2) Shutter Island, un grandissimo film da vedere di Martin Scorsese
Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da uomo per bene?
Shutter Island
Esattamente questa frase sopra citata rappresenta uno degli interrogativi più importanti del cinema. Le ultime parole di uno dei personaggi migliori mai visti sul grande schermo. Un protagonista controverso, all’apparenza ordinario, con un mondo dentro che non sarà facile da accettare. Perché Shutter Island gioca con i segreti degli esseri umani. Con il loro apprensivo inconscio, sempre pronto a proteggerli da risposte e consapevolezze che potrebbero portargli via qualsiasi forma di serenità. Soltanto dolore, solo tantissimo dolore. Una pellicola in cui si affrontano più argomenti, passando dalla salute mentale al lutto, qui rappresentato attraverso la storia straziante di una famiglia vittima di un disastro.
Ma, come oramai abbiamo imparato ad accettare (più o meno), il rapporto tra Scorsese, DiCaprio e gli Oscar è spesso stato controverso. E così, in mezzo a tutte quelle statuette non date, si nasconde anche Shutter Island. Nessun premio. Nessuna candidatura. Soltanto il vuoto. Uno dei migliori film da vedere nella storia del cinema degli ultimi 15 anni al momento della sua distribuzione è passato completamente inosservato agli occhi della critica, ma non del pubblico. La pellicola ha infatti battuto ogni record al momento della sua uscita nelle sale, ottenendo uno dei più grandi incassi per un film di Scorsese. Quando si afferma che un premio non faccia un film, si pensa dunque inevitabilmente a Shutter Island, un thriller psicologico oramai considerato un must del genere.
Chiunque non avesse grande dimestichezza con il genere e volesse un punto d’inizio, dovrebbe infatti partire da questa pellicola, uno degli ABC dei thriller psicologici. Uno dei film che più di tutti hanno raccontato cosa significhi davvero ribaltare la prospettiva e fornire un colpo di scena che, in realtà, era sempre stato di fronte ai nostri occhi. Una verità a cui non abbiamo prestato attenzione, evitandola esattamente come il protagonista. Tratto dall’omonimo romanzo di Dennis Lehane, Shutter Island ci lascia con un finale enigmatico di cui restano ancora domande senza risposte. Ma è stato bello e giusto così: immaginare una risposta a quella domanda iniziale, citata qui sopra, e provare a costruire nella nostra mente un futuro che non conosceremo mai.
3) L’Avvocato del Diavolo – Taylor Hackford
La vanità è decisamente il mio peccato preferito. Kevin, è elementare. La vanità è l’oppiaceo più naturale
L’Avvocato del Diavolo
Uno dei film più maestosi degli ultimi vent’anni. Una pellicola da una grandezza mastodontica, supportata da un cast di prim’ordine in cui incontriamo volti come quelli di Al Pacino, Charlize Theron, Keanu Reeves. All’epoca della sua distribuzione, la critica si spaccò in due fazioni. C’era chi urlava al capolavoro e chi, invece, vedeva l’aspirazione e il fallimento di diventare tale. Ma su una cosa concordavano tutti: la mastodontica interpretazione di Al Pacino. Non che fosse una novità, intendiamoci. Al Pacino è uno dei migliori attori mai visti sullo schermo. Ma ancora oggi, quella interpretazione, lo rende l’essenza, l’anima e la natura di questo film così divisivo che, negli anni, è diventato un grandissimo cult. Un thriller psicologico diviso tra ciò che è reale e ciò che invece potrebbe non esserlo.
Tra sacro e profano, L’Avvocato del Diavolo si contraddistingue i numerosi riferimenti biblici al suo interno, come nel caso del nome John Milton. La scelta non è infatti stata casuale, ma si rifà all’autore del poema epico Paradiso Perduto, in cui si racconta la tentazione di Adamo ed Eva e la loro cacciata dal giardino dell’Eden. Una storia, come facilmente intuibile, che non si poggia soltanto su delle basi concrete e tangibili ma, al contrario, sposa ogni credenza servendosi soprattutto della lotta più imponente della storia dell’umanità: quella tra il bene e il male. Un vero e proprio pezzo da novanta, questo, completamente sottovalutato 27 anni fa, un’annata in cui ancora forse non si era troppo pronti ad argomenti così controversi.
Passando da argomenti come la religione, il sogno americano e il capitalismo, L’Avvocato del Diavolo si impone su due fronti: da una parte uno trascendentale e dall’altro uno metaforico. La pellicola infatti sembra infatti il simbolo del sogno americano, dell’ostinazione con cui viene rincorso fino a perdere ogni contatto con la realtà sacrificando ogni singola cosa. Ventisette anni fa non potevamo saperlo, forse, ma L’Avvocato del Diavolo stava anticipando il futuro mettendo in atto argomenti che, da quel momento in poi, sarebbero diventati pane quotidiano per il cinema di oggi. Tra le tante ragioni per cui questa pellicola andrebbe assolutamente vista, non si può dunque escludere quella che la vede come la rivoluzione del genere, finalmente libero dal limite del reale e del surreale, due condizioni finalmente destinate a convivere e a non escludersi a vicenda.