3) L’attimo fuggente
“O Capitano! Mio Capitano”
Chi non si è messo a piangere nel rivedere la scena finale di questo struggente film? A chi scrive più di una lacrimuccia è scesa. Del resto, L’attimo fuggente è una di quelle opere che riesce a insegnarci molto su quel mistero chiamato vita. E lo fa attraverso Joe Keating, un eccentrico e anticonformista professore che esorta i suoi intelligenti e volenterosi alunni, sotto pressione a causa della chiusura mentale dei genitori e della scuola, ad approcciarsi allo studio e al futuro seguendo le proprie passioni e idee, senza che gli adulti o la società decidano per loro.
Insegna ai quei giovani (e di riflesso anche a noi) ad amare la poesia, poiché non è un qualcosa che deve essere imparato a pappagallo o analizzato scientificamente con grafici matematici. Deve essere vissuta, è l’espressione di un sentimento che già è presente dentro l’essere umano. L’attimo fuggente, infatti, è un inno alla bellezza dell’arte, della letteratura e della poesia; alla loro capacità di unire il corpo e lo spirito, la quotidianità alla straordinarietà.
Solo da quel momento, solo salendo su un banco e cambiando l’angolazione con cui guardiamo un mondo che non è lineare ma pieno di spazi difformi e primitivi, smetteremo di aver paura e saremo davvero noi stessi. Come Neil, come Todd, come Joe Keating.
4) Seven
In una città senza nome e perennemente bagnata, c’è uno psicopatico che ha programmato di uccidere sette persone seguendo i sette peccati capitali, iniziando dalla gola. Due detective hanno il compito di catturarlo: l’esperto prossimo alla pensione Somerset e il giovane impulsivo Mills (due straordinari Morgan Freeman e Brad Pitt), caratterizzati da un diverso approccio alla vita e le cui differenze apparentemente inconciliabili verranno via via colmante. E quando sembrano essere riusciti a fermarlo, il killer giocherà il suo asso nella manica, rivelandosi in un’elettrizzante scena entrata da tempo negli annali del cinema (cliccate sul link solo se avete visto il film).
Seven è una discesa inesorabile nell’inferno della psiche umana, del villain sì – per capire i motivi che lo portano a uccidere in quel modo – ma anche dei due detective così approfonditamente indagati, ribaltandone ogni possibile stereotipo.
Uno dei più originali e particolari film intellettuali da vedere, coronato da una fotografia con effetti da angoscia cromatica, che spinge a riflettere sui concetti di colpevolezza e innocenza, mentre allo stesso tempo analizza moralmente la società. D’altronde Fincher lo fa in ogni suo film. Il Male e l’indifferenza dei valori colorano una città costantemente immersa nella pioggia e l’opera stessa, piena di citazioni letterarie che ne sono l’impalcatura e senza una scena di violenza, di cui ci vengono mostrate solo le terribili conseguenze.