Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto La morte ti fa bella.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere La morte ti fa bella? Ecco la risposta senza spoiler
Ci sono delle pellicole che, pur essendo ben fatte e avendo trama e cast eccellenti, sono dimenticate e mai nominate. Paradossalmente sono dei cult senza esserlo. Ecco, La morte ti fa bella di Robert Zemeckis è uno di quelli. Uscita nel 1992 e disponibile oggi su Sky e Now (a noleggio su Prime Video e Apple Tv), la storia, estesa in un arco temporale che va dal ’78 al ’92, arrivando al 2029, racconta di Helen Sharp, che si vede portare via il fidanzato, il chirurgo Ernest Menville, dall’amica-nemica di sempre, ovvero Madeline Ashton. Circa quattordici anni dopo, la donna ha curato i suoi traumi ed è diventata una scrittrice di successo, mentre Madeline ha perso la sua bellezza ed è in crisi con Ernest. Temendo che Helen, miracolosamente tornata giovane, possa riprenderselo, Madeline si rivolge alla misteriosa e affascinante Lisle von Rhoman, che le procura un elisir in grado di farla ringiovanire. Da quel momento, mille caotici imprevisti riempiranno l’esistenza dei tre protagonisti.
Mago del tempo, Zemeckis crea con La morte ti fa bella una satira sull’ossessione della bellezza e dell’eterna giovinezza – che sono sinonimi in questo caso – e una critica sociale al ricorso costante della chirurgia plastica. Per farlo si appoggia a un cast semplicemente eccezionale: Helen e Madeline sono interpretate rispettivamente da Goldie Hawn e Meryl Streep; Bruce Willis è colui che accentra su di sé le attenzioni delle due donne, ovvero Ernest; la sensuale e conturbante Lisle è Isabella Rossellini, un’attrice ammirata spesso per il suo aspetto; in un piccolo ruolo c’è pure il leggendario Sydney Pollack. Senza dimenticarci degli straordinari effetti speciali per l’epoca, tali da far guadagnare al film un Oscar.
La morte ti fa bella è una commedia horror, che tende al grottesco, al noir e che possiede elementi fantasy, la quale in alcuni momenti ci strapperà più di un sorriso e in altri ci farà rabbrividire un po’. Ma deve essere vista, perché, volente o no, è un classico del suo genere. E quando l’avete fatto, vi aspetta la nostra recensione.
SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) de La morte ti fa bella
Robert Zemeckis è sempre stato abilissimo nel trattare il tempo e lo dimostra in ogni suo film, prendendo come esempio per tutti il modo in cui lo manovra avanti e indietro con Marty McFly a bordo dell’iconica Delorean nella trilogia di Ritorno al futuro. Ne La morte ti fa bella, immersa nelle atmosfere gotiche alla Tim Burton, alla Edgar Allan Poe e alla Frankenstein, con un pizzico di commedia alla George Cukor e de La notte dei morti viventi di George Romero, usa l’espediente classico dell’horror, lo zombie, per regalarci una commedia nera meravigliosamente riuscita sull’ossessione della giovinezza a Hollywood.
Stavolta Zemeckis non vuole cogliere l’attimo, ma fermarlo. Congelarlo per impedirgli di svolgere la sua naturale funzione, ovvero scorrere.
Del resto, la paura d’invecchiare – in gergo tecnico, Gerascofobia – accumuna tutto il genere umano e, in alcuni casi, si trasforma in intensa infelicità e addirittura in patologia. Allora si ricorre a tinture per capelli, creme e trucchi di ogni tipo e alla chirurgia estetica aggressiva, con risultati discutibili che rovinano dei volti bellissimi. C’è chi, poi, si accompagna con partner o amici più giovani e chi adotta comportamenti adolescenziali per vivere nell’illusione di avere ancora quell’età. Anche Helen e Madeline rincorrono quel mito dell’eterna giovinezza alla Dorian Gray che unisce tanto le persone comuni quanto, soprattutto, le star hollywoodiane. Non stanno lottando per un uomo nel film su Sky e Now, anche perché Ernest è perfettamente sacrificabile se non fosse un chirurgo plastico. Il loro è uno scontro intimo e universale, combattuto a colpi di ritocchini alla pelle, contro la vecchiaia che incombe sempre più minacciosamente. Quella che Lisle, giovane settantunenne, non vive da tempo, affermando:
“Io inseguo la primavera. Non vedo un autunno né un inverno da anni”.
Per il giusto prezzo perché siamo pur sempre nella patria del Dio Denaro, Lisle è disposta a svelare alle due donne il suo segreto; un mistero che rende Los Angeles non la dimora da sogno delle star, ma, appunto, un luogo da incubo pieno di zombie. Di corpi che tornano in vita, procedono innaturalmente a ritroso, desiderosi di controllo. Ma, come Marty ha imparato a sue spese, non si gioca con il tempo, nemmeno per correggere errori passati, perché le conseguenze saranno sempre disastrose.
