3) C’era una volta il West (1968)
Il rumore di un’elica mossa dal vento, lo sgocciolio dell’acqua, il cigolio del ferro, il ronzare senza sosta di una mosca sul cappello e sul volto di un sicario. Le prime immagini di questo film sono un affresco visivo e uditivo, che permette al nostro sguardo di spaziare sull’ambiente e lungo le rotaie che si perdono nel deserto. In quella piccola stazione nel mezzo del nulla, tre uomini aspettano, immersi in un’atmosfera soffocante e piena di tensione.
Il pennacchio di fumo in lontananza ci dice che l’attesa è finita. Lo stridore dei freni del treno ci avvisa che il momento è giunto. Il suono di un’armonica si avvicina sempre di più e l’uomo (Charles Bronson) che ne è il proprietario, è pronto a iniziare il duello contro i suoi sicari. Poco distante da loro, nel paese di Sweetwater, sta avvenendo una carneficina. Un gruppo di cowboys sta uccidendo a sangue freddo la famiglia dei McBain. Il capo, Frank (Herny Fonda) spara senza pietà all’unico superstite, un bambino. Jill (Claudia Cardinale), un ex-prostituta di New Orleans arriva in città. Sta raggiungendo il suo sposo McBain, ignara della sua morte.
La meraviglia di questo film diretto da Sergio Leone è rappresentata dalla presenza di pochi dialoghi, sostituiti dai rumori naturali e dalla colonna sonora di Ennio Morricone. Ognuno dei personaggi ha il proprio tema musicale che lo accompagna in diverse declinazioni per tutta la durata della pellicola. Un’idea unica e molto espressiva.
Il regista ha confezionato un film western coi fiocchi, dal risvolto dolce-amaro sulla fine del Mito del West e l’arrivo del progresso.
4) Il mucchio selvaggio (1969)
È l’anno 1913 e il periodo d’oro del Western è giunto alla sua conclusione. Il treno è diventato il nuovo mezzo di trasporto e per percorrere la tratta New York – Los Angeles si impiegano 5 o 6 giorni invece di diversi mesi a cavallo o in carovana. In questo contesto agisce il mucchio selvaggio, un gruppo di banditi capitanati da Pike (William Holden). Ma non sono soli, perché sulle loro tracce ci sono i cacciatori di taglie guidati da Thornton (Robert Ryan), ex-socio di Pike.
Il bandito e i suoi uomini vengono intrappolati all’interno di una banca ma riescono comunque a scappare in Messico, dopo una violenta carneficina. Lì, il generale Mapete li ingaggia per assalire un treno carico di armi, che porterà i protagonisti verso la spirale sanguinaria finale, un vero e proprio cult per gli appassionati.
La caratteristica di questo film western da vedere è il suo essere crepuscolare, dalle tinte fosche, in cui la violenza è iperrealistica, come nessun altro aveva mai osato fare prima. È una brutalità che serve come mezzo per mostrare la realtà della società e per muovere una critica ai suoi meccanismi più crudeli. E come avviene spesso, a pagare il prezzo più alto sono i deboli e gli emarginati. È una riflessione su un mondo in cui gli oppressi diventano oppressori e viceversa, e in cui non esiste la figura dell’eroe da venerare.
Il mucchio selvaggio diventa così il simbolo del “Dirty Western” e verrà preso a modello da tantissimi registi successivi come Martin Scorsese, Quentin Tarantino e Brian de Palma.