Non lo chiameremo mai con quel terribile titolo offerto dalla traduzione italiana. Anche perché, oltre a offrire una visione decisamente distorta della materia narrata, impedisce di cogliere a fondo l’essenza stessa del racconto. Eternal Sunshine of the Spotless Mind, invece, rende alla perfezione l’idea di fondo che ha alimentato uno dei film, secondo chi scrive, più intensi e delicati del XXI secolo. Spiegare il finale di questo capolavoro diretto da Michel Gondry e interpretato in maniera sublime da Jim Carrey (potete leggere la spiegazione del finale anche di un altro grandissimo film con lui protagonista: The Truman Show) e Kate Winslet significa andare dritti al cuore di questa essenza stessa del racconto. Quella esplicitata, proprio, dal meraviglioso titolo, così crudelmente straziato dalla traduzione italiana.
La scrittura, con la sceneggiatura da Oscar di Charlie Kaufman, è uno degli elementi forti di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, e proprio su questa ci concentreremo per spiegare prima, e analizzare poi, il finale di questo magnifico racconto. Un racconto che può sembrare complesso a una prima visione, ma che sa dispiegare tutta la sua potenza raggiungendo il culmine proprio nel suo finale, denso e significativo di tutto ciò che il film vuole essere e vuole dire. Immergiamoci, dunque, nell’analisi di uno dei film più belli del cinema contemporaneo, attraverso la spiegazione di un finale tanto energico quanto significativo.
Cosa succede nel finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind
Prima di analizzarne i significati, è bene raccontare cosa succede, effettivamente, nel finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Avvicinandoci alla conclusione, riusciamo finalmente a mettere ordine tra i piani temporali, sapientemente mescolati nel corso di tutto il racconto. S’intuisce da diversi indizi (che più avanti analizzeremo), ma nel finale viene mostrato come la scena iniziale, quando Joel e Clementine si conoscono a Montauk, sia in realtà la conclusione del racconto. Tutto ciò che abbiamo visto dall’inizio, prima della troncatura con Joel che piange in macchina e la splendida Everybody’s Got to Learn Sometime in sottofondo, fino alla fine quando ritroviamo Joel sotto casa di Clem in attesa che lei prenda lo spazzolino e vada a casa con lui, è un enorme, complesso e contorto, flashback.
Tramite la cancellazione dei ricordi di Joel scopriamo come i due si sono conosciuti, hanno avuto una storia e si sono poi allontanati, fino alla drastica decisione di Clem di cancellare ogni memoria dell’uomo dalla sua mente. Di contro, anche Joel si sottopone all’operazione, finché i due tornano a essere, almeno all’apparenza, due sconosciuti. Ora, sapete perché, tra i vari motivi, la traduzione del titolo spezza via completamente ogni significato veicolato? Perché quell’Eternal Sunshine of the Spotless Mind possiamo tradurlo, alla buona, con “l’eterno luccichio della mente immacolata”. E quel luccichio, dunque, quel “sunshine”, è ciò che fa riunire Joel e Clementine, che spinti inconsciamente verso Montauk si (ri)conoscono, prima di scoprire l’amara verità.
Come apprendiamo sempre nel finale, l’assistente del dottor Mierzwiak, Mary, dopo aver scoperto di essere stata sottoposta lei stessa al trattamento, restituisce a tutti i pazienti le loro cassette. Clem trova la sua uscendo da casa, dunque. La ascolta in macchina con Joel e così i due scoprono di essere già stati insieme. E le cose non sono andate bene. Ascoltiamo anche la cassetta dell’uomo, quando lei si presenta a casa sua. Poi, il finale apertissimo: i due, in corridoio, sconvolti da ciò che hanno sentito. Clem che sottolinea come la loro relazione sia destinata al fallimento. Joel che risponde semplicemente “ok”. Uno scoppio di risa, e cala il sipario. Cosa abbiano deciso i due non è dato saperlo, ma non è nemmeno importante. Ciò che conta è quel “luccichio” che, indissolubile in un angolo dell’inconscio, li ha portati a incontrarsi di nuovo. E ad amarsi di nuovo.