Infatti, le due protagoniste diventano bambole di plastica inquinanti e smaltibili chissà quando. Qualsiasi cosa accada al loro corpo, esso continuerà a vivere senza poter guarire. Perché ne La morte ti fa bella non siamo a Cartoonia, luogo in cui non si riporta nessun graffio nemmeno se ci si butta da una rupe altissima, ma nel mondo reale di quella Beverly Hills dominata dal potere dell’estetica. Eppure, Madeline ed Helen sono cartoonesche e non solo per la loro guerra in pieno stile slapstick: la prima gira il collo a 180 gradi, guardandosi la schiena come fosse naturale, e cade dalle scale, rialzandosi tranquillamente poco dopo; alla seconda sparano in pieno petto, lei incassa il colpo e continua il film su Sky e Now con questo buco nella pancia, come se non fosse successo nulla.
A questo proposito, una menzione va sicuramente fatta agli effetti speciali, che per l’epoca erano un qualcosa di stupefacente – e non a caso il film su Sky e Now vinse l’Oscar in quella categoria.
Oltre ai buchi in pancia attraverso cui si può vedere e teste che girano su sé stesse, grazie all’animatronic e a un software per il fotorealismo della pelle, la Industrial Light and Magic fa di colpo scomparire le rughe e le macchie da Madeline, rassoda il suo sedere e il suo seno ed elimina le grinze dal collo. Una fusione tra CGI ed effetti fisici fondamentale, perché sarà il punto di partenza per i dinosauri di Jurassic Park – del resto, le due opere sono state scritte entrambe da David Koepp e hanno Dean Cudney come direttore della fotografia. Senza contare che fu la prima commedia a servirsi così tanto di effetti di solito appartenenti ad altri generi.
Così, i corpi delle protagoniste subiscono un inevitabile decadimento diventando sempre più orrifici e cadaverici, e nemmeno i ritocchi di Ernest sono utili. Nonostante ciò, le due si ostinano a perpetuare quello standard di bellezza che non fa che renderle ancor più disumane. In fondo, Lisle aveva solo detto che il corpo non sarebbe invecchiato, ma non aveva accennato alle conseguenze. Si rivela questo un perfetto contrappasso per Madeline ed Helen, dive decadenti “pronte per il loro primo piano” come Norma Desmond.
Non solo La morte ti fa bella smonta lo standard assurdo della bellezza e ci riporta una metafora sullo star-system hollywoodiano in una geniale chiave ironica e leggera, ma va oltre.
Quando si accorgono di quello che sono vedendosi allo specchio, Zemeckis ragiona sull’immagine, sulle sue dimensioni e sulla sua relazione col tempo. Infatti, in tutto il film su Sky e Now ci sono molti riferimenti alla simbologia dell’immagine nel cinema. Ad esempio, nella prima parte c’è un moltiplicarsi degli specchi che riflette la dissonanza tra l’immagine interiore ed esteriore, tra com’è realmente e come la distorciamo per sentirci meglio; nella seconda, invece, la splendida fotografia di Cudney fa uso di ombre e giochi di luce per trasformare quei manichini viventi in fantasmi. D’altronde, il cinema fa proprio questo, ovvero resuscita i morti.
Allors, La morte ti fa bella diviene anche una riflessione attenta sul potere di eternizzazione della settima arte. Non a caso l’opera è infarcita di icone hollywoodiane, come Marylin Monroe, James Dean, Elvis Presley, Greta Garbo, Jim Morrison ed Andy Warhol. Sempre giovani, perfetti e senza rughe, si intende. Ed è anche impattante la scelta di Isabella Rossellini, un prodotto di quella cultura della bellezza a tutti i costi che dà un aspetto ancor più macabro a questa ossessione.
Il tutto è immerso in un universo intrigante per come simula Hollywood, con quei cieli lugubri e quei castelli in stile gotico. Riflette le protagoniste, ormai rinchiuse in un involucro di carne che non può morire eppure pronte a sgretolarsi da un momento all’altro, in cui ogni cosa è vacua e non dura più. La finzione, la putrefazione e la decadenza sono in ogni persona, oggetto ed edificio, a indicare come quel mondo si sia svuotato di ideali ed è ridotto a una facciata dietro al quale non c’è niente; esemplificativo è, a questo proposito, lo smontaggio dei corpi nel finale.
Dobbiamo anche riconoscere, però, la speciale alchimia che si è creata tra gli attori principali ne La morte ti fa bella. Meryl Streep si cala perfettamente nel personaggio che vuole incarnare l’intera categoria delle Attrici. La sua Madeline è avida, invidiosa, poco talentuosa (come si vede nel thriller che guarda Helen) e ossessionata dal non essere all’altezza del suo nome. Non da meno è Goldie Hawn, che scherza con facilità sulla chirurgia estetica, ed è difficile scegliere quale delle due sia la vera protagonista. E ottimi i tempi comici di Bruce Willis, dimostrando che ogni tanto il miscasting funziona.
Dunque, Zemeckis ribalta le convenzioni del divismo con una versione horror-parodica di Viale del Tramonto, in un film su Sky e Now che, all’epoca, non fu compreso, ma che oggi paradossalmente è più vivo che mai. E lo fa attraverso un mix esplosivo e riuscito di slapstick e commedia, di effetti speciali all’avanguardia, di una satira spudorata nei confronti della tossicità hollywoodiana e una sorprendente riflessione sulle conseguenze della chirurgia estetica e dell’ossessione della bellezza quanto mai attuale al giorno d’oggi. Profetico il nostro regista, no?