Nella giornata di venerdì 23 giugno 2023 sulla piattaforma di Netflix è approdato iNumber Number: l’oro di Johannesburg, film sudafricano in lingua zulu che si pone come sequel della saga sui due poliziotti Chilli e Shoes, interpretati rispettivamente da S’dumo Mtshali e Presley Chweneyagae. Dopo il primo film (noto come Number Number o Avenged) del 2013 e un’omonima serie da una sola stagione di tredici episodi andati in onda per la prima volta nel 2017, ecco che dunque i due poliziotti di Johannesburg fanno il loro ritorno, stavolta coinvolti in un nuovo caso che porterà uno di loro a infiltrarsi tra i ranghi di una gang per indagare su un importantissimo furto d’oro.
Senza ulteriori indugi vi lasciamo ora alla nostra recensione senza spoiler di iNumber Number: l’oro di Johannesburg. Buona lettura!
Lo dobbiamo proprio dire: iNumber Number non è un film che ci ha particolarmente colpiti. Nonostante alcuni piccoli guizzi, non siamo infatti riusciti a comprendere al meglio quale indirizzo la pellicola volesse prendere. Parliamo di un poliziesco dalla forte componente action, che, pur inserendo alcuni spunti da commedia, finisce per prendersi fin troppo sul serio, soprattutto nella seconda parte della pellicola, senza comunque arrivare a potersi definire un vero thriller. A fianco di tematiche molto complesse e serie, come la disuguaglianza sociale, la povertà e la corruzione, si inseriscono infatti delle caratterizzazioni di alcuni personaggi fin troppo caricaturali e delle brevi sequenze che accennano a stemperare la tensione, ma comunque poco convincenti.
Il risultato finale, pertanto, finisce per condurre a uno squilibrio di tono che potrebbe lasciare stranito lo spettatore e che rende meno fruibile la visione, che ad alcuni potrebbe risultare discontinua a causa di una durata probabilmente eccessiva. iNumber Number: l’oro di Johannesburg, infatti, pur attestandosi su un minutaggio di circa due ore, va infatti a raccontare una storia che poteva essere forse meglio condensata, magari tagliando dei minuti ad alcune scene d’azione che risultano fin troppo prolungate.
Questa pesantezza si fa sentire soprattutto per uno squilibrio in quelli che sono i tre atti della narrazione: dopo un incipit in medias res che catapulta lo spettatore nell’azione senza dargli il tempo di comprendere al meglio la situazione iniziale e i rapporti tra i personaggi, certo, intuibili anche da chi non dovesse aver visto la precedente pellicola, ma fin troppo rapidi e abbozzati, il film si dilunga moltissimo nella sezione centrale. Soffermandosi forse troppo su scene che vorrebbero risultare spettacolari ma che talvolta si fanno eccessive, iNumber Number: l’oro di Johannesburg finisce paradossalmente per correre quando invece avrebbe bisogno di fermarsi per sottolineare le conseguenze a cui portano le scelte prese dai due protagonisti. Un peccato se si pensa che i personaggi principali, tra loro molto legati, ma anche parecchio diversi l’uno dall’altro, hanno tanto da dare. Se, infatti, a brillare maggiormente è il personaggio di Chilli Ngcobo, poliziotto sotto copertura che, a causa della dilagante corruzione, si sente tradito dalla legge, quello di Shoes Moshoeshoe, pur giocando il suo ruolo nella narrazione, finisce per essere in parte sacrificato.
Nonostante i vari difetti sopra elencati, iNumber Number: l’oro di Johannesburg non può essere considerato in alcun modo un disastro: nonostante la recitazione un po’ sopra le righe di alcuni membri del cast, ma tipica di molte produzioni africane, le performance generali sono piuttosto buone, così come la maggior parte delle lunghe scene di azione, tra combattimenti senza esclusioni di colpo e lunghi inseguimenti per le vie della città. Anche la storia di base, seppur non presenti spunti particolarmente innovativi e racconti una storia piuttosto semplice e prevedibile da un pubblico esperto, mantiene una propria godibilità che ci fa tifare per il trionfo dei protagonisti, che riescono a evolvere e compiere il loro arco narrativo. A risultare poi di grande impatto sono le svariate ambientazioni nelle quali ci vengono mostrate le varie realtà della città di Johannesburg, dalla miseria della periferia e delle baraccopoli ai lussi e agli sfarzi della zona più ricca, a denuncia della disparità sociale, così come risulta molto impattante la rappresentazione della cultura sudafricana.
Dal punto della sceneggiatura, la storia risulta abbastanza abbastanza scorrevole ma non manca di alcune forzature nella costruzione di legami e nella spiegazione di alcune dinamiche, ma ciò che, sia in bene che in male ci ha particolarmente colpiti è la sua regia. Il regista Donovan Marsh (che aveva diretto anche il primo capitolo) alterna infatti inquadrature interessanti e particolari con altre completamente senza senso. In una determinata sequenza di inseguimento, per esempio, regia e montaggio sperimentano una particolare tecnica che crea uno straniante effetto “a scatti” probabilmente volto a restituire allo spettatore un senso di velocità e di adrenalina che nulla ha che vedere con il resto della pellicola. Un risultato alquanto fastidioso, tanto che in un primo momento abbiamo quasi creduto che la connessione internet avesse avuto un calo.
Una breve sequenza che arriva dal nulla e nel nulla scompare.
Nonostante ciò, è difficile negare lo sforzo produttivo dietro a questa pellicola distribuita da Netflix: fotografia e scenografia sono infatti ben curate e gestite e sono chiaro indice del consistente budget impiegato, così come l’uso di un particolare effetto visivo che non andremo a svelare per non fare spoiler ma che, seppur non all’altezza di quelli impiegati in produzioni cinematografiche di più alto livello, riesce a difendersi abbastanza dignitosamente. I piani per continuare questo franchise, d’altronde, paiono chiari già da ora: la scena posta a fine film, infatti, ci fa ben intuire come, se la pellicola dovesse andare bene, un terzo capitolo sequel sarebbe già stato pensato dai produttori.
Insomma, iNumber Number: l’oro di Johannesburg è una pellicola che tutto sommato funziona e che va presa per quello che è, un film d’azione simile a molti altri del filone a cui appartiene. Abbastanza godibile, ma dal ritmo altalenante e tutto sommato, abbastanza dimenticabile: un film da vedere una sera d’estate per staccare da una giornata impegnativa senza farsi troppe domande ma che, proprio perché approcciato con questa filosofia, potrebbe anche lasciare stupiti in più di un’occasione.