Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Il talento di Mr. Ripley.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Il talento di Mr. Ripley? Ecco la risposta senza spoiler
A primo impatto Tom Ripley è un giovanotto timido, educato, pieno di voglia di fare. Nonostante le umili origini, ha un’ottima cultura e desidera entrare nel mondo dell’alta società, per poter vivere un’esistenza senza costrizioni sociali e dover cercare a tutti i costi un lavoro per arrivare a fine mese. L’occasione tanto attesa si presenta quando il ricco industriale Greenleaf, a causa di un equivoco, lo paga per convincere il figlio Dickie, fuggito dalle responsabilità di un nome così pesante, a tornare negli Stati Uniti. Conquistato il giovane rampollo e la sua fidanzata Marge, Tom vive il suo sogno in quell’Italia da cartolina del 1958, rappresentata con una bellissima fotografia attraverso le località internazionalmente più note, distribuite tra Napoli, Roma e Venezia. Per mantenere quello status appena acquisto, Tom sarà disposto a tutto. Anche a uccidere.
Tratto dall’omonimo romanzo di Patricia Highsmith e disponibile su Timvision (a noleggio su Amazon Prime Video e Apple Tv), Il talento di Mr. Ripley è un thriller introspettivo estremamente sottovalutato, che porta lo spettatore all’interno della complessa psicologia dei personaggi. In particolare si entra nella mente del protagonista e, piano piano, emerge il suo vero talento, ovvero mentire e annullare sé stesso per diventare qualcun altro. Detto con le sue parole:
“Fare firme false, dire bugie, impersonare praticamente chiunque”
Ne ha bisogno per spezzare la solitudine e a causa del suo senso di inadeguatezza; necessità che riversa nel rapporto e nell’attaccamento ossessivo a Dickie. La sensibilità, la confusione, la vulnerabilità e l’ambivalenza di Tom è catturata perfettamente dalla profondità incredibile che Matt Damon inietta nel suo personaggio – difficile capire come non abbia ottenuto la nomination all’Oscar. È sostenuto poi da un cast d’eccezione: Jude Law è perfetto nei panni di Dicke (nominato all’Oscar e ai Globe), Gwyneth Paltrow è un’ottima Marge e, in ruoli secondari ma importantissimi, ci sono attori del calibro di Philip Seymour Hoffman (Fred) e Cate Blanchett (Meredith). Il tutto è diretto da un efficace Anthony Minghella che redige un articolato studio sul personaggio di Tom, analizzato tramite una focalizzazione nella successiva seconda parte.
SECONDA PARTE: L’analisi psicologica del protagonista de Il Talento di Mr. Ripley (con spoiler)
Il talento di Mr. Ripley ci pone fin dall’inizio un interrogativo: chi non ha mai desiderato essere qualcun altro? Identificarsi nella vita di uno dei nostri idoli, invidiarla a tal punto da bramare con tutto il cuore quello che possiedono? Solitamente sono pensieri superficiali, che ci fanno volare con la fantasia e che rimangono solo sogni. Ma non per Tom, che li trasforma nella ragione della propria esistenza e cerca di renderli reali indossando menzogne al fine di nascondere la sua vera natura. E più strati aggiunge, più sarà difficile per le persone capire chi è davvero. Deformando così la sua personalità e adattandola a chi ha davanti, mette in scena il suo personalissimo show sul palco della vita. Consapevolmente folle, senza errori e lucido anche nei momenti più disastrosi.
Mentire è il talento di Tom, un’arte che padroneggia alla perfezione.
Di solito una bugia tira l’altra e, per sostenere la prima, dobbiamo inventarne sempre di più, finendo inevitabilmente in un circolo vizioso in cui non c’è spazio per l’onestà, dove non si percepisce più la verità dalla menzogna. Tom, però, non viene trascinato in questo pericoloso vortice ne Il talento di Mr. Ripley e, anche quando sembra cadere, non cola mai a picco. Il motivo è semplice: non sono tanto le bugie a propagarsi come un virus, lo è lui che le controlla e le usa come armi per consumare la vita altrui, per poi passare all’ospite successivo. Si dà alla sua vittima in molteplici forme, distruggendo la sua identità così da rendere più facile l’immedesimazione. In questo modo controlla l’alterità, intesa come ciò che vogliamo che gli altri pensino di noi.
Però, così si svaluta, si rende invisibile e inganna non solo chi ha di fronte, ma pure lui stesso. Non riconoscendosi più e nascondendo il suo vero io sul lato oscuro della luna, protetto dalla luce delle bugie. Queste ultime quindi, oltre a essere il suo terreno di gioco e a usarle per creare un falso individuo, si rendono necessarie poiché sotto quelle maschere non c’è niente, se non l’inconsistenza e l’annientamento del sé.
Dunque, da questo vuoto interiore e dalla mancanza di comprensione su chi è e chi vorrebbe diventare nasce il suo bisogno di impersonare gli altri ne Il talento di Mr. Ripley. Perché:
“È meglio essere un falso qualcuno che un’autentica nullità”
Tom allora risulta un uomo insicuro, fortemente dipendente dal prossimo per accrescere la sua autostima e trovare conferme del suo delirio d’onnipotenza. Quello che gli permette di convincere sé stesso – e di conseguenza gli altri – che è in controllo e che ha il potere. Dietro quel sorriso fintamente ingenuo si nasconde una personalità antisociale, narcisistica, manipolatoria, terribilmente invidiosa di Dickie. Un sentimento che si trasforma prima in ammirazione, poi in attrazione e possessività.
