4) Darkman (1990)
Sam Raimi è indubbiamente uno dei registi più particolari e distinguibili del cinema moderno e contemporaneo. Negli anni Ottanta ha totalmente rivoluzionato le regole dell’horror con il film La Casa che rimane, ancora oggi, uno dei capisaldi del genere. Grande amico dei fratelli Coen, Raimi stava smontando uno dopo l’altro le rigide strutture del cinema delineando una strada diversa e unica. Mostrando come la libertà espressiva dell’autore non fosse solo un sogno a occhi aperti ma una possibilità concreta da ricercare nella forma e nel contenuto. Il suo è un cinema gore, in cui sangue e comicità vanno di fianco e in cui non per forza devono esistere confini precisi entro cui catalogare un film.
Una prova del suo estro la darà in seguito con Spiderman e, più recentemente, con Doctor Strange nel Multiverso della Follia (qui la nostra recensione), film decisamente più oscuro rispetto agli standard dell’MCU. Ma, in origine, ai tempi di Darkman, Raimi non aveva né la fama di adesso né tantomeno il budget necessario per produrre una grande pellicola sui supereroi. Non solo. Il suo essere poco mainstream l’aveva reso fastidioso agi occhi delle grandi case di produzioni cosicché fu scartato a priori dalla trasposizione cinematografica di Batman, a cui anelava, e non gli furono concessi neppure i diritti di The Shadow.
Nel 1990, allora, Sam Raimi decide di farsi un film sui supereroi da sé, senza attingere ad alcun fonte fumettistica ed è così che nasce Darkman.
Il film racconta la storia del dottor Peyton Westlake (Liam Neeson) uno scienziato brillante ma sfortunato. Westlake sta lavorando a una pelle sintetica che potrebbe rivoluzionare la medicina, ma un incontro fatale con dei criminali lo lascia orribilmente sfigurato e creduto morto. Sopravvissuto a malapena, Peyton si rifugia in un laboratorio abbandonato dove continua i suoi esperimenti. La pelle sintetica che crea ha un difetto: dura solo 99 minuti alla luce del giorno, ma questo non ferma Westlake dal cercare vendetta contro coloro che lo hanno tradito. Peyton diventa dunque un anti-eroe tragico, un uomo consumato dal dolore e dalla rabbia. La sua condizione fisica e mentale lo spinge ai limiti della follia, ma gli conferisce anche una determinazione sovrumana. La capacità di creare maschere perfette per impersonare chiunque gli permette di infiltrarsi nelle vite dei suoi nemici, trasformandosi in una figura quasi mitica.
Darkman è, allo steso tempo, un cinefumetto eccentrico, gore e violento ma anche un’opera ricca di rimandi letterari. Dal Fantasma dell’Opera a Frankenstein, Darkman ha per protagonista un antieroe più vicino al male che al bene. Un villain perfetto se non fosse che non ci viene presentato come tale. La pellicola rimane una gemma nascosta nel panorama dei film di supereroi, grazie a quello stile inconfondibile al quale Raimi non ha mai rinunciato. Un mix unico di generi, un protagonista tormentato e un’ambientazione gotica.
5) Unbreakable (2000)
Altro regista che si è fatto un nome per il suo tocco originale dietro la macchina da presa è M. Night Shyamalan. Nella storia del cinema troviamo anche lui, infatti, grazie a un film come Il Sesto Senso (tra i thriller psicologici con i finali più sconvolgenti di sempre insieme a questi film qui) che non ha di certo bisogno di presentazioni. L’horror non è solo un genere ma diventa vero e proprio mezzo espressivo con il quale raccontare i tormenti dell’anima, le paure più inconsce e le tenebre che si annidano come ragni nella nostra mente. Un horror che si mescola con il dramma ma anche con il fantasy dando vita a favole oscure dal colpo di scena imprevedibile.
Unbreakable è l’ennesima prova registica di Shyamalan che sfida le convenzioni. Stavolta quelle del genere supereroistico, presentando una narrazione lenta e meditativa che esplora la natura del destino, dell’identità e della lotta tra il bene e il male. La storia inizia con un catastrofico incidente ferroviario da cui David Dunn, guardia di sicurezza di Filadelfia, emerge come l’unico sopravvissuto, e per di più senza un graffio. Questo evento straordinario attira l’attenzione di Elijah Price, un collezionista di fumetti affetto da una rara malattia ossea che lo rende estremamente fragile. Price è convinto che Dunn sia la controparte opposta della sua condizione, un uomo “indistruttibile” con capacità straordinarie.
Il film esplora profondamente il tema dell’identità dei supereroi.
David Dunn vive una vita ordinaria, insoddisfatta e inconsapevole delle sue capacità. Fino a quando l’incidente non lo costringe a confrontarsi con la possibilità di essere qualcosa di più. La sua scoperta graduale dei propri poteri rappresenta un viaggio di autocomprensione e accettazione. Lui Price sono opposti in ogni senso: uno è indistruttibile, l’altro è estremamente fragile. Questa contrapposizione rappresenta la lotta eterna tra il bene e il male, la luce e l’oscurità. Shyamalan utilizza questa dinamica per esplorare come gli opposti si definiscono a vicenda e come ciascuno necessiti dell’altro per esistere.
Un topos molto caro ai film sui supereroi ma che qui assume tonalità filosofiche.
Elijah Price crede fermamente nel destino e nel fatto che ogni persona ha uno scopo. La sua convinzione che Dunn sia destinato a diventare un protettore riflette una visione del mondo in cui tutto ha un significato e un posto predefinito. Il suo villain è logicamente folle, desideroso di adempiere al proprio scopo che si realizza in quello di Dunn. A sua volta il protagonista rientra negli scompartimenti classici dell’eroe da fumetto. Anche se, allo stesso tempo, presenta un approfondimento psicologico che raramente si è visto altrove.