Viviamo in un mondo fatto di imperfezioni, costruito sulle fragilità e sulle insicurezze degli esseri umani. In un mondo così non c’è spazio per le famiglie perfette, quelle delle allegre pubblicità a cui tutti rivolgono sguardi invidiosi e insoddisfatti. Ogni famiglia convive con le debolezze e con gli sbagli che la contraddistinguono e la rendono unica, e per quelle omogenitoriali non è assolutamente diverso. Per molto tempo la necessità di dare spazio e voce anche ai legami familiari che hanno come protagoniste o protagonisti individui dello stesso sesso, ha dato vita alla convinzione che la cosiddetta “famiglia arcobaleno” fosse per questo esente dalle problematiche di qualunque altra famiglia. Il filo invisibile, film ideato e diretto da Marco Simon Puccioni e distribuito su Netflix lo scorso 4 marzo, ci ricorda che non è affatto così.
Quella di Leone (un giovanissimo ma consapevole Francesco Gheghi) e dei suoi due papà Simone (Francesco Scianna, già protagonista in A casa tutti bene – La serie) e Paolo (Filippo Timi) è una famiglia fatta di amore ma anche di difetti. La normalità è la vera protagonista del film. Una normalità che si nasconde nelle piccole cose e che piano piano si fa strada nelle case di tutti gli spettatori.
Leone è un ragazzo di 16 anni intelligente e pieno di vita, sempre pronto a difendersi dai pregiudizi degli altri e a lottare per la bellezza della sua famiglia. Ama i suoi genitori e si sente fortunato ad aver avuto l’opportunità di crescere in una casa in cui, riguardo la sua nascita, non ci sono mai stati segreti. Paolo e Simone sono sempre stati molto limpidi sul percorso tutto in salita che hanno dovuto affrontare per riuscire a stringere il loro unico figlio tra le braccia (e che presenta sempre nuove difficoltà). Non c’è niente di edulcorante nel modo in cui hanno cresciuto Leone, perché solo attraverso la sincerità della loro relazione potevano sperare di formarlo e prepararlo ad accogliere al meglio la vita.
Sono stati così bravi a crescere il ragazzo, che hanno mantenuto degli ottimi rapporti anche con la donna che per nove mesi lo ha portato in grembo.
Leone la chiama affettuosamente “Dede” (e qualcuno forse se la ricorderà come la Regina Calanthe della prima stagione di The Witcher). In realtà, il suo nome è Tilly, vive in America con la sua famiglia e non ha esitato ad aiutare i suoi amici italiani quando ne hanno avuto bisogno. La presenza di questo forte e sfaccettato personaggio femminile, oltre a regalare un tocco di professionalità grazie alla splendida performance di un’attrice come Jodhi May, dona anche internazionalità al film Netflix, contribuendo ad ampliarne il carattere da prodotto di schiacciante attualità.
Attraverso una storia apparentemente ordinaria, Puccioni porta sullo schermo una verità senza stereotipi o banalità, una storia di formazione adatta a un pubblico di tutte le età. Ai più piccoli, infatti, Il filo invisibile può insegnare a reagire ai pregiudizi degli altri combattendoli con l’informazione e la parola, proprio come Leone fa con i suoi compagni di classe e con tutti quei ragazzi che lo ritengono omosessuale solo in quanto figlio di due uomini. Agli adulti il film può offrire un enorme spunto di riflessione perché, come dice Anna (Giulia Maenza) parlando di sua madre: “Si atteggia da donna moderna, aperta e progressista. Però poi l’unica famiglia che concepisce è quella tradizionale.” E quale modo migliore di sovvertire tutte le infondate convinzioni frutto di un’obsoleta e antiquata ottica borghese se non con uno schiaffo tirato dritto in faccia dall’inevitabile realtà delle cose?
Se cercate un film non impegnativo ma abbastanza contemporaneo da vedere in famiglia, Il filo invisibile è ciò che fa per voi.
Con una genuina leggerezza e con la giusta dose di ironia, questo film ritrae in maniera sincera non solo gli adolescenti di oggi, ma anche i loro genitori. Per farlo si serve di un cast in grado di unire volti già conosciuti a volti emergenti, permettendo così ai giovani attori protagonisti di dimostrare il proprio talento e di affinare le proprie capacità. Accanto a Filippo Timi e a Francesco Scianna, infatti, troviamo un giovanissimo ma altrettanto talentuoso Francesco Gheghi, che aveva avuto modo di mettersi alla prova già con Mio fratello rincorre i dinosauri (2019). La professionalità del ragazzo è un esempio anche per gli interpreti dei fratelli Anna e Dario, suoi compagni di scuola.
Anche se in numerose occasioni è facile notare la differenza nelle esperienze attoriali dei giovanissimi rispetto a quelle dei loro colleghi più grandi, ciò non penalizza in alcun modo la riuscita del film, e non ne compromette assolutamente la godibilità. Sono altri i valori di questo prodotto cinematografico e altri i messaggi che intende inviare al pubblico.
Il filo invisibile porta sullo schermo tanti tipi di intimità: quella che lega due adolescenti al loro primo amore, quella di cui hanno bisogno i giovani alla scoperta della propria sessualità, quella che una donna può avere nei confronti dei due uomini per cui ha contribuito a mettere al mondo una vita, ma anche quella che per 20 anni ha legato questi due uomini. Un’intimità che non sparirà mai, nonostante i bivi di fronte a cui, inevitabilmente, la vita li pone.
Ogni famiglia vive gli stessi dolori, deve fare i conti con le stesse sofferenze. Solo che, nella nostra contemporaneità, la strada che porta le coppie “non tradizionali” a vedere legittimati i propri diritti familiari è ancora molto lunga e impervia. Eppure, film come Il filo invisibile possono contribuire a renderla meno accidentata e forse possono permettere a tutti di capire che non sempre contano il sangue e i geni, perché alla fine la vera famiglia è quella che decidiamo di scegliere per noi ogni giorno.
È quella che tentiamo di costruire anno dopo anno con fatica e determinazione, è quella che ci fa sentire a casa indipendentemente dal luogo in cui ci troviamo ed è, soprattutto, quella formata da individui a cui saremo per sempre connessi attraverso un eterno filo invisibile.