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Il film della settimana: Little Miss Sunshine

Little Miss Sunshine
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Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Little Miss Sunshine.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Little Miss Sunshine? Ecco la risposta senza spoiler

Disponibile su Disney+ (a noleggio su Amazon Prime Video e Apple Tv), Little Miss Sunshine ci porta all’interno della disfunzionale famiglia Hoover. Il padre Richard è un guru motivazionale che rischia la bancarotta; la madre Sheryl è colei che manda avanti ogni cosa; suo fratello Frank, maggior esperto di Proust negli USA, ha tentato il suicidio in seguito a una relazione omosessuale finita male; il figlio sedicenne Dwayne ha fatto voto del silenzio finché non riuscirà a diventare un pilota dell’esercito; il nonno Edwin venne cacciato dall’ospizio perché beccato a farsi di eroina; la piccola Olive sogna di conquistare lo scettro di Miss America. Un giorno quest’ultima viene selezionata per partecipare al concorso di bellezza per bambine che dà il nome al film. Costando troppo il volo, gli Hoover decidono di affrontare il viaggio all’interno di un furgone giallo, tra ostacoli esilaranti, intensi confronti e occasioni per comprendere e comprendersi.

Tanti sono i punti di forza di Little Miss Sunshine, tra cui la trama semplice ma profonda, la colonna sonora che accompagna ogni tappa del viaggio, la sceneggiatura e la regia capaci di immergerci con poesia e ironia in una storia reale. Entriamo davvero in quel pulmino assieme ai protagonisti, pieni di paure e insicurezze ma dotati di una grande forza d’animo. Esattamente come noi. E gli interpreti riescono a dare profondità a ognuno di loro, non rendendoli semplici caricature: abbiamo dei magnifici Steve Carrell (Frank), Greg Kinner (Richard) e Toni Colette (Sheryl); Paul Dano è bravissimo nel mostrare l’inquietudine di Dwayne col solo sguardo; Abigail Breslin è dolcissima come Olive; il compianto Alan Arkin è il pungente ma amorevole Edwin, col quale ha vinto l’Oscar.

Brillante, intenso e coinvolgente, Little Miss Sunshine tratta temi importanti – quali il fat shaming, il suicidio e l’omosessualità – con quell’ironia che non è mai leggerezza, condanna o commento denigratorio. Lancia messaggi di accettazione, di inclusività e di body positivity grazie alla piccola Olive, attraverso i cui occhi vediamo il mondo. Ed è proprio su di lei, su ciò che ci trasmette e le ruota intorno, che andiamo a focalizzarci nella seconda parte del pezzo.

SECONDA PARTE: Il mondo di Olive Hoover in Little Miss Sunshine (con spoiler)

Little Miss Sunshine

La piccola Olive ha solo otto anni e l’unica cosa che vuole è poter diventare un giorno Miss America, mostrando ciò che sa fare e rendendo fiera la sua famiglia. Già dalla sua prima scena in Little Miss Sunshine viene messo in luce questo suo desiderio, quando la vediamo imitare i movimenti e le espressioni delle reginette di bellezza che popolano la sua TV. Mentre da un lato sente la voce di suo padre che divide il mondo in vincenti e perdenti (con lei che deve assolutamente far parte dei primi), dall’altro è chiaro che non rispetti i canoni fisici di una piccola miss, non perché non sia bella ma perché essi sono esagerati. Infatti, lei è in carne, indossa degli occhiali più grandi del suo volto e ha tantissimi capelli disordinati. Eppure, ancora non conosce il modo in cui la società può essere spietata con una donna, soprattutto se ancora una bambina.

La sua stessa famiglia, però, poggia le basi su due donne, necessarie per mantenerne l’equilibrio.

Sheryl rischia una crisi di nervi per prendersi cura di tutti gli Hoover, Olive è un raggio di sole che porta luce e speranza in Little Miss Sunshine. Con quel suo sguardo innocente, intuitivo e non ancora vittima degli stereotipi, la piccola riesce a connettersi intimamente con i componenti della sua famiglia, a comprenderli nei loro momenti più delicati nonostante la tenera età: col fratello, quando ha scoperto di essere daltonico e di non poter entrare nell’aeronautica, sebbene lui stesso avesse cercato di fermarla perché aveva paura che nel concorso venisse presa in giro; con suo zio Frank, riuscendo a farlo passare da uno stato depressivo a uno empatico, per l’importanza che questo evento ha nella vita di Olive, e facendogli compiere un passo importante verso la sua serenità; con Richard, che trasforma il concorso nell’unica opportunità per gli Hoover di ottenere una vittoria nella loro vita. Perché, in fondo, sono tutti dei perdenti.

Lo spirito competitivo di Richard, però, prende il sopravvento, volendo impedire a Olive di mangiare delle cialde col gelato a colazione. Non è il cibo delle reginette; non è così che diventano tali perché il gelato fa ingrassare. Ma per Olive, che inizia ora a conoscere il mondo e non è affetta da pregiudizi, si può essere reginette senza rinunciare al gelato. Sarebbe troppo. Ed è Sheryl che rassicura figlio e marito nel film su Disney+; che, dopo l’Edwin di Alan Arkin, spinge la piccola a essere sé stessa, dicendo:

“Lascia che Olive sia Olive”.

