Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Lady Bird.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Lady Bird? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su Amazon Prime Video (a noleggio su Google Play, Apple e Rakunten Tv) e ambientato nel 2002, Lady Bird apre uno spaccato sulla vita di Christine McPherson, alias Lady Bird. Studentessa dell’ultimo anno di un liceo cattolico di Sacramento, sogna di poter lasciare questa piccola e limitata città e frequentare un college di New York, luogo pieno di musica, cinema, creatività. in cui tutto è possibile e dove può scegliere di essere chi vuole. Peccato che sia nata “dalla parte sbagliata dei binari” e che la sua famiglia abbia qualche problema economico, con sua madre Marion costretta ai doppi turni in ospedale dopo il licenziamento di suo marito. Ecco che il viaggio verso il suo sogno avrà diverse tappe da superare, tra cui la precarietà economica, i primi amori, le amicizie vere e lo scontro con quella madre ipercritica ma non tanto diversa da lei.
È un esordio profondo, toccante e impattante quello di Greta Gerwig al cinema, tanto da ricevere 5 candidature all’Oscar (regia, sceneggiatura, film, attrice protagonista e non protagonista) e da aggiudicarsi due Globe (film commedia o musicale e attrice protagonista). Pur rientrando nel teen drama, ne prende gli elementi fondanti e ne sovverte la narrazione, aprendo la strada a un rinnovamento del genere stesso; un po’ com’è successo a livello seriale con prodotti come Euphoria. È una pellicola che racconta l’adolescenza senza quell’idillio con cui di solito viene rappresentata, ma lo fa in maniera tenera, malinconica e, soprattutto, realistica. Il tutto sorretto da una scrittura brillante e da interpretazioni meravigliose: Saoirse Ronan è perfetta come Christine, con quella spontaneità che rende credibile ogni scena; Laurie Metcalf e Tracy Letts sono magnifici nei panni dei genitori della protagonista, soprattutto la prima, l’anima del film; Lucas Hedges e Timothée Chalamet mostrano già qui il loro grandissimo talento.
Dal grande spessore artistico, non mancano le emozioni, la capacità di affrontare tematiche delicate con grande attenzione e il porre l’accento sull’importanza delle proprie radici. Che siano nell’amore, nel lavoro o nella vita. E Lady Bird è un’opera da vedere (su Amazon Prime Video), capire e analizzare. Come faremo noi nella seconda parte del pezzo.
SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di Lady Bird
Al centro di Lady Bird c’è l’adolescenza, raccontata da Greta Gerwig in tutta la sua crudezza e autenticità; un momento di transizione non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. È il periodo in cui cerchiamo il nostro posto nel mondo, sentiamo il bisogno di affermarci e formiamo un’identità che non sarà immutabile per sempre, ma che trova qui i semi della sua origine. Quella di Christine si delinea fin da subito come una personalità forte, testarda, non sempre amabile, che odia a tal punto il suo nome da decidere di farsi chiamare Lady Bird, che sa ottenere quello che vuole con gli amici e con i ragazzi. E qui sta un primo ribaltamento del filone dei film adolescenziali. Non abbiamo il classico perdente che vuole disperatamente avere successo e farsi notare dalla sua cotta, ma una Christine sicura e determinata che si sposta tra amicizie, gruppi, ragazzi come una scheggia impazzita, rappresentando un autentico ritratto di un’adolescente incerta sul futuro, sul suo posto nella società, su sé stessa.
Christine, che vive il problema dell’identità intensamente a causa della sua sensibilità, sceglie il teatro come mezzo per affermarsi e per esprimersi, data anche la sua natura curiosa e creativa.
Si butta a capofitto in questo nuovo progetto, formando con Julie un’amicizia significativa e che le permette di evadere dalla precarietà familiare. Infatti, sul palcoscenico è diversa rispetto alla vita di tutti i giorni, dove deve fare i conti con soldi, responsabilità e sensi di colpa. Così, per capire chi è, risolvere il suo conflitto interiore e trovare la migliore versione di sé stessa, si crea un personaggio, che interpreta come quelli che impersona a teatro. Perché la negazione è sempre la via più facile, soprattutto in una situazione in cui non siamo a nostro agio. E un risvolto di ciò è il disprezzo per Sacramento, tanto che chiederà alla madre se lei sembra una ragazza che proviene da questa città. Marion risponde con una frase apparentemente banale, ma che rivela l’essenza dell’opera stessa: Christine è di Sacramento.
Sacramento risplende nel film su Amazon Prime Video, ma non può piacere alla protagonista perché le ricorda costantemente ciò che potrebbe diventare o che non potrebbe mai essere. Il rischio di finire come il padre, licenziato e depresso, o come il fratello, commesso di un supermercato nonostante la laurea a pieni voti. Per lei quella città è immobile, immutabile, banale, senza una cultura viva e pulsante come New York, riproponendo la solita faida tra East e West Coast nel cinema statunitense. Anche per questo se la prende col suo nome, volendosi scrollare di dosso tutto ciò che le rammenta la mediocrità di Sacramento, non riconoscendo le sue radici. Eppure, quando riuscirà a raggiungere il suo sogno, capisce di esserne ancorata più che mai e inizia a ricercare la Sacramento tanto detestata negli altri, svestendo i panni di Lady Bird e tornando Christine perché, come dirà lei, “è questo il nome che i miei genitori mi hanno dato”.
