Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Il dubbio.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Il dubbio? Ecco la risposta senza spoiler
Nel 2008 John Patrick Shanley decide di adattare una delle sue opere teatrali più importanti in un film per il cinema. Con Il dubbio (disponibile su Paramount Plus, a noleggio su Prime, Timvision, Apple e Chili) riavvolge il nastro del tempo fino al 1964, anno in cui la popolazione statunitense era ancora sconvolta dalla morte di Kennedy, i movimenti per i diritti civili erano agli inizi e gli effetti progressisti del Concilio Vaticano II ancora vivi. In una scuola cattolica del Bronx, si diffondono delle accuse pesanti contro padre Flynn, reo di prestare troppe attenzioni alla carriera del primo studente di colore ammesso nell’istituto, Donald. La severa suora direttrice del collegio, Aloysius, inizia a guardarlo con sospetto, che germoglia in lei fino a trasformarsi in certezza assoluta. D’altronde, certe volte non si sbaglia a pensare male quando di mezzo ci sono preti e bambini, ma questo è davvero un altro di quei casi?
Retto da eleganti scelte stilistiche, dialoghi potenti e una drammaturgia estremamente impattante, Il dubbio fotografa un momento storico pieno di conflitti – necessari, però, per migliorare la situazione – e dove la parola degli ecclesiastici pesa ancora. A dare, però, forza all’opera ci pensano un quartetto di attori fenomenali, tutti nominati agli Oscar per le straordinarie performance, che da soli valgono il prezzo del biglietto: Meryl Streep è Sorella Aloysius, il compianto Philip Seymour-Hoffman padre Flynn, Amy Adams è la giovane e idealista suora che fa quelle supposizione su quest’ultimo, Viola Davis è la madre di Donald.
Emblematico e coinvolgente, il film non si conclude con quel finale lacerante, ma rimane con noi anche dopo, continua a farci interrogare su quanto visto, su temi delicatissimi come la pedofilia, sulla distorsione della cultura e del progresso, sull’autentico significato di verità e di come possa sconvolgere la vita delle persone. E, come sempre, dopo averlo visto, tornate qui a leggere la nostra recensione.
SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) de Il dubbio
“Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio”
Mai parole furono più azzeccate di quelle di Bertold Brecht. Infatti, il sospetto si insinua nella nostra testa, si attacca al nostro cervello come una cozza a uno scoglio e non se ne va più via. Pian piano cresce, ci ingloba e diviene un’ossessione tanto grande che non ci importa qual sia la verità oggettiva, quanto trovare quella personale che confermi le nostre ipotesi. In un contesto di forte moralità come può essere quello della Chiesa, soprattutto se impegnata nell’educazione delle nuove generazioni, e in un periodo storico che tende verso la liberalizzazione dei costumi mentre la morte di Kennedy aleggia ancora nell’aria e il Concilio Vaticano II cerca di riavvicinarsi ai fedeli con riforme progressiste, verità e dubbio hanno un impatto ancor più devastante.
Del resto, la Chiesa non esce mai troppo bene dalle raffigurazioni sul grande schermo e Il dubbio non è da meno, criticando il sistema educativo ecclesiastico dalle mille contraddizioni e impostato su valori sfoggiati ma, in realtà, poco seguiti.
È attorno ai dialoghi dei protagonisti che si concentra la narrazione della pellicola di Shanley, perché tutti loro sono fermi e decisi a difendere la propria posizione e la propria idea di fede, perché questo è un film di attori. Lo scontro principale è tra i meravigliosi Meryl Streep e Philip Seymour-Hoffman, e viene combattuto con le parole, gli sguardi, i gesti e le due diverse visioni della vita: tradizione vs progresso, rigidità vs apertura.
Meryl Streep riesce a essere perfettamente credibile nella parte della preside dura e intollerante, facendo quasi paura per il modo in cui si impossessa del suo personaggio. Aloysius è convinta che si ottenga una buona educazione e si serva al meglio Dio attraverso la fermezza e la rigidità; unito al suo profondo pessimismo, vede padre Flynn come una minaccia che può sovvertire l’ordine secolare delle cose. Per questo, anche se la pulce nell’orecchio le viene messa da altri, è più facile che in lei nasca il dilemma sul rapporto dell’uomo con Donald.