Gli indizi per cogliere il finale e i capelli di Clementine
Come anticipato in precedenza, ci sono alcuni indizi, abbastanza evidenti, che permettono di cogliere il finale prima che esso si dispieghi. O meglio, che permettono di capire il giusto ordine dei piani temporali. Che la scena iniziale sia in realtà l’epilogo si capisce da diverse cose: l’auto di Joel danneggiata, innanzitutto, ma anche la presenza di Patrick sotto casa dell’uomo. Soprattutto, però, l’indizio più grande è il colore dei capelli di Clementine. Un dettaglio che in realtà permette di inquadrare l’intero ordine cronologico del film.
Al di là dell’apertura e della chiusura, tutto il film possiede una struttura cronologica contorta. La narrazione, seguendo l’ordine dei pensieri di Joel, procede per episodi. Non possiede una struttura lineare, ma il racconto è estremamente frammentato. Il modo per orientarsi, non solo tra l’inizio e la fine, ma anche all’interno dei ricordi di Joel, è seguire il colore dei capelli di Clementine. Questi sono verdi quando i due si conoscono. Poi sono rossi quando la loro storia d’amore è solida, mentre sfumano nell’arancione quando questa entra in crisi. Infine culminano nel colore blu dopo la cancellazione dei ricordi.
Questo è un escamotage che si può utilizzare soprattutto dopo la prima visione. È oggettivamente complesso cogliere un tale dettaglio al primo approccio con Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Anche perché, ad esempio, la prima scena in ordine cronologico, ovvero il primo incontro tra Joel e una Clem dai capelli verdi, avviene a circa 20 minuti dalla fine del film. Riguardando tutto però con questa nuova consapevolezza, sarà più facile mettere ordine anche all’interno del lunghissimo flashback nella mente di Joel, e inquadrare al meglio la complessa e magnifica struttura narrativa di Eternal Sunshine of the Spotless Mind.
Il significato di Eternal Sunshine of the Spotless Mind
Dopo aver parlato di cosa accade nel finale, possiamo passare a ragionamenti più concettuali, considerando invece cosa questo finale veicola dietro al racconto. Di base, nell’epilogo di Eternal Sunshine of the Spotless Mind si dispiega quello che è il grande tema del racconto: il rifiuto del trauma. La splendida sceneggiatura di Charlie Kaufman mette gli spettatori davanti a una domanda estremamente spinosa: vale la pena cancellare una persona amata, perdendo tutti i bellissimi ricordi vissuti con lei, per non affrontare il dolore della rottura? Questo è l’abisso psicologico che il finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind spalanca. Un buco nero nel quale occorre abbandonarsi, perché fornire una risposta è estremamente difficile. Per non dire impossibile.
Qui corriamo il rischio di cadere in discorsi un po’ fini a se stessi. Anche perché siamo davanti a questioni estremamente personali, in cui il vissuto di ogni individuo potrebbe portare a valutare la questione in modo diverso. Ci limitiamo, dunque, a sottolineare cosa il film, con questo finale apertissimo, intende evidenziare. Innanzitutto l’importanza dei ricordi, che per quanto possano essere dolorosi, costituiscono un bagaglio. Sono parte integrante e costitutiva di una persona Ognuno è ciò che è in buona parte grazie al proprio vissuto personale. Rifiutare i propri ricordi, dunque, significa rifiutare se stessi.
Poi c’è l’elaborazione del trauma. Il cui rifiuto porta inevitabilmente a un conflitto irrisolto. Non c’è poi una scelta giusta. Un modo corretto di agire. Ogni dolore ha un suo peso specifico, ogni ricordo una sua centralità e ogni trauma un suo percorso di elaborazione. Eternal Sunshine of the Spotless Mind però, ci mette davanti a tutto questo, e ci fa riflettere sull’importanza dei ricordi e su come questi, anche quando scartati, rifiutati o cancellati, rimangano a fondo in quella parte “immacolata” della mente che sfugge al nostro controllo.
