Il dibattito sul cinema è sempre polarizzante. D’altronde, siamo di fronte a un’arte che, dietro ai suoi canoni oggettivi, conserva una quota di valutazione soggettiva davvero importante. Il film in sala ha il compito di “vendere”, e lo spettatore, in questo modo, si fa giudice e arbitro del destino della pellicola. Non ce ne vogliano i puristi della componente artistica del cinema, ma in fin dei conti è così. Siamo di fronte a un mercato (seppur un mercato dell’arte) con le sue regole e le sue strategie. In questo contesto, dunque, chi riesce a occupare una posizione di preminenza? Chi è capace di coniugare le due anime del cinema, quella più artistica e quella strettamente commerciale.
Ce ne sono diversi di esempi. Solo lo scorso anno abbiamo assistito al folgorante Oppenheimer di Cristopher Nolan, massimo esempio di questa convergenza d’intenti. Facendo un passo ancora avanti, in questo panorama estremamente competitivo spicca non solo chi riesce a occupare una posizione di preminenza, ma chi riesce a mantenerla. Ed ecco che arriviamo al nostro discorso. Il cinema contemporaneo possiede le sue firme. Garanzie di qualità e di successo. Registi i cui lavori sono attesi tanto dalla critica quanto dal pubblico. Andiamo, dunque, a scoprire sette film manifesto di sette grandi registi contemporanei, i quali coi loro lavori si sono guadagnati questa posizione di preminenza di cui abbiamo parlato.
Piccola nota metodologica prima di andare avanti. Non abbiamo selezionato quelli che per noi sono i sette migliori registi contemporanei, ma semplicemente sette cineasti che con la continuità e la qualità del loro lavoro hanno guadagnato uno status riconoscibile e apprezzato. Sono sicuramente tra i principali protagonisti del cinema contemporaneo, ma non c’è alcuna valutazione di merito rispetto ad altri grandi registi rimasti esclusi. Semmai, c’è semplicemente un criterio di differenziazione, perché i registi scelti sono molto diversi tra loro e coprono diverse aree di dibattito. Chiarito questo punto, andiamo alla scoperta di questi sette grandi registi contemporanei attraverso una delle loro opere simbolo.
Dunkirk è il film da vedere per apprezzare al meglio l’estetica e la tecnica di Cristopher Nolan
Partiamo da quello che forse è il regista più in voga del momento, protagonista proprio a inizio anno con il meritatissimo Oscar per quel capolavoro che è Oppenheimer (qui potete recuperare la nostra recensione). Sarebbe stato troppo semplice scegliere il film sul padre dell’atomica, e anche un po’ riduttivo, perché Cristopher Nolan è molto altro. È la trottola che per alcuni sta ancora girando di Inception. È le tenebre di Gotham e il viaggio tra le pieghe dello spazio-tempo di Interstellar. Ma è sopratutto un regista capace di curare nei minimi dettagli i propri lavori. E questi dettagli sono ciò che rende unico Dunkirk.
Il film può essere considerato una sorta di proto-Oppenheimer per i risultati sfiorati. Delle otto candidature ottenute agli Oscar, Dunkirk ne ha convertite in statuette solo tre. Tutte, però, in categorie tecniche. A riprova di quello che dicevamo. Effettivamente tutto il comparto tecnico del film è eccezionale e proprio questo aspetto, secondo noi, rende Dunkirk il film perfetto per approcciarsi allo stile e all’estetica di Cristopher Nolan. L’attenzione riservata all’elemento sonoro. Il montaggio frenetico e ritmato. La visione suggestiva e incalzante. Nolan ha riversato nel film tutta la sua sapienza, confezionando una pellicola che dal punto di vista tecnico ha davvero pochi rivali nel cinema contemporaneo.
Su questo lavoro, poi, s’innesta il solito eccezionale lavoro di scrittura. Anche dal punto di vista narrativo ritroviamo molti degli elementi classici della filmografia di Cristopher Nolan (potete scoprire qui alcune curiosità sul regista britannico). La sovrapposizione dei piani temporali, ad esempio, realizzata con gran cura. La costruzione della tensione narrativa, che si esprime soprattutto tramite, appunto, i suoni e le immagini, visto che i dialoghi sono ridotti all’osso. E poi, chiaramente, c’è da sottolineare il capolavoro di effetti speciali. Anche questo, e se avete visto Oppenheimer ve ne sarete accorti, tratto distintivo del regista britannico.
Scegliere un film da vedere per conoscere Cristopher Nolan non è stata un’impresa semplice. Praticamente tutti i suoi film, per un motivo o per l’altro, sarebbero stati adatti. E questo la dice lunga sulla forte identità artistica del cineasta. Abbiamo optato per Dunkirk, però, perché è quello che, a fronte di una struttura narrativa come sempre solida, eccelle in tutto il comparto tecnico, mostrando al meglio, nella sua interezza e varietà , la splendida estetica di Cristopher Nolan.
Arrival è il film da vedere per godere della fantascienza visionaria di Denis Villeneuve
La fantascienza oggi ha un nome e un cognome: Denis Villeneuve. Il successo dei due film di Dune ha sicuramente aumentato la risonanza del regista canadese, ma il suo era un curriculum di altissimo livello ben prima di Arrakis e di Paul Atreides. Il suo nome si è imposto agli onori delle cronache nel 2011, con la candidatura agli Oscar per il miglior film straniero con La donna che canta. Da lì esperienze fondamentali come Prisoners, Enemy e Sicario, per giungere poi a quello che secondo noi è assolutamente il film da vedere per cogliere al meglio la grandezza di Denis Villeneuve: Arrival.
Senza esagerare, ci sentiamo di inserire Arrival tra i migliori film di fantascienza del XXI secolo. Un capolavoro assoluto, che presenta un comparto tecnico eccezionale (anche in questo caso, diverse le candidature agli Oscar e una vittoria) e una costruzione narrativa suggestiva e avvincente. Arrival incarna a pieno gli stilemi della grande fantascienza. È un’opera dal respiro ampio, dal tono quasi epico. Una vera e propria epopea, che si sobbarca riflessioni abissali ed esistenziali. Il sostrato concettuale di Arrival arriva a ragionare addirittura sulla genesi del linguaggio, andando a fondo alla sua stessa essenza e a ciò che rappresenta per l’intero genero umano.
Quella di Denis Villeneuve è fantascienza d’autore. La stessa intensità narrativa profusa in Arrival si rintraccia anche nelle opere successive, che invece si gettano nel panorama più mainstream. Blade Runner 2049, sequel del leggendario film di Ridley Scott. E ovviamente le due parti di Dune. L’esperienza di Arrival risulta però, secondo noi, fondamentale per tutte le esperienze successive e di Villeneuve. E anche per le precedenti, perché il percorso artistico ha portato a una maturità tale da poter realizzare un’opera del genere. E se oggi osiamo mettere il regista canadese sulla scia di alcuni mostri sacri che hanno portato la fantascienza a un livello superiore (qualcuno ha detto Stanley Kubrick?), gran parte del merito va a quel capolavoro che è Arrival.