Il primo gennaio del 2024 è uscito in Italia Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki. Si tratta dell’ultima fatica del maestro d’animazione giapponese. Quella che potrebbe anche essere il suo addio al cinema (qui i suoi 5 film più belli). Non è la prima volta che un film del regista si addossa questo peso. Già Si alza il vento, nel 2013, infatti, fu comunicato in tutto il mondo come il canto del cigno del genio fondatore dello Studio Ghibli.
A quel lavoro sarebbe dovuto seguire il ritiro dalle scene del regista, che si riteneva ormai troppo anziano per continuare con questo difficile mestiere. Con senno di poi, evidentemente si sbagliava. Tra Si alza il vento e Il ragazzo e l’airone passano 10 anni. Un lasso di tempo sufficiente per concedere a Miyazaki di riflettere su cosa voglia dire mettere un punto alla sua lunga carriera.
Che cosa comporta una fine? E come si viene a patti con il cambiamento? Noi, come fan e come spettatori, abbiamo visto e rivisto entrambi i film fino alla sfinimento. E oggi cercheremo di rispondere a queste stesse domande. Ecco quello che abbiamo capito (occhio agli spoiler).
Si alza il vento: la propria vita attraverso gli altri
Si alza il vento è un film biografico che racconta la storia di Jirō Horikoshi, un ingegnere aeronautico giapponese noto per aver progettato diversi aerei da caccia della seconda guerra mondiale (tra cui il celebre Mitsubishi A6M, noto anche come Zero). La pellicola segue la sua vita dal periodo degli studi all’attività da progettistica bellico. Lo fa intrecciando le vicende lavorative con la storia d’amore tra Jirō e Nahoko, una bellissima ragazza afflitta da una grave malattia.
Si tratta di una storia molto importante per Hayao Miyazaki, e in qualche modo anche intima. Non è un caso che il film sia in effetti un adattamento di un omonimo manga scritto e disegnato da Miyazaki stesso (Kaze Tachinu, serializzato su Model Graphix Hobby a partire dal 2009). Il regista utilizza la vita di Jirō per riflettere su sé stesso. In particolare, sul proprio rapporto con la creatività, con il lavoro e con gli affetti personali.
Le stesse sembianze del protagonista ricordano molto da vicino l’aspetto del maestro d’animazione, e le due persone condividono anche dei caratteri fondamentali. Quali? La passione per gli aerei, il difetto della miopia, la dedizione al lavoro.
Esiste una tensione interna al film, causata da una parte dalla dimensione lavorativa della vita di Jirō e dall’altra dalla sua sfera professionale. Il protagonista infatti è perennemente diviso tra l’ufficio e la casa, tra i progetti e le scadenze e una moglie malata a cui dover stare vicino.
Miyazaki osserva se stesso osservando l’altro, in un film che riassume tutto ciò che per lui il cinema ha rappresentato.
In un qualche modo, la dinamica è valida anche per noi spettatori: che si tratti di una principessa-lupo, di una bambina-pesce o di un ingegnere aeronautico, ci interessiamo delle loro vite nella speranza di scoprire qualcosa di noi stessi. Per Hayao Miyazaki questo concetto racchiude tutto il suo lavoro come regista. Si alza il vento è in questo senso un manifesto alla sua poetica: prima de il Ragazzo e l’airone, nel realizzare quello che pensava sarebbe stato il suo ultimo film, il maestro ha voluto riassumere se stesso. Come a volersi rivelare al mondo una volta per tutte.
Il ragazzo e l’airone: la fine del sogno
Il ragazzo e l’airone (trovate qui la recensione del film) racconta la storia di Mahito Maki, un dodicenne che durante la seconda guerra mondiale perde la madre in un incendio causato dai bombardamenti. Distrutto dal lutto e trasferitosi con la famiglia in campagna, incontra un misterioso airone cenerino che lo condurrà in un’avventura senza precedenti.
Rispetto a Si alza il vento, Il ragazzo e l’airone è un lavoro che si inserisce in maniera più immediata all’interno della filmografia di Miyazaki, fatta di viaggi impossibili in cui i sogni e la realtà si mescolano in una cosa sola.
Alla ricerca della madre e di una zia scomparsa, Mahito si avventura nel giardino dietro casa, scoprendo un mondo fantastico fatto di pappagalli-soldato, pellicani parlanti e poteri magici al di fuori di ogni comprensione. Nel corso del racconto, Mahito impara a conoscere questo spazio nuovo, ne interiorizza le regole e capisce come muovercisi dentro, fino a che alla fine non gli viene addirittura proposto di diventarne il nuovo sovrano. Ma il ragazzo sa meglio di tutti che la malizia fa parte di lui, come di tutti gli uomini. Quello che gli viene offerto è un potere troppo grande per una persona sola. Così rifiuta, e in una rapida sequenza di eventi il mondo magico collassa su se stesso, scomparendo a lasciando spazio soltanto alla cosa vera.
Un uomo saggio con una lunga barba e un cappello a punta una volta disse: “Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.” È un insegnamento prezioso che Miyazaki sembra aver interiorizzato, e Il ragazzo e l’airone rappresenta proprio una necessità di abbandonare la fantasticherie della mente per affrontare di petto il mondo reale, con tutto ciò che ne consegue. Forse, alla fine, i sogni più belli servono soltanto a questo: a ritornare alla vita.