Il finale e il valore dell’esperienza
Un altro tema, che si accompagna a un’altra questione esistenziale, veicolato nel finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind è quello del peso dell’esperienza. Che fa il paio poi con l’importanza dei ricordi. Joel e Clementine apprendono ciò che sono arrivati a pensare l’uno dell’altra, senza esserne consapevoli e provando sensazioni diametralmente opposte in quel momento. Si osservano, poi, in quel corridoio, e ragionando su ciò che sono destinati a vivere ridono. Una risata che svela quell’abisso psicologico condensato dal finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. A fianco alla domanda sulla cancellazione dei ricordi e sull’affrontare il trauma, ne emerge un’altra: conoscendo già il finale, vale comunque la pena vivere un’esperienza?
Qui il filtro è quello sentimentale, chiaramente. Ma la domanda può essere estesa a tanti altri campi. Quello amoroso, però, viste le implicazioni, rimane più calzante. Anche qui, Eternal Sunshine of the Spotless Mind giustamente non fornisce risposte, ma sottolinea concetti. Tra questi il peso dell’esperienza, fondamentale per costruire e orientare i rapporti. Joel e Clementine sono arrivati a cancellarsi a vicenda a seguito di un trascorso. Senza quel trascorso, invece, si ricongiungono e tornano a innamorarsi l’uno dell’altra. E allora, viene da chiedersi, è l’esperienza che vizia i rapporti?
Però, allo stesso tempo, il nuovo incontro tra i due mostra come quell’esperienza fosse proprio ciò che mancava alle loro vite. E allora si passa alla domanda se sia invece proprio questa che costruisca i rapporti. Che definisca le persone. Il suo peso specifico è l’unica cosa che resta fuori da ogni discussione. Per il resto, Eternal Sunshine of the Spotless Mind lascia le finestre più che aperte proprio spalancate. E ogni spettatore darà la propria interpretazione a quella risata finale tra Joel e Clem e risponderà a modo suo alla domanda se valga comunque la pena percorrere una via già tracciata, che porta verso un finale noto, ma che nonostante ciò potrebbe offrire una quantità incredibile di avventure ed esperienze.
Il “luccichio” e il famoso conflitto tra il cuore e la mente
Andiamo verso la conclusione ragionando su altri due elementi costituivi di questo splendido finale di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Il primo è la concretizzazione del messaggio racchiuso in questo splendido titolo che non ci stancheremo mai di elogiare. In particolare una frase è capace di condensare l’intero film: quel “Meet me… in Montauk” che Clementine sussurra a Joel poco prima di svanire definitivamente dalla sua mente. L’eco di come una storia d’amore così intensa, anche se ripudiata, anche se rimossa e cancellata, possa lasciare delle tracce profonde in chi l’ha vissuta.
Il secondo elemento è invece la risoluzione di uno dei “topoi” più celebri dei racconti d’amore: il conflitto tra cuore e mente. In Eternal Sunshine of the Spotless Mind c’è una sorta di sovrapposizione e allo stesso sintesi tra i due poli tradizionali dell’attrazione. Il cuore conserva la traccia di ciò che la mente ha voluto cancellare. Ma la mente stessa ne conserva memoria, tramite quel famoso “luccichio”. L’amore, alla fine, è una connessione profonda tra il cuore e la mente. Non è il trionfo né dell’uno, ne dell’altra.
Ci sarebbero molte altre questioni da sollevare. Dai ragionamenti sulla predestinazione a tutte le implicazioni psicologiche della scelta di voler cancellare una persona amata dalla propria mente. Potremmo stare a parlare per ore di un film magnificamente denso come Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Ci siamo limitati, però, a parlare solo del finale del film. Un epilogo maestoso e sublime, capace di sorprendere ed emozionare, ma anche di condensare in pochi attimi tutte le enormi questioni concettuali che la splendida sceneggiatura di Charlie Kaufman ha voluto affrontare. Nel lasciarvi, vi proponiamo la lettura di altre spiegazioni dei finali di film particolarmente densi: dal capolavoro di Stanley Kubrick Shining, al thriller psicologico Shutter Island, fino a uno dei primi lavori di Cristopher Nolan: Memento.