Il cast del film su Disney+, tra cui Alan Arkin

Dunque, Sheryl e Olive rappresentano il modo in cui la società tende a vedere le donne: piacevoli alla vista, che rispettano i canoni di bellezza standard, in grado di adempiere a molte responsabilità e di prendersi cura degli altri, seppur ciò significa annullare loro stesse. Ma Sheryl non vuole che sua figlia sia l’ennesima vittima di un mondo che ne vorrebbe cancellare la personalità, perché è molto di più del suo aspetto, come lei è molto di più del suo essere moglie e madre. Desidera solo che Olive sia felice, che possa esibirsi con il numero di danza che suo nonno le ha insegnato con tanto amore. Del resto, i due sono uniti da un profondissimo legame, tanto da essere l’unico degli Hoover a credere fermamente nelle capacità della piccola di vincere. Il personaggio di Alan Arkin, pungente e sboccato, diviene dolcissimo con la sua nipotina; la sprona ad andare avanti quando pensa di non essere all’altezza, perché ai suoi occhi lei è la più bella, sia dentro che fuori. Ed è per Edwin che, nonostante la sua morte, Richard decide lo stesso di portare tutti al concorso.

Ed è lì che il messaggio di Little Miss Sunshine si fa davvero potente.

Little Miss Sunshine ci catapulta in un mondo di apparenza ed esteriorità, dove le bambine vengono sfruttate per appagare l’orgoglio degli adulti, senza che abbiano davvero coscienza di quanto sia dannosa la cosa. Truccatissime, strinte in vestiti pacchiani, sembrano delle bambole in miniatura; appaiono adulte, ma non ne hanno la maturità. Mostrano un esibizionismo esagerato, uno spirito competitivo malsano, nessuna propensione al dialogo e all’aiuto. Vederci la società in quel concorso è quasi immediato, così come una critica all’America perbenista. Quella scioccata da un ingenuo ed esilarante “spogliarello” di una bambina e non per i costumi, il trucco esagerato, l’abbronzatura e i sorrisi sexy delle altre, ridotte a barbie sforna-soldi da genitori che ne alimentano l’ego e annullano la componente di puro gioco e divertimento del concorso.

Allora Olive, che nel film su Disney+ ha toccato con mano questa retorica col gelato o col discorso sui vinti e vincitori, rappresenta l’unica vera bambina su quel palco. Già con quell’outfit semplice, diverso, eppure così unico e meraviglioso. In lei c’è ancora l’allegria ingenua e giocosa dei fanciulli, quella che da adulti tendiamo a rimpiangere. Infatti, grazie a quello spirito infantile che ancora incarna, due giudici su tre sono entusiasti di vederla sul palco, ma la più importante non molto. Ed è quest’ultima che costringerà il conduttore a bloccare il suo numero.

Little Miss Sunshine

Ecco che, allora, interviene la sua famiglia. Trasformando quella che doveva essere la vittoria di Olive nel trionfo di tutti gli Hoover nell’opera su Disney+. Dal frustrato e depresso Frank all’indisponente Richard, passando per il ribelle Dwayne e l’ormai libero Edwin di Alan Arkin, ognuno di loro subisce un’evoluzione durante il viaggio, scatenata proprio dal tentativo di arrivare in tempo al concorso. Piano piano l’atmosfera di quel pulmino si riempie di solidarietà tra persone che si conoscono perfettamente, che smussano i loro attriti e punti deboli in vista di un obiettivo comune.

E l’emblema di questa ritrovata sintonia tra gli Hoover è la scena simbolo di Little Miss Sunshine. Le mani sono tese fuori dal pulmino, che una volta avviato non può essere fermato. Così, chi dà la spinta al veicolo, poi deve correre per montarci sopra. Quelli dentro aiutano chi è fuori a salire, in un momento che racconta che cos’è la solidarietà e l’unione meglio di tantissime altre parole. La stessa che si ritrova, appunto, quando Olive viene cacciata dal concorso. Gli Hoover salgono sul palco e iniziano a ballare, perché finalmente si sono resi conto che Olive sta facendo quello che le piace e poco importa se è giusto o sbagliato; anzi, se lei lo sia. Finalmente seguono le parole che l’Edwin di Alan Arkin aveva detto alla piccolina nella pellicola su Disney+:

“Sai chi sono i perdenti? I perdenti sono quelli che hanno così paura di non vincere, che non ci provano nemmeno”.

Perché in fondo, non esistono davvero vincitori e perdenti, ma persone con diverse ambizioni e opportunità. E ciò che conta realmente è essere sempre sé stessi. Certo, essere diversi da quello che la società ha scelto per noi non è semplice. Implica un grande lavoro, che può portare dolore e sofferenza, perché la realtà può essere terribile. Soprattutto ai bambini, non ancora colpiti dai filtri sociali, che conoscono solo la bellezza, ma che possono sperimentare delusioni che li forgeranno come adulti. E quello che fa Olive, anche grazie a una famiglia che la supporta e che rappresenta il suo porto sicuro quando è presa da insicurezze o i suoi sogni svaniscono, è potentissimo. Ascolta il suo cuore, rimane quel che è, senza trucchi e inganni. Allora, forse dovremmo imparare da lei, da Edwin e dagli Hoover in generale, facendo nostra la frase, pronunciata dall’intelligentissimo Dwayne, forse più significativa di Little Miss Sunshine:

“Sai una cosa? Vaffanculo i concorsi di bellezza! In fondo, la vita è tutta un f*****o concorso di bellezza dopo l’altro. Il liceo, l’università, poi il lavoro… vaffanculo! E vaffanculo l’accademia aeronautica! Se voglio volare il modo per volare lo troverò. Fai la cosa che ami e vaffanculo il resto.”

Il film della settimana: Foxcatcher – Una storia americana