6) C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974)
Attraversare trent’anni di storia italiana, dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni Settanta, non è impresa facile, men che meno leggera. Eppure, Ettore Scola in C’eravamo tanto amati ci è riuscito con la delicatezza e la dolcezza della risata. Commistione perfetta di commedia, dramma e satira, il film racconta l’evoluzione della società italiana, tra speranze, disillusioni e i cambiamenti di una generazione. Tre protagonisti – Antonio (Nino Manfredi), Nicola (Stefano Satta Flores) e Gianni (Vittorio Gassman) – ci accompagnano tra l’idealismo politico e sociale del dopoguerra e il cinismo che l’ha seguito. Uno spaccato profondo, critico, della società. Della nostra società, con i suoi mutamenti e cambiamenti.
Tra salti temporali, flashback, rotture della quarta parete e variazioni di tono, la struttura narrativa è decisamente complessa. Ma al maestro Scola tutto questo gli fa un baffo. Comico e tragico si mescolano, si rincorrono, fanno cambio campo e ricominciano la partita. Anche i protagonisti, vanno oltre alla semplice targhetta dell’eroe o dell’antieroe. Il film ci mostra persone reali, con le loro contraddizioni e fragilità. Antonio è un ex partigiano idealista, Nicola è un critico cinematografico appassionato e sognatore, mentre Gianni è un avvocato ambizioso che sceglie il successo economico. Ad ogni ideale, c’è la rispettiva disillusione. E le vite si intrecciano e si allontanano, nell’inesorabile scorrere del tempo.
Commedia all’italiana per eccellenza
C’eravamo tanto amati è omaggio al cinema neorealista italiano e ai suoi grandi maestri, da Vittorio De Sica (che fa una comparsata in una scena sul set di, non a caso, Ladri di biciclette) a Federico Fellini. Tra leggerezza e profondità, il delicato equilibrio tra risate e lacrime permette a Scola di raccontare temi seri, da quelli di portata più pubblica e quelli personali. La critica è palesemente sociale: gli ideali e gli stessi italiani sono stati traditi da quella politica che, invece di evolvere, si è arenata. Suona familiare?