Se c’è un attore della nuova generazione che ho praticamente adorato in ogni interpretazione della quale sono stata spettatrice, questo è Paul Mescal. Che sia al cinema o nelle serie tv – Normal People è entrata di diritto nella top ten delle mie serie preferite di sempre e non credo che ne uscirà facilmente – l’attore irlandese riesce a dare ai personaggi che interpreta una profondità meravigliosa e a tratti anche inquietante per quanto è reale. Va da sé che nel momento stesso in cui sono venuta a conoscenza della distribuzione di Il nemico, produzione Amazon Original approdata su Prime Video venerdì 5 gennaio, mi sono detta “Ok, devo vederlo”. A maggior ragione perché si tratta di un thriller, genere che per quanto mi riguarda non può essere paragonato a nessun altro. A ulteriore maggior ragione perché ad affiancare Paul Mescal nel film è Saoirse Ronan, altra attrice che porto nel cuore e che credo nella sua generazione abbia poche eguali. Insomma, due dei miei attori preferiti in un film che appartiene al genere che più di ogni altro adoro: una combinazione da cogliere al volo. Cosa che ho fatto e della quale, vi anticipo, non mi sono assolutamente pentita. E, sempre in tema di anticipazioni, vi annuncio anche che è quasi impossibile scrivere una recensione comprensibile di Il nemico senza fare spoiler grossi quanto una villa hollywoodiana, quindi è meglio che chi non ha voglia di riceverne si fermi alla fine del paragrafo 3.
Il nemico: la trama
Siamo nel 2065. In una fattoria nel bel mezzo del nulla nel Midwest vivono Junior ed Henrietta, una giovane coppia sposata ormai da sette anni e con problemi relazionali evidenti fin dalla scena numero 1 del film, nella quale Hen piange sotto la doccia. Il futuro descritto è alquanto apocalittico: il nostro pianeta è in condizioni estremamente critiche, l’aridità del suolo rende il surriscaldamento globale una tematica palese agli occhi di chiunque (non che oggi non lo sia, ma questa è un’altra storia) e le risorse che permettono alla vita di continuare a fare il suo corso sono ormai tendenti allo zero. La situazione sulla Terra è talmente complessa da aver portato la classe dirigente a cercare nuovi modi per vivere nello spazio piuttosto che a tentare di risolvere le mancanze su un pianeta ormai privo di ogni speranza per il futuro. È in questo contesto che un bel giorno a casa di Junior ed Hen arriva Terrance, funzionario di un’agenzia governativa che porta avanti gli studi sulla vita nello spazio, comunicando alla coppia che Junior è stato scelto per partecipare a un programma spaziale che, da lì a un paio di anni, lo porterà a lungo termine lontano da casa. Più che una proposta, quella di Terrance è una dichiarazione alla quale non ci si può opporre, una sorta di leva militare mascherata da grande opportunità per il suo futuro e quello di tutta l’umanità.
La notizia è sconvolgente, una di quelle che non possono non avere ripercussioni importanti su una coppia, e ancora di più lo è quando un anno dopo Terrance torna annunciando che ormai il momento della partenza è arrivato. Come se non bastasse, l’agente comunica anche a Hen e Junior che si fermerà a vivere insieme a loro per due settimane per eseguire alcuni test. Test che, di lì a poco, si trasformano in qualcos’altro: Terrance non vuole soltanto controllare che il corpo di Junior sia pronto per il grosso sforzo della partenza, ma vuole anche e soprattutto conoscere tutti i dettagli possibili e immaginabili su di lui e sulla sua relazione, in modo da poterne creare un sostituto biologico. Non si tratta di un “semplice” clone, ma di una vera e propria entità capace di vivere in maniera propria ma con i ricordi, la personalità e i comportamenti di Junior. O meglio, nel caso specifico, di Junior ai tempi in cui la sua relazione con Hen era più sana, giovane e viva. Insomma, in un contesto sociale e umano totalmente allo sbando, l’intelligenza artificiale ha fatto talmente tanti passi avanti da rendere l’aggettivo artificiale alquanto obsoleto. Eppure l’idea che un sostituto, uguale o meno a Junior che sia, possa prendere il suo posto nel periodo di assenza, non fa che alimentare quelle ansie e quelle paranoie che portano il ragazzo fin quasi alla follia.