Con le sue manipolazioni – soprattutto quando scopre che per mantenere una bugia deve confessare una piccola verità, ammettendo così lo scopo del suo viaggio – si guadagna la fiducia di Dickie e diviene parte di una cerchia ristretta che custodisce gelosamente. L’arrivo di Fred, che comprende i giochetti del protagonista de Il talento di Mr. Ripley non essendo sotto la sua influenza, incrina quel rapporto; ruba Dickie e lo mette contro Tom. Facendo sprofondare quest’ultimo nella disperazione perché, come dice Marge:
“La cosa con Dickie… è come se il sole splendesse su di te, ed è glorioso. E poi ti dimentica e fa molto, molto freddo“
Così in Tom si riattiva quel nucleo fatto di bassa autostima, rifiuto, perdita del controllo e abbandono. Tutte queste sensazioni scatenano un’angoscia incomprensibile e una violenza improvvisa, facendo scattare in lui il meccanismo del ‘se mi lasci, ti uccido’, soprattutto nel momento in cui Dickie mette in chiaro che il protagonista de Il talento di Mr. Ripley non farà parte del suo futuro. E abbracciato alle spoglie senza vita della sua vittima sulla barca a Sanremo, sentiamo il riemergere di quel dolore patologico che Tom stava cercando di curare con l’amore e il controllo di Dickie.
Perché Tom ama profondamente Dickie, nonostante Il talento di Mr. Ripley non si sbilanci mai nel definire la sua sessualità. Ma lo capiamo dal suo sguardo, che lo cerca in continuazione, e dal sorriso che si allarga sul suo viso ogni volta che il giovane rampollo gli presta un minimo di attenzione. Non può fare a meno di fissare nello specchio la bellezza sensuale del corpo bagnato e nudo di Dickie quando esce della vasca da bagno. Lì, dove audacemente gli aveva chiesto di unirsi a lui, interrompendo quell’intima partita a scacchi. Tom sente che c’è una tensione sessuale tra loro, un qualcosa al di là dell’amicizia che, su quella barca prima della tragedia, cerca di far ammettere allo stesso Dickie, invano.
E allora, impossessato dal dolore, dall’invidia e dal senso d’inferiorità, compie il gesto estremo: uccide ciò che non può avere. Ma si spinge ancora oltre: se non può possedere l’oggetto amato, allora lo diventerà. Appropriandosi così dell’identità a Dickie.
Quest’ultimo, in virtù del suo status sociale, è sicuro di sé, bello, vitale, libero, eccitante e fiero. Tutto ciò che Tom vorrebbe essere ed è per questo che, solo quando finge di essere lui, si sente davvero bene. Anche prima di conoscerlo, trova felicità nell’impersonarlo, sebbene non ci sia un motivo apparente per farlo, come succede con Meredith all’aeroporto. Inoltre, nell’etero Dickie trova quella parvenza di “normalità” sessuale, dato che nell’ambiente in cui vuole entrare non è comune ed è disapprovato essere apertamente gay. E, in quanto emarginato, Tom vuole essere Dickie per essere “normale”. Anche se va contro la sua essenza.
Infatti, non lo vediamo mai impegnato in una storia d’amore femminile ne Il talento di Mr. Ripley.
Tom considera le donne necessarie per mimetizzarsi: ad esempio, finge di amare Marge quando lei inizia a sospettarlo. Nonostante Meredith sia chiaramente interessata a lui, non se ne approfitta sessualmente, non vuole farlo; eppure la ferisce e la usa a suo piacimento, per coprire le menzogne. Le donne non sono nient’altro che una copertura per la sua “normalità”, mentre le sue infatuazioni sono esclusivamente maschili. Dopo Dickie, vede in Peter la possibilità di riappropriarsi di sé stesso e di realizzare la sua fantasia; un incontro tanto più significativo perché Peter è attratto da Tom e lo accetta per quello che è veramente.
Ma controllare la sua doppia identità diviene sempre più difficile. Utilizza il suo talento per sviare le indagini della polizia, nell’affrontare le accuse di Marge che, con la distanza, ha capito che quel giovane goffo e timido è in realtà un freddo assassino. Anche se non riesce a vincere, messa a tacere dal padre di Dickie, il quale appare addirittura sollevato nell’aver sostituito un figlio ribelle con uno rispettoso e accondiscendente. L’omicidio di Fred, poi, lo conduce ad altre bugie e la comparsa di Meredith sul traghetto per la Grecia lo portano ancora una volta a decidere tra l’amore e il prestigio sociale.
Il richiamo del denaro è troppo forte per respingerlo. Poi non riesce a tollerare che Peter veda quanto sia fragile e a pezzi, che il suo personaggio sia crollato, che non abbia più il controllo. Se mancano tutte queste cose, emerge prepotentemente quella psicotica rabbia repressa che lo porta a stringere Peter in un abbraccio letale. E si ritrova di nuovo solo, con quella sua immagine multipla riprodotta beffardamente dagli specchi, mentre la porta della fredda cabina, piena dei suoi segreti e dal quale non uscirà più, si chiude lentamente.