Arrivato finalmente anche su Sky Italia e attesissimo dopo il positivo riscontro di Cannes, dei Golden Globe e dei BAFTA, Elvis è riuscito a conquistarci grazie alla musica di uno dei cantanti più famosi di sempre (anche se sfortunatamente non ha conquistato gli Academy Awards).
Le aspettative erano alte, ma soprattutto alto era il rischio di un flop. Il biopic di Elvis Presley era forse uno dei più rischiosi usciti negli ultimi anni. Ciò che funziona, oltre che a un magnifico mixaggio sonoro, è una sceneggiatura che non ha la presunzione di creare un forte contatto emotivo con il pubblico, ma instaura un certo distacco favorendo comunque un alto coinvolgimento.
La vera (o quasi) storia di Elvis Presley
Il film ha inizio con una voce narrante, quella del Colonello Parker (Tom Hanks), colui che lo usa e abusa e con il quale Elvis (Austin Butler) instaura una sorta di rapporto di co-dipendenza, dal quale non riesce a liberarsi e che alla fine sarà anche la sua condanna.
Il film, come raccontato da Parker, approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco temporale di 20 anni: dagli esordi alla fama di Presley. Elvis nasce in povertà economica, ma fin da subito ciò che compensa questa mancanza è l’amore dei suoi genitori, specialmente quello da parte della madre Gladys. Con la stessa instaura un attaccamento eccessivo, non riuscendo inizialmente a fare amicizie con i suoi coetanei che spesso lo deridono per il suo look stravagante (se solo avessero saputo…). È proprio l’incontro con il Colonnello Parker a cambiare per sempre la sua vita.
Con il suo aiuto, infatti, (volto chiaramente in primis ai suoi interessi e poi quelli di Elvis), Elvis riesce a raggiungere un livello di celebrità senza precedenti, sullo sfondo di un panorama culturale in evoluzione che segna la perdita dell’innocenza in America e la nascita di nuovi generi musicali. A sostenere il suo viaggio, oltre che alla famiglia c’è una delle persone più significative e influenti nella vita del cantante, Priscilla Presley.
Un mixaggio sonoro che meritava l’Oscar
“Non ci sono dubbi sul fatto che questo incredibile biopic si aggiudicherà qualche candidatura ai prossimi Academy Awards” mi ero detta non appena lo avevo finito, constatando con una certa sicurezza che quel premio sarebbe stato nell’ambito del mixaggio sonoro. I suoni infatti si fondono perfettamente con le musiche e un montaggio frettoloso, specchio della frenesia e agitazione che contraddistingue Presley quando si esibisce.
I suoni interni ed esterni creano una colonna sonora che non può non coinvolgere lo spettatore, che canta, picchietta i piedi e si muove durante tutto il film. Un piacere per gli occhi, ma soprattutto per le orecchie che proprio come altri film prima e dopo (come ad esempio Bohemian Rhapsody o il più recente Babylon) riesce nella sua capacità immersiva di coinvolgere a 360° lo spettatore, che a tratti si sente quasi lo spettatore di un concerto.
La regia di Baz Luhrmann
Nello scenario cinematografico odierno risulta sempre più importante avere uno stile registico con il quale contraddistinguersi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a questo fenomeno in registi che hanno abbandonato la sofisticata e classica regia per assumere uno stile quanto più particolare possibile. Pensiamo a Yorgos Lanthimos, a Eggers, all’incredibile Damien Chazelle ma anche a Matt Reeves, questi registi (e tanti altri) hanno assunto un’impronta riconoscibile, che permette loro di essere ricordati e di ottenere il riconoscimento da uno spettatore medio che solitamente si sarebbe concentrato solo su una visione passiva.
Luhrmann riprende in parte i vecchi schemi, nella regia patinata e frenetica ritroviamo in parte caratteristiche comuni viste in The Great Gatsby e anche in Romeo+Giulietta, ma al contrario dei precedenti questa volta compie un passo in più. La costruzione filmica, fatta di montaggio sonoro e visivo, non permette allo spettatore di interagire con il protagonista, nel momento in cui ci sembra di star empatizzando con lui la camera sobbalza, cambia inquadratura, si allontana e ci mostra altro. Questo motivo è già sufficiente a discostarlo dai registi Bryan Singer e Dexter Fletcher, che con Bohemian Rhapsody ci avevano portato a un tale coinvolgimento emotivo con Freddy Mercury da piangere a fine film. Con Elvis questo non succede, di fatto non abbiamo tempo di rattristarci per una scena perché siamo già catapultati alla prossima. Pelle d’oca quindi, ma nessuna commozione.
Elvis: le differenze con la storia vera
Nel film vediamo come dopo essere quasi stato arrestato per le sue performance sfrontate sul palco, l’Elvis del film decide di arruolarsi nell’esercito per ripulire la propria immagine, convinto dal Colonnello che gli promette di renderlo un attore al suo ritorno. In realtà, Presley non scelse affatto, perché venne chiamato alle armi come i propri coetanei nel 1958. Passò due anni nell’esercito e mentre era stazionato in Germania conobbe la sua futura moglie, Priscilla. Quest’ultima rappresenta un altro punto differente nella realtà dei fatti, nel film infatti, Priscilla appare già come una giovane donna, in realtà, la futura sposa di Elvis aveva 14 anni quando incontrò il cantante, all’epoca ventiquattrenne. I due si sposarono sei anni dopo, nel 1967.
Il ritorno in scena di Elvis nel 1968 è una delle parti più storicamente inaccurate del film. Parker voleva effettivamente una performance tranquilla e composta (nel film rappresentata dallo spettacolo di Natale), molto lontana dallo stile del cantante che sentiva l’esigenza di tornare ad essere sé stesso. Quest’ultima nel film è resa invece frenetica ed esplosiva dall’artista, ma i vari momenti raccontati da Luhrmann sono totalmente romanzati. In Elvis viene anche collocato l’assassinio di Bobby Kennedy nel bel mezzo delle riprese, fatto che non avvenne in quel momento. Kennedy venne infatti ucciso nel giugno 1968, mentre lo show andò in onda a dicembre dello stesso anno.
Il cast
Protagonista di Elvis è Austin Butler, finalmente al suo primo ruolo di spessore riesce con la sua presenza, la sua voce e il suo sguardo magnetico a catturare ed emanare lo stesso magnetismo di Elvis Presley. Una vera a propria trasformazione, aiutata anche da un trucco e parrucco ottimo. Nel ruolo del Colonnello troviamo poi una conferma hollywoodiana, Tom Hanks (premiato tuttavia dai Razzie Awards), che riesce a gestire perfettamente il ruolo grazie a una capacità camaleontica che negli anni gli ha permesso di spaziare da generi e ruoli diversi.
Infine, nel ruolo di Priscilla troviamo Olivia DeJonge, al suo primo ruolo cinematografico importante, l’attrice di The Staircase (qui trovi la nostra recensione della serie) sbarca sul grande schermo con un ruolo non grandissimo ma di tutto rispetto.