La stessa Greta Gerwig è nata a Sacramento e gli ha voluto rendere omaggio così, con il suo film (disponibile su Amazon Prime Video) e con queste parole:
“Sono cresciuta a Sacramento e amo Sacramento, per cui la spinta iniziale a fare questo film è stato il desiderio di scrivere una lettera d’amore a un luogo che sono riuscita a mettere a fuoco solo dopo essermene andata. È difficile rendersi conto della profondità del proprio amore quando hai sedici anni e sei piuttosto sicura che la “vita” sia altrove”.
Sebbene dunque Christine odi la sua città e la scuola cattolica che frequenta, subisce il fascino del suo compagno di teatro Danny, che diviene il suo primo ragazzo. Lui è ricco, ordinario, estroverso e abita dal lato giusto dei binari. Il loro amore sembra andare a gonfie vele, finché non lo becca a baciarsi con un ragazzo in bagno, scoprendone l’omosessualità nascosta. La loro rottura ha delle ripercussioni su di lei e sulla ricerca di sé stessa: lascia il corso di teatro; si allontana da Julie; fa amicizia con la ragazza popolare della scuola, Jenna; si fidanza con l’opposto di Danny, ovvero l’alternativo e introverso Kyle. Un cambiamento radicale perché la realtà non si è adattata alla fantasia e, di conseguenza, lei non si è adattata al mondo che la circonda. E allora la sua realtà prevale su ogni cosa. Ma anche Kyle la tradirà, così come Jenna. Greta Gerwig rigetta la componente romantica tipica dei teen drama e lo vediamo già dalla scena della perdita della verginità. Non è un momento magico, pieno di lunghi e melensi discorsi, ma dura pochissimo, con lei che geme e lui che si vergogna per essere venuto troppo presto. Arriva, dunque, un altro ribaltamento, perché l’opera su Amazon Prime Video non è incentrata sul principe azzurro che risolve ogni cosa nella vita di Christine, perché non accade nella realtà. La storia della protagonista è legata a più di un ragazzo, senza che nessuno di loro sia quello giusto.
Infatti, le relazioni importanti sono altre. Ad esempio, quella con Julie, l’amica vera che, se portata al ballo, rende più felici che andarci con un ragazzo. Soprattutto, quella con la madre Marion. Greta Gerwig disse a questo proposito:
“Il rapporto madre-figlia è la storia d’amore del film. […] La maggior parte delle donne che conosco ha avuto rapporti infinitamente belli e incredibilmente complicati con la propria madre durante l’adolescenza. Volevo fare un film che mettesse questo al centro e in cui, in ogni momento, si provasse empatia per entrambi i personaggi”.
E infatti la brillante scrittura riesce a mostrarci il coming age di Christine da due prospettive diverse, riuscendo a farci immedesimare sia con la ribelle Lady Bird, che con gli sforzi e il disappunto di Marion, infermiera che si spezza la schiena con continui doppi turni, portando il peso economico della famiglia dopo il licenziamento del marito.
Marion rappresenta per Lady Bird le parti sbagliate della sua vita; o almeno, quello che non vorrebbe mai diventare. Senza rendersi conto che, in fondo, le due sono uguali: donne forti, intelligenti, estremamente sincere e, dunque, destinate al conflitto. Basti pensare alla prima scena del film su Amazon Prime Video, in cui un dialogo apparentemente innocuo porta la protagonista ad arrabbiarsi, aprire la portiera della macchina, gettarsi fuori e assecondare, di conseguenza, gli aspetti autodistruttivi di sé piuttosto che tentare di incanalare una sana relazione con sua madre. Eppure, Christine ama sua madre e vorrebbe che provasse il suo stesso entusiasmo per i propri sogni, ma Marion non l’asseconda, convinta che debba accontentarsi di quel che ha e non rimanere delusa da aspettative irrealizzabili. Lei vorrebbe piacere alla madre e non solo essere amata da lei. Sono cose ben diverse: sull’amore non abbiamo controllo, un po’ come non possiamo sceglie la nostra città natale, ed è legato più al concetto di famiglia; piacersi è un sentimento che si costruisce nel tempo, formando un’amicizia con qualcuno nonostante pregi e difetti. Ecco, Marion ama sua figlia, ma non sempre le piace; lo stesso sentimento lo prova la ragazza per Sacramento.
Infatti, solo dopo che non sarà più in quella città, si rende conto di quanto le manchi. Allo stesso modo, Marion soffre l’assenza della figlia una volta che se n’è andata e lei non l’ha accompagnata all’aeroporto. E sarà il padre, con un gesto tanto semplice quanto potente, a far ricongiungere le due donne, mettendo le lettere di Marion nella valigia della protagonista. Ecco che, nel finale, fuoriescono tutte le complessità tipiche del rapporto tra una madre e una figlia, che si specchiano l’una nell’altra, che incarnano un’incomunicabilità che, alla fine, supera le sue barriere e riesce a farsi sentite. Così, in quel monologo finale, Lady Bird prende coscienza di ciò, torna a essere Christine, abbandonando i falsi sé. D’altronde, Sacramento sarà sempre parte di lei, così come Marion le sarà sempre vicina, nonostante la lontananza, perché, come disse Greta Gerwig:
“Per me queste sono le storie d’amore più commoventi. Quello tra madre e figlia è uno dei rapporti più ricchi che io conosca”.