Vai al contenuto
Home » Film

Il film della settimana – Il caso Thomas Crawford

Il caso Thomas Crawford
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Il caso Thomas Crawford.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Il caso Thomas Crawford? Ecco la risposta senza spoiler.

Disponibile su Netflix (ma affrettatevi che il 19 agosto scade, a meno di ribaltoni dell’ultimo minuto) e a noleggio su Chili, Il caso Thomas Crawford è un giallo piuttosto atipico, dato che nei primi dieci minuti viene rivelato subito chi è il colpevole, quando invece nel genere classico la scoperta della sua identità è l’obiettivo del detective, la sorpresa scioccante o il colpo di scena finale. Thomas Crawford, dunque, è un ricco ingegnere che, scoperto il tradimento della moglie, tenta di ucciderla. Ne segue l’arresto e il processo in tribunale, nel quale decide di difendersi da solo, sfidando il giovane assistente distrettuale Willy Beachum, che sta per essere assunto da un grande studio legale. Per un avvocato che odia perdere, quello di Crawford sembra un caso agevole da archiviare, grazie anche alla confessione dell’uomo. Ma le cose non saranno così facili come appaiono e questo mistero si trasformerà presto nella sua odissea personale.

In un mix tra Jack lo Squartatore (quello con Johnny Deep) e L’avvocato del diavolo, Il caso Thomas Crawford di Gregory Hoblit esplora il rapporto e il conflitto tra due uomini così diversi, eppure determinati a prevalere sull’altro. Tra plot twist e giochi di potere, la trama tanto semplice quanto mai banale riesce a coinvolgere lo spettatore per quasi due ore, fino all’incredibile epilogo finale. Merito della regia, senza sbavature nei cambi sequenza e con un perfetto uso delle luci nell’inquadrare volti o dettagli di grande effetto.

Soprattutto sono i due attori protagonisti a elevare il film: Ryan Gosling entra ottimamente nella parte di Beachum, risultando una perfetta spalla per l’infinito Anthony Hopkins. Quest’ultimo, con una recitazione inquietante e magistrale (che ricorda il suo Hannibal Lecter), riesce a essere misterioso nonostante si sappia fin dall’inizio che Thomas è colpevole, in un ruolo che sembra appositamente scritto per lui. Non vi resta dunque che vedere la pellicola, per tornare poi a leggere la nostra analisi, con focus particolare sui due protagonisti e sul finale.

SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) de Il caso Thomas Crawford, del rapporto tra i protagonisti e la spiegazione del finale

Il caso Thomas Crawford

Se dovessimo descrivere in poche parole Il caso Thomas Crawford, diremmo che è un racconto sul potenziale distruttivo insito nell’essere umano. Infatti, si presenta fin dai primi minuti come un finissimo duello – o, ancora meglio, un’intensa partita a scacchi – tra due protagonisti che hanno un’affinità mentale pericolosa e che si attraggono come calamite nonostante le differenze. I loro ruoli sono ben definiti: c’è il buono e il cattivo, l’uomo di legge e il colpevole, incarnati rispettivamente da Willy e da Thomas. Il primo è uno spocchioso avvocato in rampa di lancio; un giovane uomo con un atteggiamento da bullo, che non chiede mai e che, nel confronto col secondo, si trova svantaggiato proprio a causa della caratteristica di cui va più fiero: l’essere un vincente. Crawford lo sa e comprende l’indole arrogante di Beachum; sa che quel giovane altezzoso è il suo nemico, l’avversario da (ab)battere se vuole trionfare nel processo.

E allora decide di spezzarlo psicologicamente. Ma per vincere o per trasformarlo?

Thomas gli fa credere di essere un pazzo sempliciotto con cui avrà vita facile, quando in realtà è un grande pianificatore, il quale nel corso della sua esistenza ha imparato che il sapere è dolore. È questa consapevolezza che infonde in lui un cinismo tale da portarlo a compiere il tentato omicidio a sangue freddo della moglie traditrice e a decidere di battere Willy sul suo terreno di gioco, ovvero la legge. Lì dimostra che l’unico modo per sopraffarlo in questo duello mentale è conoscere sé stesso, l’avversario e, soprattutto, l’importanza delle parole.

Ne Il caso Thomas Crawford il personaggio di Hopkins non parla mai da colpevole, ma da carnefice. Dalla sua bocca esce quasi sempre la verità e nasconde ciò che non vuole o non può dire, perché altrimenti si comprometterebbe (ad esempio si scoprirà solo alla fine dove ha furbescamente nascosto l’arma del delitto). Si serve della provocazione, di forme vezzeggiative e diminutive, di frasi a effetto, in modo da colpire il ragazzo nel profondo e, allo stesso tempo, spingerlo a tirare fuori il meglio di sé. Più o meno come un maestro fa con il suo allievo. Da un lato esprime il suo apprezzamento per le capacità di Willy, dall’altro lo prende in giro senza pietà. Se un momento prima gli dice che è un vincente e che ammira la sua scalata al successo, quello dopo lo rimprovera, giudicandolo fin troppo superbo e sicuro di sé.

