Nelle sale arriva Megalopolis, il grande ritorno tanto atteso di Francis Ford Coppola. Produzione di proporzioni epiche, ha attirato fin da subito l’attenzione per le sue ambiziose scelte stilistiche e tematiche. Dopo anni di sviluppo e numerose revisioni, Coppola riesce finalmente a realizzare quello che considera il suo progetto più personale, finanziandolo in maniera indipendente con un budget colossale. Lì rappresenta una riflessione profonda sulla civiltà moderna, mescolando estetiche futuristiche con richiami a un passato remoto, in una fusione di generi che va dalla fantascienza alla filosofia.
Questa produzione visionaria si distingue per una narrazione visiva straordinaria, con scenografie che evocano l’iconico Metropolis di Fritz Lang e le invenzioni fantastiche del pioniere del cinema Georges Méliès. Megalopolis non si limita a impressionare per la sua estetica, ma affronta anche temi contemporanei come il caos politico e la decadenza della società, offrendo allo stesso tempo un’esperienza visiva affascinante e stimolante. Nonostante queste premesse, tuttavia, sono diversi i problemi incontrati dagli spettatori durante la visione. Il film, infatti, suscita opinioni contrastanti. Tra l’apprezzamento dell’eccentricità narrativa e visiva, che lo vede come un’opera di culto, alla confusione e alla mancanza di profondità e sviluppo a favore di un over-sharing di informazioni.
Megalopolis – Un film distopico sull’utopia
Megalopolis è ambientato in una New York futuristica, ma riecheggia la congiura di Catilina, un evento storico del 63 a.C. nell’antica Roma. In questa rivisitazione moderna, il personaggio di Cesar Catilina – interpretato da Adam Driver – è un architetto idealista che sogna di costruire una città utopica chiamata Megalopolis. Il suo progetto, rivoluzionario e visionario, è un simbolo di speranza per un futuro migliore, in cui l’umanità possa prosperare lontano dalle corruzioni del presente. Tuttavia, il suo sogno incontra un ostacolo formidabile nel sindaco di New York, Franklyn Cicero, interpretato da Giancarlo Esposito. Cicero, rappresentante di un sistema politico corrotto, vede nelle idee di Catilina una minaccia e si oppone con tutte le sue forze al cambiamento.
Il film si sviluppa attorno allo scontro tra questi due personaggi, trasformando il conflitto in una battaglia ideologica tra utopia e le dure realtà della politica contemporanea. In questo contesto, il tema della lotta per il progresso si intreccia con quello della resistenza alla decadenza e al declino della civiltà moderna. Un tocco interessante nella caratterizzazione di Cesar è la sua capacità di “fermare il tempo”, un potere che non incide direttamente sugli eventi del film, ma che agisce come una potente metafora. Questo espediente riflette la sua battaglia contro il tempo stesso, contro la corruzione e la stagnazione, simboleggiando il suo desiderio di fermare il declino e realizzare la sua visione di un futuro ideale (qui le 7 migliori Serie Tv distopiche).
Un film sovraccaricato di concetti
Senza dubbio si tratta di un film che riflette profondamente sul declino della civiltà e sulla possibilità di un nuovo inizio. Attraverso citazioni di Emerson, il film suggerisce che l’umanità potrebbe essere condannata dalla sua stessa civiltà. Ma Coppola, con il suo tipico ottimismo, lascia intravedere la speranza di un rinnovamento. Il regista esplora i temi dell’urbanizzazione e del progresso, interrogandosi su come le grandi visioni possano essere facilmente frenate dalla corruzione e dagli interessi egoistici delle figure di potere. Questa critica alla civiltà moderna si intreccia con una riflessione sulla lotta per un ideale utopico, dove il protagonista cerca di costruire una città nuova e giusta. Le premese sono sicuramente il punto di inizio che lo spettatore stava aspettando, ma lo sviluppa si incastra in diversi problemi non tralasciabili (qui trovi le 5 peggiori società distopiche delle Serie Tv).
Infatti, nonostante la grandiosità dei temi affrontati, il film risulta a tratti eccessivamente sovraccarico di concetti filosofici, perdendosi in una narrazione che manca di coesione. Capita spesso, durante la visione di rendersi conto di star facendo più caso all’estetica visiva che a quello che viene detto. Ci si perde, si è confusi. Megalopolis si sviluppa in una serie di scene che, sebbene visivamente suggestive, appaiono spesso sconnesse, spaziando da ambientazioni neoclassiche a scenari postmoderni. I simbolismi visivi, seppur affascinanti, non sempre risultano funzionali al racconto, e in questo caso distraggono. La città di New York muta nel corso del film, ma questo espediente finisce solo per appesantire l’esperienza narrativa. L’eccessiva complessità filosofica spesso va a scapito dello sviluppo emotivo dei personaggi e della trama, lasciando l’impressione di un’opera più simbolica che realmente coinvolgente.
