Il paradiso di John Coffey aveva le porte aperte, le luci accese e il profumo di casa. Quel paradiso lo stava chiamando a sé da quando il gigante buono aveva messo piede nel penitenziario di Cold Mountain, l’inferno di questa terra. Un luogo dove ci sono solo morti che camminano, anime in pena pronte ad espiare i peccati sulla Old Sparky, la sedia elettrica. Credo che per la maggior parte dei condannati il paradiso arrivava nel momento in cui tornavano con il pensiero al momento migliore della loro vita, quando i delitti o tutte le cose sbagliate che avevano fatto non esistevano ancora. Nel momento in cui la loro faccia “ancora pulita” posava sul seno candido delle mogli. Per John Coffey, un nome che ricorda il sapore familiare e rassicurante del caffè, non era esattamente così. Il suo paradiso tuonava quando cercava di salvare gli altri, quando rompeva le scatole al dolore che affligge l’universo.
John era stato sbattuto nella cella di fronte al Miglio Verde, il lungo corridoio che portava alla Vecchia Scintillante, la sedia elettrica dove i detenuti bruciavano insieme agli ultimi pensieri che gli passavano per la testa, le ultime preghiere dette per smorzare il peso della morte. Ma John non aveva paura né del Miglio Verde, né della sua esecuzione. L’unica cosa che faceva tremare le gambe a quel gigante era il buio. Come un bambino che chiede ai genitori di non spegnere la luce nell’ora prima di dormire, così John sperava che nella sua cella arrivasse almeno un po’ di chiarore per abbattere le ombre. Fa strano pensare che un uomo così grande (in tutti sensi) abbia paura del buio ma non è di semplice mancanza di luminosità che si parla, bensì della più spirituale assenza di luce, ovvero il male. John aveva paura del male perché lo aveva visto tante volte, si era insidiato nella sua pancia senza chiedere il permesso.
Il Miglio Verde: dicotomia tra bene e male
Con il Miglio Verde Stephen King ha spinto al massimo della tensione la sua brillante penna, raccontandoci, come fa un maestro intorno ad un gruppo di bambini, il senso della vita. Qui, la classifica dicotomia tra bene e male viene sezionata in ogni aspetto attraverso la figura di un uomo, John Coffey, e la sua missione provvidenziale. John sembra essere stato mandato da Dio in persona come un angelo che deve porre rimedio al dolore che sfalda le mura del mondo. Quando fu trovato e incolpato per omicidio con il corpo massacrato di due bambine, le uniche parole che uscirono dalla sua bocca furono come scie di stelle che si polverizzano nella notte. “Non ho potuto farci niente. Era già troppo tardi”. Tardi per cosa, John? Tardi per aiutarle e salvarle, per rianimare gli occhi innocenti di quelle bambine uccise da qualcun altro. Troppo tardi per essere il loro angelo custode.
Nel Miglio Verde bene e male si combattono fino allo scoccare del battito delle ciglia di John e noi, spettatori impazienti, siamo costretti a fare i conti con una storia che lascia senza parole e fiato. Un ragazzo nero è stato sbattuto in carcere ma non è il colpevole, non sa nemmeno cosa siano le stagioni o il gusto del polpettone che si mischia con le patate. John conosce soltanto amore ed è amore che vuole dispensare. Lo fa prendendosi tutte le tribolazioni di chi gli sta accanto, come il tumore della moglie del presidente del carcere. Prende quel male e lo mangia come un cioccolatino per toglierlo dal corpo della donna affinché lei non soffra, non muoia. Lo fa salvando il Signor Jingles, il topolino che scorrazzava nel corridoio del Miglio Verde, dopo essere stato schiacciato da Percy. Lo fa ancora attraverso le lacrime a cui si lascia andare per dimostrare che il pianto non è solo disagevole, ma anche curativo. Di più, è anche splendore.
E proprio come fa chi sa di aver raggiunto il suo obiettivo, non ha più ragioni per continuare la sua battaglia contro la sofferenza. La vita di John finisce sulla Old Sparky del Miglio Verde come tutti gli uomini che hanno fatto del male, ma nel suo caso non sa di resa, bensì di liberazione. Si è liberato dal peso del dolore che sente come schegge nell’occhio. John era stanco di andare sempre in giro solo come un passero nella pioggia. Stanco di non poter aver mai un amico con lui che gli dica dove andare, da dove vengono e perché. Stanco soprattutto del male che gli uomini fanno ad altri uomini. Stanco di tutto il dolore che sente e ascolta nel mondo ogni giorno e stanco persino del buio della notte. Per lui il cielo ha senso solo se imbottito di stelle che ballano e si abbracciano come due amanti presi d’assalto dalle emozioni.
Un inno al bene
Per questo gigante buono la vita ha senso solo se il bene detiene sempre il posto sul trono che aleggia nelle periferie del mondo. Il Miglio Verde è un inno al bagliore dell’amore e all’irresistibile richiamo della sua forza, una forza che stimola tutti gli uomini. John è in paradiso e il suo cuore batte talmente forte che fa fatica a parlare. Prima di morire ha voluto vedere un film in cui ci sono due amanti che ballano sotto il riflesso della musica. Con gli occhi sgranati dalla felicità ha pensato che quei due amanti fossero angeli. È così che lo ha immaginato il paradiso: angeli che ballano. Ora può ballare anche lui, senza vergogna e senza solitudine, ma con il ricordo di aver fatto tanto bene al mondo, tanto bene a Paul, a sua moglie e persino al Miglio Verde, l’inferno di questa terra.