeguatezza ci sono sembrati punti di forza e non negatività. La brillante prova di Johnny Depp, che nel film ha pronunciato solo 160 parole, ha entusiasmato tutti noi come quando un bambino aspetta il regalo di Natale. Con Johnny anche Winona ha vestito i panni di Kim in modo elegante e poetico, persino unico: un altro tassello che rende Edward mani di forbice un mosaico meravigliosamente originale, irripetibile, solo.
La neve tra Johnny Depp e Winona Ryder
A proposito di Natale, il finale del film, se mai ce ne fosse bisogno, ci sbatte in faccia la forza dell’amore. Kim e Edward vivono ormai lontani, accecati dalla mancanza e dalle incongruenze che sfaldano la vita, ma si vedono ancora tramite la neve. La neve che ghiaccia il mondo ma che allo stesso tempo scioglie le tensioni è il medium con cui la coppia interpretata da Johnny Depp e Winona Ryder continua ad amarsi. Prima che lui venisse in questa città la neve non era mai caduta, ma dopo il suo arrivo la neve scendeva con la costanza della pioggia nel mese di Novembre. Kim pensa che la neve sia come il ricordo che cancella le leggi del tempo e dello spazio, che attraverso essa Edward mani di forbice possa vederla ancora ballare fra i fiocchi candidi. I ricordi non sono vulnerabili e nessuno può fare loro del male, nemmeno lo sguardo intimidatorio della tristezza. Nemmeno lei.
In un mondo atemporale ed aspaziale questa moderna favola sulla diversità sociale ha creato un personaggio visionario e sorprendentemente unico. Tim Burton e Johnny Depp sono stati il valore aggiunto di una storia capace di emozionare e far riflettere allo stesso tempo, come si addice a tutte le opere di gran valore. Edward mani di forbice è un antidoto alle piattezze e al qualunquismo, al circolo uguale della vita e allo sguardo perentorio di chi vive di odio. Come si legge nella canzone Wherever You Will Go dei The Calling ‘Abbiamo bisogno di un amore che illumini le ombre sul nostro viso’. Di una favola, come questa, che con la sua particolarità illumina ancora le strade del mondo.