3) Io e Marley, uno dei film che fanno sia ridere che piangere con Owe Wilson e Jennifer Aniston
Ma che è successo? Più o meno è andata così: stavamo guardando un film basato su una coppia d’innamorati come tante e di un cane disobbediente. A un certo punto ci siamo ritrovati con le lacrime agli occhi e i singhiozzi. Chiariamoci: negli anni, sia con le morti cinematografiche (trauma che abbiamo affrontato qui) che con quelle nelle serie tv (altro trauma affrontato qui), siamo riusciti a farci le ossa. Abbiamo capito come sopravvivere a una scena del genere, a un momento del genere. Ma c’è una cosa che non impareremo mai: gestire l’ultimo saluto degli animali. E sì, Io e Marley: parliamo proprio di te.
Il cane più indomabile del mondo ci ha fatto piegare dalle risate con il suo caos, con tutto quello che rompeva anche solo passando. Ci ha fatto sorridere e ridere fino allo sfinimento, grazie anche a quella coppia di genitori che si ritrovava. D’altronde da Jennifer Aniston e Owen Wilson non puoi aspettarti niente di diverso. Stiamo parlando di due certezze nel mondo del comedy, delle pellicole che ti promettono e ti garantiscono un attimo di serenità e leggerezza.
Ma po ehi: che occhioni rossi. Dovrebbe essere prescritto: mai guardare Io e Marley durante un primo appuntamento, o ci si ritroverà a singhiozzare di fronte al/alla malcapitato/a di turno che proverà a passarci più fazzoletti possibili mentre noi esclamiamo un timido no scusa di solito sono più stabile è che quando si tratta di cani proprio non ce la faccio. Senza virgole e quindi pause. Si legge tutto attaccato e con quel senso di imbarazzo.
Però non possiamo mica tenerci dentro quel nodo che si forma alla gola quando cerchiamo di non esplodere. Dobbiamo espellere questa cosa, buttarci in quel pianto che non ci saremmo mai aspettati fino a poco tempo prima, quando Marley ci faceva solo ridere e non era un trauma generazionale. Sulle parole di quel monologo di Owen Wilson, Io e Marley è diventato presto uno dei film che fanno sia ridere che piangere più belli in assoluto. Una gioia per le risate nella prima parte, e una bastonata nella seconda. Se la domanda è se ci siamo ripresi, la risposta è chiaramente no.
4) Little Miss Sunshine – Jonathan Dayton e Valerie Faris
Little Miss Sunshine (di cui abbiamo parlato qui) comincia premettendo già grosse sorprese. Una bambina che sogna di fare un concorso di bellezza. Uno zio che, dopo un evento traumatizzante, passa del tempo con la famiglia. Un ragazzo che ha fatto voto di silenzio fino a quando non verrà preso nell’Accademia aeronautica. Un nonno cacciato dalla casa di riposo. Insomma, com’è che si dice? Quando Dio distribuiva l’equilibrio, la famiglia Hoover era in fila per il disagio.
Guardandoli eravamo pronti a ridere, e così è stato. Solo che noi eravamo pronti a fare solo questo. E poi boom: quello che non ti aspetti. Un lutto da affrontare, il senso di smarrimento che assilla sia un ragazzo che un uomo di mezza età , dimostrando che non esiste momento per sentirsi persi o risoluti. Ognuno viene colto alla sprovvista da tutto questo quando meno se lo aspetta, ed è costretto a farci i conti.
Dalla prima scena, Little Miss Sunshine ci scaraventa addosso la vita di una famiglia che, risorgendo dal basso, prova a farsi forza da sola. Lo fa a un passo dalla follia, con delle gag che non passano inosseravate e che ti ricordano che puoi sempre ridere dei tuoi guai. Solo che quando sei all’inizio non te lo aspetti. Non puoi saperlo che oltre a ridere e a cogliere profonde e intelligenti riflessioni dovrai anche fare i conti con tematiche delicate e urgenti come il suicidio, il lutto, l’accettazione di sé. Indimenticabile il personaggio di Frank, interpretato dal grandissimo Steve Carell, lo zio di famiglia che si ritroverà a fare i conti con i suoi mostri. Fantasmi che chiederanno il conto prima e dopo il viaggio on the road che affronterà con la sua famiglia, trovando nel nipote una chiave di lettura per capire se stesso e gli altri.
Little Miss Sunshine sembrava nato per far ridere e sorridere, e poi ci ha inchiodati di fronte allo schermo ad asciugarci le lacrime per uno zio che non è il nostro e una nipote che sogna la bellezza. Attraverso ogni personaggio, la pellicola si pone il compito di affrontare più tematiche, accendendo anche una riflettore sull’accettazione del proprio corpo e con il modo con cui i media influenzino negativamente l’immagine che una bambina, o qualsiasi altro individuo, può avere di sé. Una mano affonda su ognuno dei componenti della famiglia, lasciandoci con in mano una serie di momenti divertenti seguiti da altrettanti profondamente commoventi, mirati a ricordarci chi e che cosa siamo anche noi.