Crawford, infatti, è un fine osservatore, che riesce a trovare anche la più piccola crepa in un oggetto o in una persona. Individua subito la spaccatura in Willy, in quel credersi già arrivato che inevitabilmente segna la sua sconfitta, riuscendo a trasformare la forza del nemico in una debolezza da sfruttare. In questo modo, Beachum cade ne Il caso Thomas Crawford: il momento in cui fanno uscire di galera il suo avversario è il punto più basso che abbia mai toccato nella sua esistenza. Dopo essere stato annientato da un Thomas che ha pure piegato la giustizia al suo volere, Willy smarrisce tutte quelle certezze che sembravano indistruttibili. E il delitto perfetto pare essere compiuto.

Ecco che la sconfitta assume un valore fondamentale ne Il caso Thomas Crawford, quasi catartico.

Attraverso quella batosta, Willy cambia evolvendosi da un cinico e presuntuoso avvocato in uno estremamente empatico, che per risolvere questo caso è disposto a mettere a rischio ogni cosa, in una difficile e adrenalinica corsa contro il tempo. Un po’ come Thomas che nel dolore ha risvegliato il mostro in sé, è solo nella consapevolezza dei terribili effetti delle sue azioni (ad esempio, il suicidio del detective Nunally e la morte della moglie di Crawford, Jennifer) e nella conseguente sofferenza che Beachum, quando tutto ormai è archiviato, trova la quadratura del cerchio, sciogliendo il complesso intreccio del nemico e battendo così il sadico omicida.

È lo stesso Crawford che involontariamente anticipa il destino nel quale inciamperà, dando a Beachum una dritta importantissima su dove deve concentrare il suo sguardo:

“Se guarda con attenzione, troverà che ogni cosa ha un punto debole dove può rompersi, prima o poi”.

Thomas, infatti, compie un errore che decreta la sua rovina ne Il caso Thomas Crawford. Non essendo morta e potendo risvegliarsi da un momento all’altro dal coma in cui è caduta in seguito allo sparo, Jennifer può rivelare ciò che è realmente successo quella sera. Così, per impedire che la donna confessi ogni cosa, il marito ne assume la tutela legale e ordina di staccarle la spina, condannandola così a morte certa. Logicamente è la mossa più astuta che potesse fare perché, oltre a eliminare la testimone chiave del suo crimine, impedisce a Beachum di andare avanti con le indagini, non avendo quest’ultimo nemmeno a disposizione l’arma del delitto.

In più, la confessione di Thomas riguardo il tentato omicidio era stata invalidata quando la relazione tra Jennifer e Nunally venne resa pubblica. Nel Common Law (il sistema giuridico applicato negli Stati Uniti e in altri paesi dell’area anglosassone) c’è un principio chiamato Double Jeopardy (conosciuto anche con il nome latino Ne bis in idem, che si può tradurre in italiano con Doppio Rischio), secondo cui un accusato non può essere processato due volte per lo stesso reato.

Così Crawford si sente protetto e crede che le accuse di Willy saranno vane. Ma il diavolo si sa, è nei particolari.

Il caso Thomas Crawford

La situazione è cambiata perché, dando il consenso per staccare i macchinari che tenevano in vita la moglie, adesso Jennifer è morta. Quindi, Crawford è perseguibile per omicidio, mentre le accuse passate riguardavano il tentato omicidio. Di conseguenza, Willy può imbastire un nuovo processo, spiegandolo con una grandissima soddisfazione a un Thomas basito:

“Quando è stato processato per tentato omicidio, sua moglie era ancora viva. Ma lei doveva per forza staccare la spina, vero? Beh, ora è morta, e questo è delitto. Omicidio di primo grado, è una nuova accusa. Ci sono nuove prove. È un nuovo processo.”

Per la prima volta da quando è iniziato Il caso Thomas Crawford, il personaggio che dà il nome al film ha un cedimento, cacciando da casa sua in malo modo il giovane avvocato. Quest’ultimo, poi, affronta proprio quei legali – stavolta l’ingegnere non si difende da solo – del grande studio con il quale Beachum, all’inizio della pellicola, stava per impegnarsi lavorativamente e sentimentalmente (la storia con il suo capo Nikki era, infatti, appena cominciata). Allora il processo rappresenta una sfida con il quale potrà finalmente voltare pagina, ma solo se assicura Crawford alla giustizia e sconfigge quelli che potevano essere i suoi colleghi. Quel Thomas che, alla fine, non è più sicuro e spaccone come un tempo, perché Willy si è davvero dimostrato un vincente, che si sfida, torna sui suoi passi e li rimette in discussione, riprendendo quel posto che aveva perso a causa dei suoi sbagli.

L’allievo Willy, dunque, ha superato il maestro Thomas. E forse, in fondo, è proprio quello che quest’ultimo desiderava.

LEGGI ANCHE – Il film della settimana scorsa: Il talento di Mr. Ripley