6) Drive My Car
Un lutto non si supera, si impara semplicemente a conviverci. Parlare di ripartenza, dopo un evento del genere, è un’illusione forzata che alcune pellicole ci hanno inculcato. E’ questa, forse, la base di partenza di Drive My Car, la pellicola asiatica vincitrice degli Oscar 2022. Il protagonista, a seguito della morte della misteriosa moglie, cerca in tutti i modi di non forzarsi a tirarsi a fuori da quella sensazione di mancanza, perché sa già che non è quello il modo. Evitare il problema non impedisce al problema di sussistere, soprattutto se questo ti ha privato di una parte essenziale della tua vita. Ma è proprio questo il punto all’interno della pellicola: le cose, i dolori, non si superano urlando. Drive My Car è per questo un film fatto di silenzi e parole sussurrate. Il legame affettivo che unisce lo sceneggiatore all’autista è intimo, silenzioso. Non è un legame che sbraita. I due si scambiano i loro mali, trovando nell’altro qualcuno che non parla per confortare ma che, semplicemente, ascolta. Di quante persone possiamo dire lo stesso?