Seppur Meryl Streep sia la protagonista indiscussa, non è da meno Philip Seymour-Hoffaman che, giocando con la sua fisicità, si cala brillantemente nella parte del prete caritatevole, progressista, deciso ad abbracciare il vento di cambiamento allentando le rigide usanze scolastiche e intento a combattere la discriminazione razziale. Fa così ricredere chi aveva pensato che questo ruolo non fosse adatto a lui, dati i suoi precedenti lavori, e forse è proprio per questo che la sua performance risulta ancora più spiazzante. A creare il terreno dello scontro tra Aloysius e Flynn, essendone l’anello di congiunzione, è la timida Sorella James di una convincente Amy Adams, bravissima nel non farsi schiacciare dagli illustri nomi al suo fianco. Perfetto contraltare della cattiva suora, rappresenta in pieno la diffidenza di un personaggio dalle mille sfaccettature e l’insicurezza di chi, nonostante tutto, non si fida delle apparenze.
A loro si unisce la madre di Viola Davis, che in pochissimi minuti riesce trasmettere la sua rabbia, il suo dolore e a ottenere una meritatissima nomination all’Oscar.
Le è bastata una scena, un frammento, per conquistarci. Soprattutto se in quel momento la condivide con niente di meno che Meryl Streep. Considerando il valore delle due attrici, è semplicemente una delle sequenze più belle e memorabili de Il dubbio. Lì dove Viola Davis le butta in faccia l’amara verità dell’esistenza:
“Qualsiasi cosa ti riserva la vita, la devi accettare, e fartene una ragione”.
Lei di ragioni se n’è fatte parecchie, soprattutto perché il film accenna alla “diversità” del figlio; lei che, invece, di dubbi non ne ha e poco gli interessa il modo in cui padre Flynn si approccia con Donald, perché è la sola persona che ha mostrato gentilezza, interesse e sensibilità verso di lui. È dunque chiaro che attraverso Viola Davis – ma anche gli altri personaggi – non è tutto bianco o nero, che loro presentano delle zone d’ombra e che nessuno appare com’è realmente: il buon Flynn di Philip Seymour-Hoffman assume una certa ambiguità perché non parla mai del suo passato, Aloysious sembra aver compiuto qualcosa di terribile, Sorella James ha forse calunniato un innocente, il personaggio di Viola Davis sembra quasi costretta a chiudere un occhio di fronte alle possibili molestie al figlio. E anche Dio sembra voler dire la sua, quando interviene nelle conversazioni con una lampadina fulminata, un vento apocalittico, una telefonata ripetuta.
È l’ambientazione, il modo in cui Shanley la costruisce, a dare profondità allo spoglio collegio ecclesiastico, dando poi valenza allegorica al tempo meteorologico, i cui elementi sottolineano i caratteri e le azioni degli stessi personaggi: il vento delle foglie, la pioggia che bagna ogni cosa, la fredda e gelida neve, le piume del pettegolezzo.
Effettivamente, non era facile adattare Il dubbio dal teatro al grande schermo.
Eppure riesce benissimo a raccontare una storia basata sull’incertezza senza renderla scontata, svelarne i trucchi o appiattirla come a teatro. Elegante e con una razionalità d’altri tempi, valorizzato dalla colonna sonora che crea picchi emotivi elevatissimi, Shanley contrappone inquadrature particolari e movimenti di macchina impercettibili (soprattutto nei dialoghi) ad altre più statiche, che si attengono al testo, in modo da rendere visivamente la differenza tra incertezza e certezza. E per lui non è importante rispondere al grande interrogativo che pone Il dubbio; quel compito lo lascia a noi. Infatti, vuole farci riflettere su che cosa succede ogni volta che intentiamo un processo sommario verso qualcuno, pur non avendo le prove della sua colpa. Veniamo coinvolti in prima persona, perché il nostro giudizio è fondamentale per la condanna o l’assoluzione di Philip Seymour-Hoffman.
Alla fine, dunque, se quest’ultimo viene promosso e trasferito in un’altra chiesa (ribadendo, in un certo senso, le differenze ecclesiastiche tra uomini e donne, così come sono ben visibili nella scena del banchetto: sobria e composta quella delle suore, festaiola e abbondante quella dei preti) e Sorella James lo perdona, Aloysius piange disperatamente perché dilaniata dal sospetto delle sue accuse, che ha frantumato non solo le sue certezze, ma pure la sua fede. Allora il film torna al punto di partenza, in cui Flynn dice di accettare l’inquietudine della fede, perché è solo interrogandosi che l’uomo può crescere, condannando invece l’intolleranza, la superbia e la falsità. Vizi che, come è visibile nell’opera, possiede anche la Chiesa stessa.