La struttura e lo stile visivo visionario di Megalopolis
In Megalopolis, Francis Ford Coppola utilizza una regia sontuosa, ricca di sovrapposizioni visive, transizioni complesse e movimenti di macchina elaborati. Questo stile visivo barocco, già presente in molti dei suoi film precedenti, qui raggiunge un livello ancora più elevato di complessità. Tuttavia, mentre la maestria tecnica è evidente, questa fusione di estetica classica e moderna non sempre risulta armoniosa. Il tentativo di unire la riflessione intellettuale del cinema europeo con l’impatto visivo più dinamico, simile a quello dei videoclip musicali, crea a volte un ibrido che risulta dissonante, mancando di coerenza narrativa. Così come per la trama, sovraccaricata di informazioni, anche la regia cerca di inglobare più tecniche possibili, dallo split screen all’iris shot. La color correction gioca un ruolo fondamentale nel rafforzare i temi del film (ecco i 6 futuri distopici più angoscianti visti in una Serie Tv).
Coppola impiega un contrasto marcato tra toni freddi e caldi, utilizzando colori grigi e metallici per rappresentare la modernità distopica della città e toni più luminosi e dorati per le visioni utopiche di Catilina. Quest’uso del colore diventa simbolico della lotta tra l’ideale utopico e le realtà corrotte e pragmatiche della politica contemporanea. Dal punto di vista del montaggio, il film adotta una struttura alternata, che accentua il dualismo tra i due protagonisti, Catilina e Cicero. Questo espediente evidenzia il conflitto tra le loro visioni del mondo, ma alcuni critici hanno fatto notare che, rispetto ai precedenti capolavori di Coppola come Apocalypse Now (lo puoi vedere qui), la narrazione non risulta altrettanto forte. In Megalopolis, il simbolismo visivo talvolta sembra prendere il sopravvento sulla storia e sullo sviluppo emotivo dei personaggi, che appaiono meno profondi e coinvolgenti rispetto alle loro controparti in altre opere del regista.
La spiegazione del finale
Il finale di Megalopolis di Francis Ford Coppola offre una profonda riflessione sulla condizione umana e sul futuro dell’umanità. Dopo il confronto tra i protagonisti Cesar, Cicero e Clodio, ciascuno rappresentante di diverse visioni sul ruolo della società, la storia si chiude con un messaggio di speranza e unità. Cesar propone un nuovo giuramento di fedeltà, non a una nazione specifica, ma all’intera umanità e al pianeta. Questo momento simbolico potrebbe indicare che il futuro dell’umanità dovrebbe basarsi su una prospettiva più globale e inclusiva. Superando le divisioni etniche, religiose e politiche per il bene comune. Ma il dubbio permane, di chiaro in questo film, non vi è nulla. Coppola utilizza questo finale per offrire una visione ottimistica, pur riconoscendo i fallimenti umani lungo il cammino. Un esempio emblematico è il suicidio della moglie di Cesar, Sunny, che segna un momento di profonda introspezione per il protagonista (le serie distopiche funzionano quasi sempre, non per caso, e vi spieghiamo perché).
La morte di Sunny non rappresenta solo una sconfitta personale, ma anche il simbolo dei sacrifici e delle conseguenze delle scelte egoistiche fatte dai personaggi. Tuttavia, nonostante il dolore e il rimpianto, il messaggio conclusivo è di redenzione e rinnovamento. Il film invita il pubblico a riflettere sul vero significato del progresso. Coppola sembra suggerire che il vero salto in avanti per la civiltà non risiede tanto nelle conquiste tecnologiche o materiali, quanto in una trasformazione interiore. Insomma, Megalopolis è un film visionario e visivamente straordinario, che però risulta a tratti confusionario e sovraccarico. Forse un approccio più contenuto, con meno ambizioni narrative, avrebbe reso il messaggio più chiaro e facilmente comprensibile, senza compromettere il suo impatto emotivo e artistico. Ad ogni modo, anche solo per la sua estetica, merita la visione.