Attenzione, nell’articolo che state per leggere sono raccolti alcuni pezzi di storia e potrebbe quindi provocare un po’ di nostalgia. Nel linguaggio tecnico, per film d’autore si intende una pellicola prodotta da un individuo che di solito ne segue tutte le fasi di creazione, dalla scrittura al montaggio e che utilizza il cinema come strumento per affrontare tematiche complesse e nella maggior parte dei casi poco commerciali. Dai film di questo tipo si individua facilmente lo stile dell’autore che li ha creati. Presentano infatti caratteristiche riconoscibili e uniche. Si tratta di opere cinematografiche originali e irripetibili, indirizzate a un pubblico più ristretto che è in grado di comprenderne la vera essenza e di apprezzarne la critica sociale.
Nel corso degli anni anche il cinema d’autore ha subito delle evoluzioni e da nomi di grandi come Charlie Chaplin (probabilmente il primo vero autore nel mondo del cinema) si arriva oggi a David Lynch, Tim Burton, Pedro Almodóvar, Alfonso Cuarón, Guillermo Del Toro e molti altri di cui vi parleremo a breve. Ognuno di loro ha una propria cifra stilistica e anche se oggi i loro film possono essere compresi da una fetta più ampia di pubblico, non per questo sono meno emozionanti. Anzi, già dall’intro possiamo avere un assaggio della loro bellezza. Quindi perché non partire proprio da lì?
Vediamo quali sono le 8 intro da brividi di 8 diversi (e potentissimi) film d’autore.
1) Midnight in Paris – Woody Allen
Siamo al cinema nel 2011. Una calda melodia jazz si diffonde in sala e le immagini dei posti più belli di tutta Parigi si susseguono come cartoline in movimento sul grande schermo, lasciando senza fiato gli spettatori e provocandogli un piccolo brivido lungo la schiena. Il Mouline Rouge, il lungo Senna, il Louvre, la città vista dalla cima di Montmartre. Ogni fotogramma è un piccolo sussulto. Midnight in Paris (tra i migliori film di Woody Allen che è possibile ora trovare su Prime Video) è appena iniziato e già ci viene voglia di comprare i biglietti per il primo volo e andare in men che non si dica nella capitale francese a goderci la sua atmosfera romantica. Ovviamente la scelta di musica e immagini non è casuale, anzi, si inserisce perfettamente nel mood del film. Parigi deve apparire già magica, movimentata, calda. Deve rappresentare già la città perfetta per le strane avventure che vivrà il personaggio principale di questa commedia sentimentale, Gil Pender (Owen Wilson). Ogni dettaglio contribuisce alla causa.
La musica si fa sempre più lenta, fino a lasciare spazio ai personaggi e alle loro prime battute. Una intro piuttosto lunga che fa da presentazione alla vera protagonista del film: Parigi. Non si può rimanere impassibili di fronte a un tributo del genere, senza contare che con questa pellicola, nel 2012 Woody Allen ha vinto il Premio Oscar per la Miglior sceneggiatura originale e un Golden Globe per la Miglior sceneggiatura. Insomma, una scena d’apertura da brividi per un film d’autore assolutamente incantevole.
2) Arancia Meccanica – Stanley Kubrick
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una scena iniziale da brividi, anche se si tratta di brividi completamente diversi rispetto a quelli causati da Midnight in Paris. Arancia Meccanica esce nel 1971 dopo essere stato scritto, diretto e prodotto da quel genio di Stanley Kubrick. L’impatto culturale avuto da questo film d’autore è stato spaventoso e questo si deve sì al lavoro di scrittura e regia di Kubrick ma anche alla scelta del protagonista della pellicola, il cui sguardo folle e privo di qualsiasi forma di empatia è la prima cosa che viene inquadrata dalla camera. Alex e i suoi Drughi sono lì, al centro dello schermo. Fissano lo spettatore e lo mettono estremamente e volutamente a disagio. In sottofondo c’è una musica che crea tensione e sembra accompagnare con il suo ritmo il battito del cuore di chi osserva, confermando già dai primi secondi l’importanza imprescindibile che la musica ha per Kubrick e, di conseguenza per Arancia Meccanica.
Sempre senza distogliere lo sguardo dalla cinepresa, Alex si porta alle labbra un bicchiere pieno di latte, un simbolo di purezza snaturato dal protagonista e dai suoi Drughi. Fin dal primo minuto di Arancia Meccanica viene fuori con prepotenza tutta l’essenza visionaria di questa pellicola, e si offre un esempio dello stile tutto particolare di un artista come Kubrick.