D’ora in avanti spoiler alert
Tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore canadese Iain Reid, che insieme al regista Garth Davis ha anche sceneggiato la pellicola, la trama thriller-fantascientifica di Il nemico si può definire tutto fuorché semplice da comprendere. Nel corso dei 110 minuti di film sono diversi i momenti in cui arriviamo a pensare “Ok, qui c’è qualcosa che non va“. Lo facciamo poco dopo l’inizio, quando sentiamo Hen chiedere scusa a Junior per averlo trascurato anche se fino a poco prima la sensazione era che fosse lui a trascurare lei; lo facciamo di nuovo subito dopo, quando cominciamo a percepire un protagonista maschile ben diverso da come ci era sembrato nell’incipit del film; lo facciamo ancora ogni volta che vediamo Terrance reagire in maniera inaspettata alle scene che vede, a volte ridendo più del dovuto, quasi come se qualcosa di ciò che si trova davanti lo renda particolarmente euforico. Ma perché? Non lo capiamo, e arriviamo a pensare che sia lui il nemico del quale il titolo parla, e che in realtà tutta la situazione sia il frutto di una messa in scena architettata ad arte da quello strano soggetto. In parte lo è, in parte no. Ed è solo nell’epilogo che ci rendiamo conto di quale sia davvero il punto: quel Junior che per tutto il film abbiamo imparato a conoscere, quello che ci sembra a volte uguale ma molto più spesso diverso da quello che abbiamo conosciuto nei primi 15 minuti di film, altri non è che il sostituto biologico. È Junior, ma non lo è.
Ed è proprio questo il momento in cui noi spettatori ci rendiamo maggiormente conto di quale sia la vera tematica portante del film. Se per tutta la prima parte della pellicola pensiamo che siano la questione sociale, politica, climatica ed evoluzionistica a farla da padrone, scena dopo scena il focus cambia spostandosi sempre di più sull’umanità delle relazioni. E nell’epilogo ne abbiamo la prova finale: è la relazione tra Hen e Junior, così imperfetta e complessa, la vera protagonista. Una relazione che crediamo sia la prova di quanto a volte la volontà di portare avanti un rapporto possa essere la chiave per farlo funzionare davvero nel tempo. Speriamo nel fatto che la giovane coppia che abbiamo davanti riesca a ritrovare la naturalezza di un tempo anche in un contesto in cui tutto sembra ostile, ma alla fine della fiera ci rendiamo conto di essere stati per tutto il tempo davanti a un’illusione. La verità è che ciò che Il nemico vuole sottolineare – o per lo meno ciò che io ho colto maggiormente nel mare magnum di ciò che il film vuole comunicarci – è che siamo insostituibili. Per quanto si possa soppiantare una persona con un’altra, per quanto possiamo sperare di costruire una copia conforme di qualcuno credendo che sia esattamente come avere quella persona lì con noi, ognuno è sé e nessuno è uguale all’altro. E anche nel caso in cui il destino o le nostre scelte ci portino a innamorarci del sostituto biologico di turno, di qualcuno che ci sembra qualcun altro, quello che facciamo è amare lui, non la persona che questo dovrebbe sostituire.
Ma in tutto questo marasma, chi è il nemico?
Non credo sinceramente che ci sia una risposta univoca a questa domanda, forse c’è semplicemente la risposta che ognuno degli spettatori vuole dare. Il nemico siamo tutti noi, che continuiamo a sfruttare senza alcun ritegno ciò che la natura ci offre e che, con la possibilità di scegliere da che parte investire per un miglioramento, tendiamo ad andare sempre da quella sbagliata. Il nemico è chi ci sembra amico e finge di voler fare il meglio per noi quando invece punta solo al suo stesso profitto. Ma la trama del film, così incentrata su altro da non poter affermare che siano queste le tematiche sulle quali vuole davvero puntare (e un po’, devo ammetterlo, mi dispiace), ci porta anche a pensare che il nemico sia tutto ciò che ci trattiene dalle cose che davvero vogliamo fare. Cambia faccia, aspetto, forma, ma sempre ci allontana da chi potremmo e vorremmo essere. E a volte può tristemente assumere anche il nostro, di aspetto.
Morale della favola
Il nemico non è il film che mi aspettavo fosse ma è un film che, come detto ormai molti paragrafi fa, non mi sono per niente pentita di aver visto. Paul Mescal e Saoirse Ronan fanno il loro lavoro con una maestria della quale ormai non mi sorprendo più e che li rende una vera e propria certezza. La suspence c’è e i tempi del racconto non sono mai troppo dilatati, cosa questa che ha portato la sottoscritta – con la soglia di attenzione di un bradipo – a non annoiarsi mai. E dopo il periodo natalizio, durante il quale le commedie sono praticamente all’ordine del giorno, un po’ di tragicità della vita a parer mio ci sta proprio a pennello.