3) Kill Bill: Volume 1 – Quentin Tarantino
“La vendetta è un piatto che va servito freddo.” Qualcuno ansima e trema di paura, ma noi non sappiamo ancora di chi si tratta. Sullo schermo nero compare solo questa frase, finché non vediamo una Uma Thurman in bianco e nero stesa a terra, con il velo del vestito da sposa lercio accanto, completamente coperta di sangue e con segni evidenti di lotta. È terrorizzata. I suoi sospiri sono rapidi, l’espressione è quella di una donna tradita, impaurita e completamente spaesata. Non riesce a muoversi anche se vorrebbe farlo. E quando la voce di un uomo spezza il rumore dei suoi lamenti, entriamo già nel vivo della storia, nel cuore di Kill Bill: Volume 1 (tra i capolavori di Tarantino in catalogo su Netflix).
Il film di Quentin Tarantino è uscito nelle sale nel 2003 e da allora è diventato un successo mondiale grazie allo stile inconfondibile del suo regista ma grazie anche all’interpretazione di Uma Thurman che sconvolge gli spettatori fin dai primi secondi di Kill Bill. Il suo sguardo, le ferite, il mondo in cui l’uomo si rivolge a lei cercando di dimostrarle che è lui ad avere il potere in mano. Ogni dettaglio lascia una silenziosa scia di brividi e dà la spinta a proseguire la visione per scoprire di più sull’identità di quella donna, sulle ragioni che l’hanno portata a sfiorare la morte e su quelle che hanno invece portato l’uomo che troneggia su di lei a commettere una tale violenza.
4) Il petroliere – Paul Thomas Anderson
Ora, il film d’autore più recente della nostra lista: Il petroliere (2007) di Paul Thomas Anderson, con cui il regista è stato candidato al Premio Oscar per la Miglior regia. Ispirata al romanzo Petrolio! di Upton Sinclair, questa pellicola ha consacrato definitivamente Anderson come uno tra i migliori registi della sua generazione e la Miglior regia non è stata l’unica statuetta a cui è stato candidato il film. Il petroliere si è aggiudicato un Oscar per la Miglior fotografia e, per la sua interpretazione del protagonista Daniel Plainview, Daniel Day-Lewis ha vinto il premio come Miglior attore, confermando il proprio lavoro come una delle interpretazioni più potenti e difficili nella storia del cinema.
E già dalla scena iniziale ne abbiamo una splendida dimostrazione. Daniel è in una cava completamente buia, ha un piccone in mano e scava con forza nella roccia e poi un’esplosione. Nessuna musica ad accompagnare i suoi sforzi, solo il rumore del metallo contro la pietra. Il protagonista è da solo in questo viaggio alla ricerca dell’oro nero. Il suo sguardo è la chiave di lettura dell’intero film. Un capolavoro del cinema moderno la cui importanza culturale e di testimonianza storica si vede già dai primi intensi e tesissimi minuti.
Un film d’autore che tocca tematiche purtroppo ancora fin troppo attuali e che vale assolutamente la pena recuperare.
5) Profondo rosso – Dario Argento
Il 1975 è l’anno in cui Profondo Rosso di Dario Argento esce nelle sale cinematografiche e ottiene un inaspettato successo, tanto da essere diventato oggi uno dei suoi film più famosi. Siamo in una fase intermedia della sua produzione per il cinema, e questo film si colloca a metà fra la sua fase thriller e quella successiva dalle tinte più horror. La scena iniziale della pellicola presenta una colonna sonora divenuta quasi più celebre del film stesso. Il tema più conosciuto di questo thriller è stato eseguito da un gruppo chiamato I Goblin che, dopo essere stati scelti da Argento per sostituire il precedente responsabile della colonna sonora, hanno dovuto completare il suo lavoro componendo gran parte dei temi principali. Se non fosse stato per il loro intervento, forse, la intro non sarebbe stata la stessa.
Una musica dai toni alti e pungenti, dal ritmo tamburellante in grado di trasmettere con assoluta chiarezza il messaggio e l’argomento della pellicola: si parla di paranormale, omicidi, problemi con l’alcol e salute mentale. E per comunicare ancora di più un senso di inquietudine, subito dopo la fine dei titoli di testa e quindi del tema musicale principale, una melodia in stile ninna-nanna angosciante prende il suo posto. Non c’è nulla di leggero in Profondo Rosso e proprio per questo, forse, alla sua uscita non fu apprezzato subito come avrebbe meritato. Impossibile dimenticare i brividi che questa intro ci ha fatto provare.
6) Psycho – Alfred Hitchcock
La colonna sonora inziale di Psycho non è mai stata dimenticata, fin da quando il film è uscito nel 1960. Per quanto il lavoro di Alfred Hitchcok non sia sempre stato apprezzato dal grande pubblico, Psycho è stato senza dubbio il suo maggior successo ed è la sua pellicola più conosciuta ancora oggi. Un film candidato a quattro Premi Oscar, inserito, nel 1998 dall’American Film Institute al diciottesimo posto della classifica dei Migliori cento film statunitensi di tutti i tempi. Non stiamo parlando di un film qualsiasi, e nemmeno di una intro qualsiasi. La sensazione di ansia e paura che i primi secondi della pellicola sono in grado di trasmettere non hanno eguali nella storia del cinema. Questa melodia convulsa, dai toni alti e dal ritmo incalzante dà già al pubblico l’idea dell’arrivo di un pericolo a cui non si può sfuggire e che poi è stato un pericolo reale, in quanto la storia è basata sull’omonimo romanzo di Robert Bloch del 1959, a sua volta ispirato alle vicende reali del serial killer Ed Gein.
E poi, quando la musica sembra essersi placata, attraverso una buia fessura della finestra di un palazzo a Phoenix, Arizona, entriamo a capofitto nella vita della bellissima Marion Crane (Janet Leigh, vincitrice di un Golden Globe come Migliore attrice non protagonista). Insomma, la scena iniziale di Psycho introduce subito la violenza che lo caratterizzerà e diventerà la cifra stilistica di questo film. Un elemento che inizialmente verrà aspramente colpito dalla critica ma che poi diventerà il suo punto di forza.
7) 8½ – Federico Fellini
I primi tre minuti di questo film del 1963 sono un’inquietante poesia indirizzata all’uomo e alla società. Una intro silenziosa e asfissiante quella che inaugura 8½ di Federico Fellini. Un capolavoro, una delle migliori pellicole di tutti i tempi. La grottesca commedia che ha come protagonista Marcello Mastroianni nei panni del regista Guido Anselmi inizia con il protagonista chiuso in auto e bloccato nel traffico. Alla prima impressione sembra di trovarsi di fronte a un film muto. Non un rumore nelle macchine accanto. Tutti lo fissano insistentemente senza dire nulla e lui si sente soffocare dalle aspettative, dagli sguardi, da quel silenzio pieno di pressioni. Cerca in tutti i modi di uscire dall’auto, finché non ci riesce e vola via, librandosi leggero nel cielo prima di essere preso e trascinato di nuovo a terra.
Vedendo questa scena proprio all’inizio del film, il pubblico ha la sensazione che qualcosa non vada. Sembra quasi di trovarsi all’interno di un incubo sulla terra. Federico Fellini è stato in grado di condensare, nei primi minuti del film tutta la sua visione del mondo e della vita, facendo in così poco tempo molto più di quanto altri registi abbiano mai fatto nella loro intera vita e meritandosi il terzo Premio Oscar della sua immensa carriera. Questa scena iniziale mette i brividi perché è assurda ma al tempo stesso così viva e reale da fare paura.
8½ è senza dubbio uno dei migliori film d’autore della storia del cinema.
8) Persona – Ingmar Bergman
Concludiamo questa lista sui film d’autore con l’opera di un famosissimo regista svedese, Ingmar Bergman, vincitore di ben tre Premi Oscar come Miglior film straniero con i suoi La fontana della vergine (1960), Come in uno specchio (1961) e Fanny e Alexander (1982). Il film di cui vi parliamo oggi non è uno di questi tre, ma non per questo vale di meno, anzi. Questo è forse una delle sue pellicole più sperimentali ed è facile intuirlo già dall’intro. Persona, il cui titolo è un riferimento alla maschera che l’attore indossava nel teatro latino delle origini, è uscito nel 1966 e ha subito fatto scalpore. Sequenze surreali, capacità di rappresentare l’inconscio attraverso simboli e immagini. L’incomunicabilità è la parola chiave di quest’opera cinematografica e persino la scenografia serve a restituire l’idea attraverso un’estrema semplicità estetica.
Nei primi secondi del film, siamo travolti da un suono che ricorda quello delle sirene d’allarme. Aumenta piano piano e risulta fastidioso, ma il suo scopo è proprio quello di creare tensione, di far stare sull’attenti lo spettatore, per mostrargli le prime immagini che si susseguono in fretta sotto gli occhi di tutti. Rapidissimi lampi di luce e sequenze di immagini scaraventate sullo schermo lasciano tutti sgomenti ma servono già a comunicare il tipo di percorso scelto da Ingmar per trasmettere la propria poetica. Quella di Persona è una scena iniziale che mette i brividi perché inquieta profondamente e introduce a un film molto innovativo per l’epoca nella quale è stato realizzato.